Genova. Parla di “anomalia legislativa” e “paradosso” che produce un risultato “abnorme” l’avvocato Andrea Vernazza che chiede che il processo per l’omicidio di Nada Cella, che comincerà il prossimo 6 febbraio, venga immediatamente stoppato affinché la Corte costituzione si pronunci sull’incostituzionalità dello stesso decreto di rinvio a giudizio. Perché “non motivato”.
E’ il codice di procedura penale che prevede che il decreto che dispone il processo non debba essere motivato a differenza della “sentenza di non luogo a procedere” che lo deve essere. Ed è esattamente quello che è accaduto nel caso Cella.
La decisione ribaltata in appello
La gip chiamata per prima a decidere se processare Annalucia Cecere per l’omicidio della giovane segretaria e Marco Soracco (insieme alla madre Marisa Bucchioni) per favoreggiamento, aveva detto che no, non c’erano abbastanza prove e con sentenza motivata aveva spiegato perché.
La pm Gabriella Dotto, che ha coordinato le nuove indagini della squadra mobile, aveva fatto ricorso alla Corte d’appello che è stata di parere opposto. Evidentemente convinta dagli elementi portati dall’accusa e illustrati dal procuratore generale Mario Pinelli ha disposto il rinvio a giudizio.
Il difensore di Soracco: “Anomalia legislativa”
Che appunto non deve per legge essere motivato, ma per l’avvocato Vernazza si tratta – spiega nel ricorso che sarà depositato il prossimo 6 febbraio – di una “anomalia legislativa per la quale a fronte di un provvedimento di proscioglimento motivato lo stesso può essere posto nel nulla dal giudice sovraordinato senza che la stessa abbia l’obbligo di motivare”. Per il difensore di Marco Soracco questa “anomalia” violerebbe fra l’altro l’articolo 111 della Costituzione che prevede che “tutti i provvedimenti giurisdizionali vanno motivati”.
Secondo Vernazza “gli imputati, sostanzialmente scagionati dal giudice naturale designato ed obbligato, giustamente, a dar conto dell’approdo eventuale ad una assoluzione dei medesimi si vedono rinviati al competente giudice dibattimentale senza poter conoscere le ragioni per le quali la Corte Territoriale li ritiene ‘meritevoli’ del rinvio a giudizio”. Nelle 11 pagine del ricorso l’avvocato se la prende con la riforma Cartabia sottolineando come “l’esigenza di una giustizia più rapida che deve trovare un ragionevole limite nella tutela dei diritti costituzionali di libertà costituenti fondamento della nostra Carta Costituzionale”.
Cosa succede adesso: gli scenari possibili
La decisione, nonostante del ricorso siano stati informati sia la Procura sia il presidente della Corte d’assise, potrà arrivare solo con il deposito formale della richiesta nella prima udienza del processo, il 6 febbraio davanti alla Corte d’assise. In quell’occasione il presidente Massimo Cusatti, dopo aver sentito le parti dovrà decidere se ritiene la questione ‘rilevante’ e quindi dovrà rinviare il processo fino a una pronuncia della Corte costituzionale, oppure no. In questo secondo caso, il processo, a quasi 30 anni dall’omicidio, potrà regolarmente procedere.