Genova. “Mia madre forse è stata un po’ reticente nelle prime dichiarazioni perché eravamo rimasti travolti da una vicenda più grossa di noi, c’erano delle dicerie nei confronti della nostra famiglia e dei Soracco avevamo una certa soggezione perché la nostra famiglia era di origini modeste”. Così in sintesi e dopo mille tentennamenti Lorenza Signorini, figlia di Egle Sanguineti, una delle inquiline del palazzo di via Marsala a Chiavari, dove fu uccisa Nada Cella, ha spiegato oggi in aula del perché dalle intercettazioni è emerso che la madre non voleva dire alla polizia tutto quello che sapeva in merito a quella mattina del 6 maggio 1996.
Le intercettazioni: “Soracco arrivò in studio alle 9 meno 7 o meno 5”
Fu grazie alle intercettazioni in cui Sanguineti parlava con la ‘portinaia’ Liliana Lavagno o proprio con la figlia Lorenza che la donna aveva poi ammesso con gli inquirenti che quella mattina intorno alle “nove meno cinque o meno sette aveva sentito qualcuno scendere le scale e da una fessura nella serratura aveva visto Marco Soracco entrare in ufficio”. Un punto molto importante per l’accusa che è convinta che Soracco vide Cecere sul luogo del delitto e ha sempre mentito sostenendo, pur con varie versioni, di essere sceso dall’abitazione allo studio al piano di sotto non prima delle 9.10.
La conferma è arrivata grazie alle intercettazioni e ad alcune contestazioni ma anche oggi, a distanza di quasi trent’anni, Lorenza Signorini (la cui sorella Luciana, con problemi psichiatrici e oggi deceduta, fu anche iscritta nel registro degli indagati come possibile sospettata) è apparsa poco propensa a entrare nei dettagli dei suoi ricordi. “Non ne sono sicura”, “Non vorrei sbagliare”, “Lo diceva mia madre”, “Non so se quel giorno aveva al polso l’orologio” ha detto in riferimento alle domande a cui ha risposto in maniera molto più precisa solo due anni fa alla pm Dotto.
Lorenza Signorini in aula: “Dei Soracco avevamo soggezione”
Anche il presidente Cusatti l’ha ripresa in un paio di occasioni, ma di fronte alle ‘contestazioni’ rispetto a quanto messo a verbale nella sua testimonianza, Signorini ha fatto percepire che i rapporti tra la sua famiglia e quella di Soracco erano solo formali, a causa probabilmente della diversa estrazione sociale. Elementi che erano emersi chiaramente da un’intercettazione e per questo sono di fatto incontestabili. Oggi in realtà si è limitata a dire che i Soracco quando alcune dichiarazioni della madre pubblicate sui giornali circa l’orario di ingresso di Soracco in ufficio avevano provocato la reazione di Soracco e soprattutto della madre Marisa Bacchioni: “Una volta li incontrai e mi dissero che erano risentiti”. E di quella famiglia, che a differenza loro “aveva i soldi e il padre di Soracco era stato un politico della Dc”, “avevamo una certa soggezione perché la nostra famiglia era di origini modeste“.
Nessuna informazione utile è arrivata circa l’intercettazione lei e la madre Sanguineti circa l’identità della “bastarda” che potrebbe aver ucciso Nada ma che “non era sporca di sangue”. “Non lo so, non mi ricordo” ha detto Signorini che, a domanda diretta, ha risposto di non aver mai conosciuto Annalucia Cecere, ma sembra difficile che un termine così violento possa essere stato pronunciato da una madre nei confronti della figlia Luciana che entrava e usciva dal caseggiato.
Il figlio di un’altra vicina di casa: “Bacchioni sul pianerottolo disse a mia madre di farsi gli affari suoi”
Oggi in aula è stato sentito anche Giovanni Buccello, che all’epoca insieme ai genitori abitava all’interno 6. La madre, Porzia Cirigliano, aveva detto che quella mattina aveva sentito ripetutamente scorrere l’acqua nello studio di Soracco. Oggi il figlio non aveva troppa memoria di questa circostanza ma a ricordare bene il fatto è stata un’altra testimone, Gabriella Benini, amica della famiglia Buccello: “Mi ricordo che me ne parlò almeno un paio di volte, visto che nel periodo successivo capitava spesso di tornare con la mente a quella mattina”.
