Genova. La banda delle truffe agli anziani sgominata negli scorsi giorni in una maxi operazione dei carabinieri di Genova tra Napoli, Caserta e Torino aveva deciso di rubare i Rolex ai facoltosi turisti in Spagna e in Costa Azzurra. La decisione era stata presa, com’è emerso dalle indagini, dopo una serie di arresti dei trasfertisti nel Nord Italia. A parlarne erano stati i due capi dell’organizzazione Marco Macor e la moglie Marica Mastroianni.
“Partiamo e andiamo a fare orologi in Spagna?”, chiede Macor alla donna. “Ok ma io voglio poi tornare a continuare quello che so fare. Lo faccio da sette anni, non mi possono togliere quello che mi dà da mangiare“. Effettivamente, i carabinieri guidati dal colonello Michele Lastella e coordinati dai pm Luca Monteverde e Luca Scorza Azzarà annotano due viaggi nell’estate 2023 a Marbella, in Spagna, e poi in Costa Azzurra, tra Cannes e Nizza.
“Le trasferte venivano pianificate nei minimi dettagli – si legge nell’ordinanza – tra cui il porto e l’utilizzo di armi”. Marco Macor, l’attore immortalato nella scena cult del film Gomorra di Matteo Garrone tratto dal bestseller di Roberto Saviano, è stato trovato in possesso di una pistola Beretta con la matricola abrasa, con ogni probabilità una delle armi portate nelle trasferte e usate per rapinare i turisti. Gli inquirenti vogliono capire se davvero il gruppo sia riuscito a portare a buon fine il proposito e dunque quanti colpi potrebbero aver fatto.
L’ipotesi del pizzo pagato ai ‘cugini’ del clan
L’operazione dei carabinieri genovesi ha coinvolto 150 militari dell’Arma ed è stata coordinata dai pm Luca Monteverde e Luca Scorza Azzarà. L’organizzazione criminale era strutturata in vere e proprie batterie operative diverse che operavano su tutto il territorio nazionale, i cui componenti si incontravano e si aiutavano a vicenda nel mettere a segno i raggiri. Alle persone finite agli arresti sono contestati almeno 54 episodi di truffe pluriaggravate (45 consumate, 9 tentate) commesse nel periodo compreso tra aprile 2022 e marzo 2024, per un totale di oltre 700.000 euro di bottino sottratto alle ignare vittime, tutte agganciate con la tecnica della telefonata da parte del finto maresciallo. L’ipotesi investigativa è che la banda per poter operare con tranquillità pagasse il pizzo o comunque versasse una quota parte dei guadagni ai ‘cugini’ del clan anche perché i capi dell’organizzazione (Mastroianni e Alberto Macor) avevano allestito dei veri e propri call center per organizzare le truffe sistematiche con un giro d’affari che non sarebbe passato inosservato alla famiglia.
Il modus operandi rodato e affinato
Il modus operandi seguiva sempre lo stesso schema: le vittime veniva contattate telefonicamente da sedicenti marescialli dei carabinieri (Macor) o avvocati (Mastroianni) che riferivano che un parente stretto, solitamente il figlio o il nipote, aveva provocato un incidente stradale in cui è rimasto gravemente ferito qualcuno. Per aumentare la pressione psicologica i truffatori riferivano alla vittima che, per evitare l’arresto del parente, era necessario pagare subito una cauzione per risarcire il ferito. La stragrande maggioranza delle vittime, a quel punto, spaventata e in ansia per le sorti del suo caro raccoglieva denaro e gioielli per consegnarli al complice della persona al telefono, che si presentava alla porta poco dopo.
La maxi inchiesta trasferita a Napoli
La maxi inchiesta, dopo gli arresti di sabato sarà trasferita a Napoli per competenza territoriale visto che il reato più grave, cioè l’associazione per delinquere è stata messa in piedi proprio nel capoluogo partenopeo. Oggi sul punto la gip Milena Catalano si è dichiarate “incompetente” per territorio inviando gli atti ai colleghi di Napoli. A Genova restano solo uno stralcio del procedimento, con due imputati accusati di aver partecipato alle truffe ma di non far parte dell’associazione.