Genova. Gli accertamenti “sono in corso” e le indagini della procura di Genova sull’attentato alla Seajewel proseguono nel massimo riserbo. La consapevolezza di essere quasi certamente al centro di una spy story internazionale, perché al momento è davvero difficile ipotizzare una pista alternativa, impone la massima cautela anche nel fornire informazioni.
Le analisi chimiche sul greggio nella pancia della Seajewel
E così, se è confermato che sono in corso le analisi chimiche sulla provenienza del petrolio che si trovava nella pancia della Seajewel al momento dell’attentato, non è dato sapere a chi queste analisi sono state commissionate e dove vengono svolte. E lo stesso vale per le analisi di laboratorio sui pesci morti nella seconda esplosione, quella avvenuta sul fondale dopo che il secondo ordigno si è scattato dalla chiglia in seguito alla prima deflagrazione, che ha causato lo squarcio di 70 centimetri per un metro e mezzo. I reperti raccolti sulla chiglia e sul fondale dal Consubin invece sono stati affidati dalla polizia scientifica di Roma.
L’indagine parallela dei Servizi
La Dda di Genova, che ha delegato per le indagini la Digos e la guardia costiera, è praticamente certa di non essere la sola a indagare. Un’indagine parallela, è stata avviata dall’Intellingence già nelle ore immediatamente successive al sabotaggio e corre lungo binari che non intersecano (né potrebbero farlo per legge) quelli dell’autorità giudiziaria, ma proprio questo impone la massima attenzione a non rivelare informazioni particolarmente delicate.
I possibili nuovi reati in violazione delle sanzioni
Certo è che, se venisse accertata che la provenienza russa del greggio a bordo della petroliera, il quadro accusatorio subirebbe un inevitabile mutamento. Al momento la procura di Genova ipotizza il reato di naufragio con l’aggravante del terrorismo. E il fascicolo in mano alla pm Monica Abbatecola è al momento contro ignoti.
Se le analisi chimiche ma anche i documenti e i certificati di origine dimostrassero che si tratta di petrolio russo tuttavia, ci sarebbero altri reati ipotizzabili. Quello di falso, visto che le dichiarazioni del comandante e il giornali di bordo assicurano che il greggio sia stato caricato ad Algeri e provenga da pozzi del Nord Africa. Ma anche quello previsto dall’articolo 20 del dl 221/2017 che recepisce le direttive europee sull’embargo e punisce con la reclusione fino a sei anni chiunque, “in violazione dei divieti contenuti nei regolamenti (UE) concernenti misure restrittive effettua operazioni di esportazione o importazione di prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali”, come nel caso del petrolio russo, la cui esportazione nei paesi Ue è sanzionata dal 2022.
La Seajewel, cosi come la Seacharm che ha anch’essa lasciato il porto di Savona dopo aver scaricato il greggio, appartengono all’armatore greco Thenamaris. La compagnia, insieme ad altre quattro compagnie greche, nel 2022, era stata inserita dall’Ucraina nella lista degli “sponsor internazionali di guerra” con l’accusa di contrabbandare petrolio di Mosca. La collocazione nella “black list” era stata poi rimossa nel 2023. L’armatore, tramite il suo pool di legali, si è presentato venerdì in Procura a Genova ribadendo la massima disponibilità a collaborare nelle indagini fornendo tutta la documentazione aggiuntiva eventualmente richiesta. La Seajewel attualmente è al largo della Sicilia diretta verso il porto del Pireo per le riparazioni dopo l’attentato.
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