Genova. La scelta dello sciopero e del corteo – solitamente serale – di sabato mattina, nell’unica giornata di sole prima del lungo periodo di maltempo annunciato, poteva essere un azzardo. Ma la protesta dell’8 marzo organizzata dalle femministe di Non Una Di Meno è stata, come sempre, un successo. Almeno in 1500 donne (ma anche uomini) hanno partecipato alla manifestazione partita da via Dei Fanti d’Italia fino ai giardini di Brignole.
Donne e uomini di ogni età con un’alta percentuale di giovani e giovanissime perché la lotta per i diritti delle donne abbraccia ogni generazione. In piazza c’era anche la candidata del centro sinistra alla prossime comunali Silvia Salis e tante consigliere dell’opposizione, ma c’erano soprattutto tante donne comuni, sorridenti e fiere di essere lì.
“ L’8 marzo 2025 chiamiamo allo sciopero dal lavoro produttivo, riproduttivo e di cura, dei consumi – hanno spiegato le attiviste prima del corteo – Abbattiamo i ruoli e le aspettative di genere, per boicottare la riproduzione di un sistema sociale sempre più violento e autoritario. Scioperiamo contro la violenza maschile e di genere, anche astenendoci dal lavoro di cura e domestico. Femminicidi, transcidi, lesbicidi e violenze avvengono soprattutto nelle relazioni di intimità e nei contesti parentali: serve un cambiamento radicale, culturale e di sistema per rompere le catene del patriarcato”.
“Abbiamo rivendicato l’idea dello sciopero perché ci sono tantissime persone che lavorano di sabato -chiarisce Caterina Pizzimenti – spesso sono lavori dai quali è difficile scioperare, sia per un tipo di contratto, magari precario, sia per lavori particolarmente importanti come lavori di cura, lavori in ospedale, nelle case di riposo, dove le persone non hanno la possibilità di scioperare. Noi abbiamo indetto lo sciopero anche per loro, proprio per essere vicine a tutte queste persone che non riescono a farlo”.
“Lotto e boicotto”, lo slogan di quest’anno, con un chiaro riferimento al sostegno alla popolazione di Gaza: “Il boicottaggio è il sostegno alla lotta dei palestinesi, è un boicottaggio contro le multinazionali che finanziano Israele” con un’azione simbolica a fine corteo proprio contro una di queste grandi multinazionali.
Anche l’Università viene simbolicamente presa di mira: al passaggio del corteo le attiviste chiudono il portone con i sigilli e accendono fumogeni per denunciare gli episodi di molestie che coinvolgono anche l’ateneo ma anche la complicità con Israele.

Le attiviste ricordano che l’8 marzo “non c’è nulla da festeggiare, ma proprio nulla. Anche ultimamente di dati che sono usciti da un report dell’Inps emerge che le donne sono assolutamente sacrificate, nel senso che hanno meno lavoro, meno soldi, meno permessi, meno possibilità di fare carriera, nonostante siano più preparate, più laureate e abbiano studiato di più. Quindi no, non ci siamo ancora. Forse riusciremo nel 2085 a raggiungere una parità del gap, ma assolutamente il gap c’è sempre”.
Le femministe bocciano il nuovo disegno di legge che introduce il reato autonomo di femminicidio: “Non serve inasprire le pene, che non hanno mai fermato gli uomini violenti. Quello che serve è cambiare la cultura del patriarcato”.
Lungo il corteo si sono alternati interventi, musica, performance e azioni. Poi l’arrivo a Brignole per un meritato pranzo condiviso.