Genova. Che il vento fosse cambiato lo si è capito martedì scorso, in occasione del primo consiglio regionale della nuova legislatura. “So che ci sono abitudini che non mi piacciono, ma cercheremo di metterle a posto“, aveva detto Bucci entrando in aula, con la pretesa che la seduta iniziasse allo stesso orario della convocazione. A farne subito le spese è stata l’opposizione, arrivata in ritardo e immediatamente travolta dalla ramanzina del presidente: “Vergognoso, inaccettabile, ci vuole rispetto“. E probabilmente è stato solo un assaggio.
Il metodo Bucci è ben noto a Palazzo Tursi e negli altri uffici del Comune, assai meno in via Fieschi e piazza De Ferrari, abituati alla moderazione di Giovanni Toti che raramente alzava la voce e ancora più raramente arrivava puntale agli appuntamenti che lui stesso convocava. Se ne sono accorti anche in portineria, dove qualche mese fa era impensabile aprire il palazzo alle 7 del mattino. Del resto il carattere duro, stacanovista e decisionista di o scindico ch’o cria, definizione che gli fu affibbiata già nei primi mesi di mandato alla guida della città, è diventato nel tempo un tratto distintivo politico, oltre che personale. Un elemento che il centrodestra avrà pur tenuto in considerazione quando gli ha chiesto di candidarsi per non perdere la Liguria.
Per esempio Bucci ha già messo in chiaro come la pensa sul ruolo del Consiglio regionale. “Cercheremo di snellire il più possibile, penso che sull’accorciamento dei tempi siano d’accordo tutti. Molte cose vanno per legge e secondo me non è necessario, bastano determinazioni dirigenziali o delibere di giunta“. Tradotto: ogni volta che sarà possibile evitare di portare un provvedimento in aula, lui lo farà. Perché l’iter legislativo, comprensivo dei passaggi in commissione, dura almeno due mesi e mal si concilia con la voglia di Bucci di portare a termine le “cose che devono essere fatte in fretta“.
“Se le premesse nella gestione della Regione e dei suoi organi istituzionali da parte del presidente Bucci sono queste, la legislatura sta iniziando nel segno di una mancanza di democrazia che non è accettabile – è stata la reazione (non immediata) di Roberto Arboscello del Pd, nuovo vicepresidente del Consiglio regionale -. Le dichiarazioni di Bucci sono un attacco al ruolo dell’assemblea, delle commissioni e dell’istituzione regionale stessa. Capisco che Bucci è abituato al ruolo di commissario, ma il consiglio regionale non può essere commissariato, bisogna rispettare e salvaguardare la sua autonomia legislativa e funzionale, c’è un ufficio di presidenza a regolarne il funzionamento e come vicepresidente utilizzerò il mio ruolo per garantirne la funzione. Tutti i consiglieri devono essere messi nelle condizioni di poter svolgere l’attività per cui sono stati eletti dai cittadini liguri. E l’iniziativa legislativa e la sua discussione fa parte di questa attività che non può essere sminuita o ridimensionata, ma va promossa per garantire pluralità e democrazia”.
Eppure nel primo discorso davanti all’assemblea non erano mancati passaggi autocritici e distensivi. “Vogliamo che ci sia dibattito, vogliamo che si possa parlare, forse non urlare, sono il primo a essere colpevole. Ma alla fine dobbiamo prendere decisioni”. E poi: “Prometto che ci sarà rispetto e ascolto per tutti“. “Mettiamoci al servizio della Liguria con coraggio, determinazione, anche grinta e umiltà, lo dico anche a me stesso. Alla fine chi è umile vince più di chi è superbo“. Parole accolte con timidi applausi anche dai banchi del Pd.
Si vedrà nelle prossime settimane quanto Bucci terrà fede ai propositi di “ammorbidirsi” e quanto rimarranno cordiali i rapporti con l’opposizione, che invece a Tursi sono stati assai burrascosi, specie negli ultimi tempi. Intanto il menù della prossima settimana sarà abbastanza sostanzioso. Martedì il presidente presenterà al Consiglio regionale la nuova giunta e il programma di governo. Dopodiché l’esecutivo potrà adottare ufficialmente i primi provvedimenti e si inizierà a ragionare di fatti politici più concreti.
Sul tavolo ci sono anzitutto le nomine degli esperti che si occuperanno di sanità affiancando in qualche modo l’assessorato di Massimo Nicolò, il “medico del presidente” che dovrà spartire il potere con una serie di figure tecniche. I nomi sono noti, meno chiaro è l’inquadramento formale che avranno all’interno della squadra. Due di loro ricoprono già incarichi in aziende partecipate: Enrico Castanini (Liguria Digitale) e Santiago Vacca (Genova Parcheggi). L’altro manager di lungo corso è Luciano Grasso, ex Asl 3. E poi c’è l’ex assessore Angelo Gratarola, ex direttore del pronto soccorso del San Martino che nel frattempo ha raggiunto l’età pensionabile. Uno di loro – probabilmente l’ultimo – sarà retribuito per la sua funzione, mentre gli altri non prenderanno un euro, ha promesso Bucci. Così come non peseranno sul bilancio della Regione l’infettivologo Matteo Bassetti e il suo Consiglio superiore della sanità, un organo puramente consultivo, composto da 13 medici di primo piano di Asl e ospedali, che tuttavia continua a far discutere.
Tra le norme che Bucci non potrà fare a meno di portare in consiglio c’è quella per l’istituzione dei sottosegretari, considerati necessari per alleggerire il lavoro degli assessori gravati da numerose deleghe. L’opposizione ha già promesso battaglia, dentro e fuori dall’aula, dicendosi pronta a chiedere il referendum per sottoporre la riforma al giudizio dei liguri. Un passaggio che potrebbe rivelarsi insidioso per Bucci, entrato a De Ferrari con 8mila voti di scarto e bocciato dagli elettori genovesi che voteranno nuovamente nel 2025 per Palazzo Tursi. Una serie di circostanze che difficilmente lo porteranno ad abbassare la voce o indulgere sugli orari.