Genova. Stava molto male Amir Dhouiou, il detenuto tunisino di 21 anni che si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo il 4 dicembre nella sua cella del carcere di Marassi. Era stato fatto collocare dalla gip Cinzia Perroni nel centro clinico del carcere, una sezione ad alta sorveglianza perché aveva già dato in escandescenza e aveva chiaramente detto che si sarebbe ucciso. “Alla prossima udienza non ci arrivo” aveva detto in aula nell’udienza in cui la giudice aveva disposto la custodia cautelare in carcere dopo una rapina in strada e una resistenza alle forze dell’ordine.
Quel giorno in aula se l’era presa anche con la sua avvocata Lina Armonia che aveva provato a spiegargli – mentre era trattenuto da 5 agenti della polizia penitenziaria – che avrebbero chiesto una perizia psichiatrica per capire se le sue condizioni psichiche erano compatibili con il carcere o se invece dovesse essere affidato a una Rems.
L’avvocata aveva anche portato alla giudice la documentazione psichiatria del 21enne che la mamma aveva inviato dalla Tunisia. Quel giorno uscendo dall’aula, dopo aver detto cose sconnesse dicendo che “sentiva una voce dentro di lui” aveva rotto con una testata uno dei vetri interni delle aule del settimo piano.
Poi era stato portato in carcere, in una sezione ad alta sorveglianza appunto, in attesa dell’incarico per la perizia. Ma il 4 dicembre Amir dopo aver preso la terapia da un’infermiera del centro clinico si è impiccato con un lenzuolo alla finestra del bagno. Stamattina la pm Gabriella Dotto, che ha iscritto nel registro degli indagata due agenti della polizia penitenziaria, ha dato l’incarico per l’autopsia al medico legale Luca Vallega.
L’obiettivo è capire soprattutto la tempistica del decesso (in dettaglio, il tempo intercorso tra il gesto e la morte del giovane) per verificare se i due agenti avrebbero potuto fare in tempo a intervenire . I famigliari del 21enne sono assistiti da Livia Armonia e Umberto Pruzzo: anche loro vogliono capire se Amir avrebbe potuto essere salvato.
Per sostenere le spese legali dei due agenti indagati il sindacato Uilpa ha promosso una raccolta fondi. “Naturalmente, riponiamo totale e incondizionata fiducia negli organi inquirenti e siamo i primi a volere che si faccia piena luce sull’accaduto – continua Pagani – di certo, però, la polizia penitenziaria non può continuare a essere lasciata sola a difendersi per lo sfacelo delle carceri di cui dovrebbe essere indagata tutta la politica che ha governato almeno negli ultimi 25 anni”.