Giovanni Buccello invece si ricordava che la madre aveva sentito il rumore dei soccorritori e quando era uscita sulle scale aveva visto la giovane segretaria con la testa insanguinata portata via dai militi: “Aveva visto Marisa Bacchioni sul pianerottolo e quando le aveva chiesto cos’era successo la donna le aveva risposto che non era successo niente, di rientrare a casa e di farsi gli affari suoi”.
Marisa Bacchioni sarà esclusa dal processo per le sue condizioni di salute
Dopo essere stata ricoverata per una polmonite tra gennaio e febbraio Marisa Bacchioni, madre di Marco Soracco, non è oggi più nelle condizioni di difendersi nel processo in cui è imputata con il figlio di favoreggiamento nei fronti di Annalucia Cecere. Lo sostiene una consulenza del medico legale di parte Marco Lagazzi, che non è stata contestata da pm e parti civili. Per questo il giudica Massimo Cusatti si è riservato di “sospendere” con una prossima ordinanza la sua posizione e di stralciarla. Così la 93enne, pur molto lucida fino a un paio di mesi fa, oggi sarebbe in uno stato di grande confusione mentale e non sarà più processata.
Il nome di Cecere in mano alla polizia già il 17 maggio, ma non furono fatti approfondimenti
Tra gli altri testi sentiti oggi un ex investigatore della omicidi che si occupò il 17 maggio 1996 di verificare presso la motorizzazione civile l’identità di tutte le “Anne” che avevano un motorino. Questo perché il giorno precedente una fonte confidenziale aveva riferito che l’avvocato Cella (solo omonimo della famiglia della giovane segretaria uccisa il 6 maggio) due giorni prima aveva ricevuto una telefonata anonima che parlava di una “Anna che abita in corso Dante” che era stata vista andare via in motorino “con un’espressione sconvolta” . (Si tratta della stessa “anonima, mai identificata della ormai famosa telefonata con Marisa Bacchioni). Ebbene i poliziotti avevano scoperto che esistevano solo due Anne a Chiavari che avevano un motorino e una era Annalucia Cecere e abitava proprio in corso Dante. Ma, come ha confermato il poliziotto: “Non so che cose venne fatto di questa informazione, a me non chiesero ulteriori accertamenti”.
Il mistero sulla telefonata della “Signorina” consegnata da Soracco e mai ascoltata da nessuno
L’altra telefonata anonima importante nel processo (ma che potrebbe essere utilizzata solo contro Soracco visto che è appunto anonima) è quella della “Signorina” (si tratta quasi certamente la stessa donna che chiamò l’avvocato Gianluigi Cella), fatta a Marisa Bacchioni il 9 agosto 1996 in cui la donna fa esplicito riferimento a Cecere dicendo che l’aveva vista “che correva” ed “era sporca, ha infilato tutto nel motorino, l’ho salutata ma non mi ha guardato”.
Soracco aveva consegnato quella cassetta con la telefonata registrata alla polizia il 16 agosto sottolineando tuttavia che il contenuto era irrilevante, come aveva annotato all’epoca il vicedirigente del commissariato di Chiavari Francesco Navarra: “Il contenuto della conversazione riguarda dei sospetti che la donna avrebbe su una certa Cecere che era stata vista da lei fuggire con un motorino da via Marsala – scriveva il poliziotto nell’annotazione – Il Soracco, nel consegnare la cassetta mi riferiva inoltre che, sentendo bene la voce dell’ignota interlocutrice, non riusciva a riconoscerla come appartenente a nessuna persona da lui conosciuta non dando nessuna importanza a quanto la stessa ha riferito”.
Navarra, chiamato in aula questa mattina ha spiegato che non ha mai sentito il contenuto di quella cassetta, consegnata al suo dirigente Pasquale Zazzaro. E come si è appreso, nessuno tra i poliziotti che indagavano all’epoca sentì mai il contenuto di quella telefonata, nonostante Cecere fosse state indagata dai carabinieri e poi archiviata e, come ha ammesso Navarra stamattina “dell’indagine su Cecere ne eravamo venuti a conoscenza dopo che era stata chiusa” ma non molto dopo visto che Zazzaro si era lamentato del mancato coordinamento da parte del pm.
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