Genova. Ha parlato per quasi cinque ore davanti a giudici e pm in un’aula strapiena di cronisti, senza tuttavia dare il consenso perché le sue dichiarazioni fossero riprese dalle telecamere. Poi, al termine dell’udienza, Giovanni Castellucci, accusato di essere penalmente responsabile con altri 57 dirigenti e tecnici della strage del ponte Morandi in cui hanno perso la vita 43 persone, non ha voluto dire quasi nulla ai giornalisti che hanno tentato di fare qualche domanda.
“Come ho detto anche oggi noi fin dall’inizio ci siamo sentiti responsabili perché avevamo la custodia di quel bene ma la colpa è un qualcosa che dovrà decidere il tribunale” si è limitato a ribadire, allontanandosi poi con i suoi avvocati e sfuggendo a tutte le ulteriori domande.
“Non ero un maniaco del controllo e non mi occupavo dei dettagli”
Nelle quasi cinque ore di monologo (le dichiarazioni spontanee non consentono domande da parte dell’accusa o del tribunale) ha contestato punto per punto gli addebiti della Procura e le affermazioni di alcuni testimoni chiave dell’accusa come l’ex amministratore delegato di Edizione (la holding della famiglia Benetton) Gianni Mion. “Non ero un maniaco del controllo e non è vero che, come ha detto Mion ho fatto togliere le gomme da masticare dall’aeroporto di Fiumicino (quando Atlantia ne aveva acquisito la proprietà, ndr)”. “Io faccio l’amministratore delegato e non mi sono mai occupato dei dettagli” ha voluto chiarire. I dettagli sarebbero secondo lui la “sicurezza” del Polcevera. E “lo stesso Mion con cui ci sentivamo spessissimo con me non ha mai fatto alcun accenno e nemmeno alzato un sopracciglio in riferimento al viadotto”.
“Non mi sono mai occupato della sicurezza del Polcevera, non era il mio compito”
Castellucci ha passato ore a descriversi come un ottimo amministratore, che ha fatto crescere le società che ha guidato, che “faceva ramanzine” di tipo organizzativo ma che si affidava per il resto ai suoi sottoposti. “I pm in questa memoria parlano di me citando documenti e dichiarazioni che dicono che Castellucci si è sempre occupato personalmente della sorveglianza del Polcevera ma non è così: io ho fatto e firmato le cose nel ruolo di amministratore delegato ma non mi sono mai occupato della sicurezza del Polcevera”
“Il peso di quello che è successo me lo sentirò sempre – ha detto alla fine – ma c’è il sollievo di aver fatto sempre tutto quello che dovevo per mettere i tecnici che sapevano quello che facevo nelle condizioni di operare al meglio”. Il sollievo deriva secondo lui anche da alcune affermazioni che ha tratto, dalla consulenza tecnica dell’ingegnere nominato dai famigliari delle vittime che dice fra le altre cose che nessuno, a partire da Morandi, aveva scritto in modo chiaro che si temeva la corrosione dei cavi primari.
“Nel 2010 suggerii di rinforzare gli stralli ma non c’era alcun segnale di pericolo”
Quei cavi “non erano ispezionabili” avevano già detto i tecnici di Spea nel 2010 – ha ribadito Castellucci – ma erano monitorati e “io avevo chiesto già allora di mettersi al lavoro per il progetto di intervento strutturale, il primo, quello che doveva essere progettato da Pisani” perché “la mia politica come quella di ogni buon amministratore era sempre quella di anticipare quello che si poteva anticipare per fare prima e bene rispetto a fare dopo e male”. Ma – ha sottolineato in merito alla nota riunione di induction di cui ha parlato in aula Gianni Mion, “il mio era un invito a fare, ma era un atto di indirizzo e non era dovuto a nessuna conoscenza diversa visto che nessuno dei tecnici disse mai che c’era un problema di sicurezza”.
Peccato che il progetto di retrofitting (cioè di ristrutturazione radicale del sistema strallato delle pile 9 e 10) sarà ultimato molti anni dopo e arriverà troppo tardi, con i lavori che avrebbero dovuto cominciare nell’autunno del 2018, tre mesi dopo il crollo.
“L’autocertificazione della sicurezza? Frase di Mollo inopportuna”
Castellucci ha definito “inopportuna almeno lessicalmente” la risposta data in una riunione dall’allora direttore generale di Aspi Riccardo Mollo a Gianni Mion che suggeriva di far certificare lo stato del ponte Morandi da Anas, che lo aveva costruito. Mollo rispose con la nota frase: “La sicurezza del ponte? Ce la autocertifichiamo”. Castellucci oggi ha detto che non ricorda le parole esatte e se quelle sono state sono state inopportune ma “il senso era che era impensabile delegare quei controlli all’esterno, perché anche altri come Ferrovie facevano tutto internamente affidando a Italferr e Aspi aveva la controllata Spea. “Ma Spea non era un docile strumento al servizio di Castellucci come hanno scritto i pm” ha detto il manager basti pensare che l’allora amministratore delegato Galata faceva registrare di nascosto le riunioni con i miei dai suoi uomini”
“Non sono dedito ai profitti, le spese per la manutenzione non sono mai calate”
Castellucci ha ribadito più volte che Atlantia era una grande azienda sana e “ricca” e non c’erano assolutamente problemi di soldi per le manutenzioni e che Edizione “non ha mai spinto per avere migliori dividendi anzi”. Castellucci ha voluto puntualizzare subito mostrando alcuni grafici che “i costi per le manutenzioni non sono mai calati”. “E’ stato presentato un grafico con il calo delle manutenzioni, ma vi assicuro che essere accusato di aver tagliato le manutenzioni per dare più dividendi non lo posso accettare. Il dividendo del 2017 – ha spiegato l’ex top manager – era dovuto a un fatto straordinario, in quell’anno si decise un riassetto organizzativo, un asset veniva passato da Autostrade ad Atlantia”. “Il piano finanziario di Aspi con il decreto Genova presenta circa 21 miliardi di dividendi in 19 anni dal 2020 al 2038. Un importo quasi doppio di quello distribuito prima del 2016. Ritengo che l’idea di dividendi abnormi e crescenti sia un’idea che non ha basi. Le manutenzioni avevano un importo superiore a quello previsto dai contratti. Posso solo dire – ha concluso – che Autorità dei trasporti ha fatto un’analisi per verificare l’efficienza della spesa dei vari concessionari e ha stabilito che Autostrade spendesse troppo, un 10% in più di quanto doveva”.
“Non ero un padre padrone, e non ero dedito ai profitti come sono stato dipinto. A titolo di esempio posso dire che in 17 anni in autostrade non ho mai aumentato il canone telepass, poi in due anni dopo che sono andato via io è triplicato. Se ci fosse stata necessità di profitti quello sarebbe il sistema più semplice perché eravamo praticamente in regime di monopolio”.
Il processo al giro di boa: chiuso il dibattimento, a maggio la requisitoria dei pm
Con l’udienza di oggi il processo Morandi arriva al giro di boa decisivo. L’istruttoria è di fatto chiusa anche se formalmente il dibattimento si chiuderà tra una settimana. Poi a fine aprile la Procura depositerà una maxi memoria finale lunga 17mila pagine. E a maggio comincerà la requisitoria dei pm che durerà molte udienze e si chiuderà con le richieste di condanna.