Genova. La dicitura genitori torna nuovamente a scalzare padre e madre dalla carta di identità, almeno nel caso in cui una famiglia è costituita da due genitori dello stesso sesso che hanno fatto ricorso all’adozione.
A stabilire giuridicamente l’ennesima inversione di rotta è la Cassazione, che ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione della Corte di Appello di Roma, in merito alle richieste mosse da una coppia di donne, di disapplicare il decreto con il quale il Viminale aveva reintrodotto (all’epoca, nel 2019, il ministro era Matteo Salvini) l’indicazione madre e padre, già abolita nel 2015 in favore di quella più generica.
Per i giudici quella nomenclatura sulla carta d’identità elettronica ha un “carattere discriminatorio” e “difetta di un reale contenuto esplicativo”, senza rappresentare coppie dello stesso sesso che in specifici casi hanno fatto ricorso all’adozione, ovvero è una dicitura che non rispecchia la realtà delle famiglie con genitori dello stesso sesso”.
Da questo punto di vista, osserva infatti la Cassazione, “le diciture previste dai modelli ministeriali ed imposte dal decreto non erano rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e pregiudicavano il diritto del minore di ottenere una carta d’identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare”. Ricordando le norme, la Cassazione sottolinea inoltre che “la carta di identità valida per l’espatrio rilasciata ai minori di età inferiore agli anni quattordici può riportare, a richiesta, il nome dei genitori o di chi ne fa le veci. L’uso della carta d’identità ai fini dell’espatrio dei minori di anni quattordici è subordinato alla condizione che essi viaggino in compagnia di uno dei genitori o di chi ne fa le veci”.
“Quando si dice che i magistrati non usano il loro potere per fare politica, sostituirsi alla maggioranza eletta dal popolo in Parlamento e imporre taluni folli estremismi della sinistra sconfitta“, commenta in una nota la Lega provinciale di Genova che la definisce “un’altra bordata alla famiglia“.
“Si tratta di una follia e di un altro passo indietro che non difende la famiglia naturale, volendo ancora una volta metterla in ombra. Non è tutto. Perché la disapplicazione del decreto ministeriale ha anche la conseguenza di screditare il concetto di bigenitorialità attualmente in vigore nel nostro sistema giuridico. Non si comprende come, volendo difendere l’inclusione e la parità di trattamento, gli unici a non essere mai tutelati nei loro diritti sono coloro che si definiscono e vogliono essere una coppia tradizionale. Ancora oggi, nel 2025, la dicitura di madre e padre siamo convinti che non offenda nessuno. Altro che genitore 1 e 2, basta follie ed estremismi della sinistra”.