Genova. “La Polizia penitenziaria svolge un lavoro prevalentemente al chiuso. La sua eccezionalità sfugge allo sguardo dei cittadini ma, come ha anche autorevolmente ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è chiamata quotidianamente a fronteggiare difficili situazioni di tensione e sofferenza, sempre più frequenti a causa del grave fenomeno di sovraffollamento in atto. Determinante è il contributo delle donne e degli uomini del Corpo all’attuazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena per il possibile reinserimento nella vita sociale dei detenuti, nonostante le assai critiche condizioni del sistema carcerario. Ed è solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del SAPPE per quello che fanno ogni giorno, se il numero delle tragedie in carcere è fortunatamente contenuto”. Lo dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, intervenendo nel carcere a Genova alla cerimonia del 208° Anniversario di Fondazione del Corpo della provincia genovese (Marassi, Pontedecimo Chiavari), che si è tenuta questa mattina al Teatro dell’Arca all’interno della Casa circondariale della Valbisagno alla presenza delle Autorità civili, militari e religiose, dei direttori dei tre penitenziari della Provincia (Tullia Ardito, Paola Penco e Darlene Perna) e dei tre Comandanti di Reparto (i dirigenti di Polizia Penitenziaria Lucrezia Nicolò e Stefano Bruzzone e il Sostituto Commissario Elio Brasiliano).
La cerimonia era stata preceduta, in mattinata, dagli onori ai Caduti della Polizia Penitenziaria che una rappresentanza del personale del Corpo e dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria ANPPE hanno reso presso la Stele commemorativa nel cimitero monumentale di Staglieno.
“Marassi è il carcere più affollato della Regione: lo scorso 28 febbraio, ospitava 675 detenuti (ben oltre la capienza regolamentare) in un contesto regionale che vede detenute complessivamente oltre 1.350 persone. A Pontedecimo i ristretti erano 147 ed a Chiavari 63”, evidenzia Martinelli. “La mia, nostra, presenza vuole essere soprattutto una testimonianza e un segnale di solidarietà e di vicinanza alle poliziotte ed ai colleghi in servizio nelle carceri della Provincia di Genova che operano con umanità e grande professionalità. Altro obiettivo è rilanciare la denuncia per i problemi legati al sovraffollamento e alla mancanza di risorse per far funzionare meglio gli istituti penitenziari”. Proprio questa mattina il personale è intervento per salvare la vita ad un detenuto che ha tentato il suicidio mentre ieri si sono vissute ore di tensione per la folle protesta di alcuni detenuti che erano barricati in cella. Per il SAPPE, “sarebbe fondamentale, per dare dignità alla detenzione, che i detenuti lavorassero, tutti, così da non stare tutto il giorno nell’apatia e senza fare nulla. Il dato oggettivo è che il budget largamente insufficiente assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti ha condizionato e condiziona in modo particolare le attività lavorative necessarie per la gestione quotidiana di ogni istituto penitenziario (servizi di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria del fabbricato) incidendo negativamente sulla qualità della vita all’interno dei penitenziari. Mi sembra evidente che se i detenuti fossero impegnati nel lavoro, nello studio ed in altre attività difficilmente ci sarebbero così tanti eventi critici in carcere”, evidenzia il sindacalista dei Baschi Azzurri. Che rilancia: “L’integrità psicofisica dei poliziotti penitenziari impiegati nelle carceri, della Liguria in particolare, è stata messa a dura prova specialmente nei mesi di giugno, luglio ed agosto di quest’anno, con numerose aggressioni subite anche negli ultimi 5 mesi”. Per Martinelli, dunque, “fondamentale è potenziare ogni iniziativa utile alle rieducazione del detenuto, soprattutto attraverso il lavoro, ma ‘tolleranza zero’ per chi anche in carcere si rende protagonista di episodi di violenza, Chiediamo che i detenuti violenti vengano ristetti in appositi istituti, dove dovrebbero scontare la pena al regime chiuso, con applicazione delle misure restrittive di cui all’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, perché mettono a rischio l’ordine e la sicurezza e, spesso, si avvalgono anche della loro posizione di supremazia nei confronti degli altri reclusi. Rivendichiamo, ancora una volta, la dotazione del taser affinché gli agenti possano difendersi dalle condotte della frangia più violenta dei detenuti».