Genova. Su il sipario davanti alla Corte di assise di Genova per il processo per l’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa nello studio del commercialista Marco Soracco il 6 maggio 1996. Un processo che l’accusa, la pm Gabriella Dotto, ha fortemente voluto riuscendo a convincere la Corte d’appello di Genova circa la “ragionevole previsione di condanna degli imputati”, come prevede la riforma Cartabia, mentre questi ultimi e i loro difensori, a cui aveva dato ragione in prima battuta la gip Angela Nutini, sostengono sia un processo senza alcun elemento di prova ma solo indizi e sospetti ance contraddittori.
In aula questa mattina era presente il solo imputato Marco Soracco, accusato con l’anziana madre Marisa Bacchioni di favoreggiamento nei confronti di quella che per la Procura è l’assassina di Nada, vale a dire Annalucia Cecere, rimasta a Boves, dove vive da molti anni. Non era in aula neppure la mamma di Nada, Silvana Smaniotto. Per la famiglia Cella era presente solo Daniela, la sorella di Nada.
Le nuove indagini raccontate dal capo della Mobile Signoretti
Dopo le molte e complesse questioni preliminari affrontate dalla Corte oggi in aula è stato chiamato il primo teste, Stefano Signoretti, ex capo della squadra mobile di Genova che ha guidato le nuove indagini su delega della Procura. Un “aperitivo”, come lo ha chiamato lo stesso presidente della Corte d’assise Massimo Cusatti, dei fatti che puntano a ricostruire cosa accadde quella mattina in via Marsala e su cui proprio il dibattimento dovrà far luce. Il dirigente di polizia, che oggi è a capo della squadra mobile di Roma, ha ricostruito la nascita delle indagini e descritto sommariamente gli elementi raccolti. “Indagini ripartite da zero – ha spiegato – un lavoro immane che nei primi mesi ha impiegato tutta la squadra omicidi, una ventina di uomini e diversi agenti aggregati perché abbiamo scelto di muoverci come se il delitto fosse avvenuto il giorno prima”.
Ha parlato in particolare dell’indagine ‘parallela’ dei carabinieri che, mentre la polizia indagava su Marco Soracco (a lungo sospettato del delitto e poi prosciolto da ogni accusa), aveva sulla base di due testimonianze indagato per solo cinque giorni Cecere. I carabinieri avevano avuto l’imputo da una donna che si era presentata in caserma, ma che all’epoca volle restare anonima (oggi invece ha nome e cognome e sarà sentita a processo) anche sequestrato a casa di Cecere i famosi bottoni, simili a quello trovato in una pozza di sangue sotto il corpo di Nada Cella. Ma li ritennero diversi. In base alle nuove indagini invece sarebbero proprio gli stessi. “
La polizia aveva sentito il nome di Cecere grazie a due telefonate anonime, una ricevuta dall’avvocato Cella (che l’anonima chiamò pensando, a torto, fosse un parente di Nada) e poi dalla registrazione della nota telefonata della “signorina”, mai identificata, che parlava di Cecere con la Bacchioni dicendo di averla vista andare via sporca di sangue dopo aver messo tutto sotto la sella del motorino. Ma a quell’epoca i poliziotti sapevano solo che c’era stata già un’archiviazione, ma non altro.
“Polizia non sapeva dell’indagine dei Carabinieri su Cecere”
“Polizia e carabinieri erano arrivati a Cecere per strade completamente diverse – ha confermato Signoretti rispondendo a una domanda dell’avvocata Sabrina Franzone – e la polizia mentre i carabinieri indagavano Cecere non ne aveva alcuna informazione circa quell’indagine perché il pm non si è mai confrontato con chi stava indagando”. Proprio la mancanza di coordinamento – come scelta da parte del pm Fabrizio Gebbia – è stato da sempre considerato uno dei punti di debolezza delle indagini dell’epoca, così come l’assenza di Dna e l’inquinamento della scena del crimine che a distanza di trent’anni ha impedito un accertamento scientifico sul possibile autore del delitto.
“I pochi reperti che sono stati conservati erano molto fragili” ha ammesso l’investigatore ricordando come “all’epoca non si cercava il Dna che si è cominciato a usare solo negli anni 2000 e si faceva meno attenzione sulle scene del crimine, rispetto ad oggi dove non deve essere toccato nulla prima dell’arrivo della scientifica”. Inoltre occorre ricordare che “Nada era ancora viva quando fu soccorsa e il soccorso alla vittima era la priorità”.
“A Chiavari regnava l’omertà, per questo abbiamo intercettato tutti i testi”
Tra gli elementi che hanno suscitato un po’ di polemica in aula e fuori il fatto che nelle nuove indagini praticamente tutti i testimoni sentiti dalla squadra mobile sono stati intercettati, chiaramente con autorizzazione del gip, a cavallo dell’audizione in Questura. Lo ha confermato lo stesso Signoretti: “Il 99% dei testimoni che abbiamo sentito sono stati intercettati a cavallo delle audizioni. Questo perché rispetto al delitto emergeva a Chiavari una situazione di estrema reticenza, al limite dell’omertà”
Il nodo delle intercettazioni, tra cui quella di Soracco con l’avvocato
Alla fine della deposizione il presidente Cusatti ha fissato un fittissimo calendario di udienze fino a fine luglio. Nella prossima si discuterà del tema delicato delle intercettazioni, alcune delle quali sono state contestate anche stamani dagli avvocati Giovanni Roffo (difensore di Cecere) e Andrea Vernazza (per Soracco e Bacchioni).
Tra queste quella in cui Marco Soracco, intercettato mentre parlava al telefono con il suo avvocato dell’epoca Massimo Ansaldo. Soracco, commentando i giornali dell’epoca che non fecero mai il nome di Cecere ma parlavano dell’archiviazione della “donna del mistero” aveva detto al suo avvocato di conoscerla bene e che frequentava il suo studio. Le difese la ritengono una telefonata che non può essere utilizzata in quando si tratta di comunicazioni con il proprio difensore. Le intercettazioni che, dopo il vaglio della Corte, entreranno nel processo dovranno comunque essere tutte sottoposte a “perizia” quindi trascritte da un tecnico super partes.
Marco Soracco: “Sono tranquillo, troppe cose dette su di me in questi anni”
“Sono tranquillo, ormai hanno deciso di fare il processo e non resta che aspettare di andare avanti” ha detto Marco Soracco uscendo da palazzo di Giustizia. Il commercialista imputato di favoreggiamento aveva parlato anche prima dell’inizio del processo: In questi 29 anni la mia coscienza pulita mi ha sempre aiutato a vivere così. Ora siamo qua, facciamo quello che dobbiamo fare. Dicono che fossi sulla scena del delitto? Lasciamo perdere quello che hanno detto, si sono sentite molte cose. È dura sentirselo dire da quasi trent’anni. Cosa mi ha fatto più male in questa storia? Una serie molto lunga di situazioni, poi ne parleremo”.
La sorella di Nada Cella: “In questi anni troppe bugie”
“Sono state dette tante bugie in questi anni, lo vedrete durante il processo, verranno fuori… bugie da parte di tanti, in primis da coloro che dovevano testimoniare il vero”. Sono le parole di Daniela Cella al termine della prima udienza per l’assassinio della sorella “In questa storia ho conosciuto molte persone a modo, che ci hanno aiutato, ma ho visto da vicino anche il lato peggiore dell’essere umano. E come su questa scala su cui cammino adesso, andiamo avanti, un gradino alla volta”.
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