Genova. Le banchine e i terminal del porto di Genova restano uno snodo centrale per il traffico di droga in arrivo dal Sud America. Lo confermano le indagini, i sequestri, gli arresti e le sentenze che si susseguono a distanza di pochi mesi. Come quella che riguarda lo sbarco di 4 quintali di cocaina dal Brasile al porto di Pra’ organizzato direttamente dall’ndrangheta un paio di anni fa, pronunciata ieri dalla giudice per l’udienza preliminare Milena Catalano nei confronti di quattro imputati che avevano scelto il rito abbreviato.
Alberto Pinto e Natale Giuliano, due gruisti del porto di Gioia Tauro che secondo gli investigatori erano stati assunti in aziende genovesi proprio per essere organizzare lo sbarco della cocaina sotto la Lanterna, sono stati condannati a 13 anni e 4 mesi. Quattordici anni di reclusione sono stati decisi dalla giudice per Rocco Lazzaro, il responsabile della logistica della spedizione e 5 anni e 4 mesi per il portuale della Culmv Massimo Malinconico. Pene in linea con quelle chiesta dal pm Marco Zocco ad eccezione di Malinconico per il quale la richiesta era di 10 anni di carcere. Tutte le condanne sono ‘scontate’ dal rito abbreviato che consente una riduzione di pena fino a un terzo
Malinconico era accusato di aver aiutato il collega sempre della compagnia unica Fabio Papa a scaricare materialmente la droga dal container. Papa era stato arrestato con i borsoni pieni di droga dai finanzieri del Gico, coordinati dal pm della Dda Federico Manotti. Condannato a 10 di reclusione in primo grado, ha concordato in appello una pena di 8 anni e 8 mesi.
Le indagini erano nel mentre erano proseguite sui complici, coordinate dal sostituto procuratore Marco Zocco che per i quattro aveva chiesto e ottenuto l’arresto su ordinanza di custodia cautelare.
La droga era stata imbarcata a Rio De Janeiro in un container che conteneva caffè e che era stato scaricato a Pra’ dalla nave Msc Adelaide. Ed è lì che i finanzieri, appostati, avevano sorpreso e arrestato Papa. Su quella nave il giorno successivo era stato trovato il corpo senza vita di un marittimo di origini serbe con una ferita da taglio alla gola, ma le indagini alla fine – nonostante la strana coincidenza – avevano escluso l’omicidio: si sarebbe trattato invece di un suicidio.
Nell’indagine era stato coinvolto anche il 71enne Salvatore Maio che dalla sua cella di Marassi con un cellulare detenuto illegalmente avrebbe supportato in parte Giuliano e Lazzaro che, insieme a Pinto, prima dell’arresto stavano organizzando un’altra spedizione.