Trent’anni fa Marco Paolini portava in scena “Il racconto del Vajont”, uno spettacolo cardine del teatro civile. A sessant’anni dal disastro che costò la vita a quasi duemila persone lunedì 9 ottobre in tutta Italia centinaia di teatri realizzeranno un’azione collettiva di teatro civile che coinvolgerà attori, registi, scuole di recitazione, compagnie di teatro di ricerca, musicisti, danzatori, tecnici e spettatori. Un’orazione corale che prenderà vita sui palcoscenici, nelle aule universitarie, nelle biblioteche, nei circoli letterari e nelle piazze.
A Genova l’iniziativa si terrà al Teatro “Gustavo Modena” alle 21 e si interromperà alle 22:39, l’ora in cui la frana del monte Toc precipitò nella diga del Vajont. Da quell’istante un minuto di silenzio unirà idealmente tutta Italia in un raccoglimento durante il quale si udiranno i rintocchi della campana di Longarone, uno dei paesi annientati dall’onda anomala sollevata dalla frana. L’evento genovese sarà coordinato da Fausto Paravidino con la la partecipazione di Elisabetta Pozzi, degli allievi della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato” e dell’avvocato Alessandra Ballerini. Una serata in cui ricordare e riflettere anche su temi attuali, come la crisi climatica e l’emergenza idrica.
“VajontS 23” è un progetto di Marco Paolini che parte dal testo riscritto per l’occasione dallo stesso attore in collaborazione con Marco Martinelli. Una riscrittura che funge da semplice canovaccio e che alcuni porteranno in scena integralmente, altri useranno come spunto per collegarsi alle tante tragedie annunciate che si sono succedute dal 1963 ad oggi. “Quando cominciai a raccontare il Vajont avevo dentro una grande rabbia per l’oblio, adesso che sono passati sessant’anni da quella tragedia cos’è cambiato? – ricorda Paolini – La storia del Vajont racconta non solo ciò che accadde nel ’63 ma quello che potrebbe accadere a noi su scala diversa in un tempo più breve”.
“Come le tragedie classiche, racconta di come i segnali, che c’erano, furono ignorati o sottovalutati – conclude – Le attuali situazioni di fragilità dell’Italia, acuite dalla crisi climatica, richiedono al teatro e all’arte in generale di svolgere un ruolo civile. È questo il senso del coro che abbiamo messo in campo”.
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