Genova. Quasi mille pasti serviti al giorno, circa 220.000 l’anno, e 18.000 persone all’anno. Sono questi, in estrema sintesi, i numeri che la mensa di Sant’Egidio ha registrato dall’apertura nel 2015, a oggi. Un servizio, quello garantito dalla Comunità di Sant’Egidio, che in dieci anni si è trasformato diventando anche tramite per il reinserimento sociale e lavorativo.
Il report è stato diffuso da Sant’Egidio in un periodo in cui il tema della povertà, e della povertà assoluta, è quanto mai attuale. Secondo i dati Istat e Caritas, infatti, un italiano su dieci vive in condizioni di povertà assoluta, e il numero di persone che si rivolgono alle associazioni di volontariato sono in crescita.
“Se diciamo che siamo tornati ad assistere quasi mille persone al giorno non lo facciamo per sentirci dire bravi, ma perché c’è un problema − sorride amaro Andrea Chiappori, responsabile di Sant’Egidio − il nostro intento sarebbe diminuire il numero di persone che usano la mensa, ma purtroppo aumenta. In generale il numero di poveri aumenta, soprattutto nel Nord Italia, così come aumenta la solitudine. Di fronte alle difficoltà della vita le persone sono sempre più sole, c’è sempre meno sostegno di reti di solidarietà. Le statistiche spiegano bene non solo ciò che rileviamo quando facciamo la mensa e altri servizi, ma anche perché questo accade. Non è un fenomeno ristretto, ma qualcosa che riguarda tutta la vita delle persone. E i dati sono importanti, perché la vera efficacia dell’intervento sociale è conoscere il fenomeno, altrimenti si sbagliano le soluzioni”.
Boom di famiglie e mamme single alla mensa
La mensa di Sant’Egidio è aperta cinque giorni a settimana, tutto l’anno, nei locali di piazza di Santa Sabina. Uno sforzo massiccio possibile grazie alle donazioni, ma sopratutto ai 250 volontari che ogni giorno si impegnano a titolo gratuito a garantire il servizio. Nel corso di dieci anni sono stati forniti 1 milione di pasti a persone di 123 nazionalità differenti, 3.000 soltanto nel presidio di Begato. Oltre 30.000 i pasti che vengono consegnati alle persone che vivono in strada durante i giri serali.
“Un genovese su 30 è venuto almeno una volta alla mensa − sottolinea don Maurizio Scala − complessivamente sono passati oltre 2.500 volontari alla mensa, nata per dare un pasto ai senza fissa dimora, che non potevano certo vivere di panini. Bisognava dare un pasto adeguato e completo, ma abbiamo visto subito che c’erano altre situazioni di persone che avevano bisogno della mensa. Italiani com fragilità psichiche e vivono con 300 euro al mese, stranieri usciti dal mondo del lavoro o appena arrivati dall’estero, anziani con la sola pensione. In periodo post Covid sopratutto sono arrivate altre persone: mamme con minori, straniere e sole, un boom di ucraini, oltre 500 donne iscritte alla mensa a fine 2023. Nel 2025 su 250 persone iscritte alla mensa, 50 erano persone dal Perù. La mensa è anche una cartina tornasole di cosa accade in città, una sorta di mappa. E poi abbiamo avuto un’esplosione di famiglie con bambini sotto i 10 anni, prima del Covid massimo 10 minori, ora tutti i giorni 70-80 minori”.
Si tratta di famiglie monoreddito, spiega ancora don Scala, che con stipendi da 1.500, 1.600 euro e quattro figli, tra affitto, bollette e altre spese non riescono a fare la spesa e a portate a tavola un pasto caldo.
Il progetto housing first: 79 senza fissa dimora hanno raggiunto l’autonomia abitativa
La mensa però non è solo cibo, ma un presidio e un punto di riferimento per chiunque sia in difficoltà e abbia bisogno di informazioni pratiche su ausili, sostegni e iter burocratici. Ed è anche per questo che Sant’Egidio ha avviato un percorso di reinserimento sociale attraverso alloggi dati in modalità housing first.
Nei sei appartamenti di via Balbi, grazie al supporto di Costa Crociere Foundation, sono state ospitate 92 persone senza fissa dimora, e 79 sono riuscite a raggiungere l’autonomia abitativa. E se è vero che dal punto di vista economico sono fondamentali i contributi dei privati (citandone alcuni, oltre a Costa Fondazione Azimut, fondazione Demetrio Canevari, Credit Agricole), senza lo sforzo dei volontari nulla sarebbe possibile, tenuto anche conto che a oggi il Comune, per questioni burocratiche, non sostenga economicamente Sant’Egidio.
“Si può uscire dalla strada, si può aiutare le persone a non sprofondare nella povertà assoluta − conclude don Scala − dalla casa riparte tutto, ne siamo profondamente convinti: non deve arrivare in fondo”.
“Il confine tra il bisogno e chi è disposto a rispondere è fondamentale – conclude Chiappori – dobbiamo ringraziare i tantissimi volontari che rendono possibile l’apertura della mensa. I volontari sono una risorsa fondamentale, perché solo insieme possiamo farcela”.