La perizia

Delitto del trapano, la genetista: “Comparazione del Dna scientificamente certa come nel delitto di Yara Gambirasio”

Secondo la perizia la probabilità di attribuzione a Verduci è superiore 100 miliardi di volte la popolazione mondiale. Per la Procura indagini chiuse

Rachele De Stefanis e Marina Baldi
A sinistra l'avvocata Rachele De Stefanis, a destra la genetista Marina Baldi

Genova. Genova. Il Dna trovato sulla scena del crimine del cosiddetto delitto del trapano e’ di Fortunato Verduci con una corrispondenza scientifica certa. I risultati della perizia sono stati illustrati questa mattina dalla perita Selene Cisana nell’incidente probatorio in corso davanti al giudice Alberto Lippini. I marcatori indicano una probabilità di attribuzione pari a 10 elevato alla 27. 

“La dottoressa ha esposto la sua perizia e ha confermato che quel Dna corrisponde in maniera esaustiva a quello del signor Verduci – ha spiegato la genetista Marina Baldi, consulente di parte civile al termine dell’udienza- e quindi la probabilità di attribuzione è superiore a 100 miliardi di volte la popolazione mondiale, credo che non ci siano dubbi”. 

Il precedente analogo per certezza dei risultati: il delitto di Yara Gambirasio

“Ovviamente sono stati disposti tutti i dettagli della perizia, abbiamo esaminato perizie anche del 1995 – prosegue –  con tecniche diverse eccetera ma è andato tutto molto liscio e tranquillo” ha aggiunto. Un dato genetico certo e granitico secondo la perizia, come “accade talvolta ma non sempre” specifica la genetista. Un caso analogo per certezza dei risultati raggiunti? “Il Dna di Massimo Bossetti” spiega Baldi con riferimento all’omicidio della 13enne Yara Gambirasio uccisa a Brembate di Sopra nel 2010.

Anche in quel caso era stato il dna a portare alla condanna definitiva all’ergastolo di Massimo Bossetti, nonostante lui non abbia mai ammesso il delitto. E anche in quel caso per la ricerca di  Ignoto 1 tra il 2011 e il 2014,  si era arrivati a lui attraverso un parente biologico, anche se mentre in quel caso era stato prelevato il Dna a un’intera cittadina (21mila i campioni raccolti per il raffronto), nel caso di Fortunato Verduci, accusato di aver ucciso Maria Luigia Borrelli in un basso di vico Indoratori il 5 settembre 1995, è stata decisiva  l’istituzione della Banca dati nazionale del Dna,  ovvero il database che viene alimentato da tutte le forze di polizia nel momento in cui viene repertata una traccia biologica di un ignoto o si estrae il Dna di un detenuto.

Per la procura indagini chiuse

Per la Procura adesso le indagini sono chiuse e a breve la pm Patrizia Petruzziello invierà all’imputato e alla parte civile (la figlia di Borrelli, assistita dall’avvocata Rachele De Stefanis) l’atto formale. Verduci, che con i suoi legali ha sempre negato il delitto questa mattina non era presente in aula. Il carrozziere, assistito dagli avvocati Andrea Volpe e Emanuele Canepa, avrà da quel momento venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogato e per presentare una memoria difensiva. 

La pm Petruzziello aveva chiesto il suo arresto, negato da tutti i gradi di giudizio perché secondo i giudici pur sussistendo un quadro probatorio accertato proprio dalle precedenti comparazioni del Dna (questa è la terza, effettuata questa volta in contraddittorio tra le parti) l’uomo nel frattempo “potrebbe essere cambiato”.

Il Dna prelevato a Fortunato Verduci è stato confrontato con diversi reperti, in particolare con due cicche di sigarette, fra l’altro della stessa marca che il carrozziere fuma trent’anni dopo, e con tre macchie di sangue trovate su un’interruttore, una tenda e una copia del Corriere mercantile trovata accanto al cadavere.

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