Genova. Il prato centrale dei giardini Baltimora, tra gli edifici del Centro dei Liguri e il versante che scende da via del Colle, ha le ore contate. Perché quello spazio verde, come si è scoperto negli ultimi mesi, è sostanzialmente abusivo: non era stato nemmeno preso in considerazione dagli ingegneri che progettarono l’area negli anni Settanta, e oggi grava pericolosamente sulle strutture – già deteriorate – che sorreggono l’impalcato sopraelevato su via D’Annunzio. La conferma è arrivata venerdì scorso a Tursi dall’assessore ai Lavori pubblici Ferdinando De Fornari, in risposta a un’interpellanza presentata dal consigliere del M5s Fabio Ceraudo a partire dalla vicenda che ha scoperchiato il vaso di Pandora, ossia l’attesa riqualificazione dei famigerati giardini di plastica, per anni immersi nel degrado.
Nel 2021 il raggruppamento di imprese guidato da Talent Garden Genova con Genova Industrie Navali e altre aziende si era aggiudicato dal Comune la concessione dell’area per una serie di attività tra cui uno spazio di co-working (aperto nel 2022), eventi e ristorazione. Proprio il grande rettangolo verde avrebbe dovuto ospitare un un palco sopraelevato per concerti e un bar-ristorante in acciaio e vetro. A presentare la domanda era stata, in seno alla cordata, la società Baltimora 4.0. Ma qui erano cominciati i guai: il Comune ha negato le autorizzazioni per problemi di natura statica relativi all’impalcato che sovrasta la strada, sebbene lo stesso bando predisposto da Tursi contemplasse questo genere di installazione.
Dopo le prime verifiche, nel 2024 il Comune ha affidato a Rina Prime un’indagine da 140mila euro che ha confermato tutti i timori. Come scrivono i tecnici nelle conclusioni, sono diverse le discrepanze tra le carte e la realtà: “Sull’impalcato grava uno strato di terreno con spessore variabile tra i 40 e i 70 centimetri non previsto in fase di progetto”. Ma non solo: pure gli elementi strutturali in calcestruzzo armato precompresso sono diversi dagli elaborati di cinquant’anni fa. E oggi le loro condizioni non sono rassicuranti: “La principale criticità – si legge ancora – è legata alle selle Gerber, e in particolare alle infiltrazioni d’acqua che hanno causato il deterioramento del calcestruzzo con conseguente corrosione delle armature, come da immagini seguenti”.

Gli esperti del Rina non riscontrano “un incipiente pericolo tale da richiedere l’interdizione dell’accesso ai giardini e del traffico veicolare sottostante”, ma consigliano comunque di rimuovere il terreno per riportare la struttura allo stato di progetto ed eseguire “un intervento massivo di impermeabilizzazione dell’impalcato, che permetterebbe di migliorare il problema delle infiltrazioni nel medio-lungo periodo”.

Insomma, la copertura del tunnel stradale ha resistito finora nonostante il terreno fosse “di troppo”. Ma un peso aggiuntivo, come quello di un palco o di un chiosco, potrebbe in effetti determinare un cedimento. “La presa di coscienza del problema strutturale nasce dal momento in cui viene chiesto di mettere in opera manufatti sul terreno – ha affermato De Fornari in sala rossa -. Questo impalcato non avrebbe dovuto ospitare il terreno, ancorché si trattasse di un carico distribuito e non concentrato, infatti per anni non si sono manifestati problemi. Aggiungendo carichi puntuali, invece, avremmo generato ulteriori problemi alla struttura“.
Alla fine dell’anno scorso il Comune ha affidato un nuovo incarico da 91mila euro al Rina per la progettazione esecutiva. Obiettivo dell’intervento, sgravare l’impalcato dal carico di terra “in maniera da riportare l’opera nelle condizioni originali di progetto”, rifare l’impermeabilizzazione della copertura e risanare le parti strutturali ammalorate. “Il tempo stimato per la progettazione è di circa 50 giorni, parallelamente si è lavorato per poter inserire l’intervento nell’ambito del programma triennale delle opere pubbliche, stimato al momento in 1,5 milioni di euro“, riferisce De Fornari. Per ora non è chiaro cosa ci sarà al posto del prato abusivo, ma un’ipotesi è la stesura di un tappeto di erba sintetica, come quella dei campetti da calcio.
Nel frattempo, però, chi si aspettava di sfruttare quello spazio già dal 2023 ha lamentato 500mila euro di danni nei confronti del Comune. “Abbiamo chiesto due volte una mediazione all’avvocatura senza avere nessun riscontro – racconta Matteo Zedda, socio della Baltimora 4.0 e presidente del Civ Sarzano -. È chiaro che il Comune ha fatto un bando senza avere i necessari documenti sulla sicurezza di quell’area. Nel frattempo noi siamo usciti dall’associazione temporanea di imprese proprio per l’impossibilità di avanzare col nostro progetto e limitare i danni, dato che le spese rimanevano in essere e i guadagni non sarebbero arrivati”.
La società ha chiesto anche un’ulteriore consulenza rispetto ai risultati delle analisi del Rina. A compilarla è stato l’ingegnere civile Gianluigi Gatti, per 15 anni funzionario e dirigente del Comune, che definisce “semplicistica” la conclusione dei tecnici incaricati da Tursi “in quanto ci si è limitati ad affermare la non pericolosità della struttura e l’assenza di rischi per la pubblica incolumità” senza tuttavia accertare lo spessore della soletta e altri fattori utili a comprendere la situazione. Secondo Gatti, “per rendere la concessione fruibile, non basterebbe neppure rimuovere il terreno vegetale presente perché la condizione derivante dall’ipotesi di progetto originaria non prevedeva l’applicazione di carichi ulteriori rispetto alla presenza della folla compatta”. L’unica soluzione sarebbe quindi “una completa modifica della struttura portante orizzontale” con “la progettazione di un adeguato sistema di drenaggio e scarico delle acque meteoriche, quindi con costi al momento non quantificabili“.

“Noi abbiamo un dialogo continuo col Comune per avere aggiornamenti, ma questa richiesta non è mai sfociata in nessuna azione giudiziaria – precisa Alessandro Cricchio, amministratore delegato di Talent Garden che rappresenta l’associazione di imprese con Genova Industrie Navali -. Noi prendiamo atto della situazione, siamo lieti che non ci sia pericolo di crollo e aspettiamo l’esito dei lavori, sperando che si facciano bene e velocemente. Confidiamo in una messa in sicurezza che ci permetta di svolgere non dico grandi eventi, ma almeno una serie di attività. Quello che doveva essere costruito sull’area verde non lo possiamo costruire, ma il ristorante può essere realizzato altrove: valuteremo altre location decentrate rispetto al verde“.
“Sembra proprio che la giunta Bucci abbia fatto una convenzione senza i documenti necessari – commenta il consigliere municipale del M5s Massimiliano Lucente, che aveva già sollevato la questione in Centro Est a ottobre -. A questo punto non è solo una questione di danno economico ad un privato che gestisce un bene cittadino, ma di chiarimenti per l’incolumità pubblica di tutti. Sembra che lo sfregio per aver distrutto il quartiere di Via Madre di Dio, la casa di Paganini per costruire il mostro urbano del Centro dei Liguri, non smetta mai di presentare il conto”.