Genova. Nonostante il clima impazzito, tra ondate di caldo torrido, piogge torrenziali e brusche discese della colonnina di mercurio, anche in Liguria è partita ufficialmente la raccolta dei funghi. A partire dagli ultimi giorni di settembre i boschi si sono popolati di cercatori più o meno esperti armati di bastone e cestino a caccia di ovoli, porcini e finferli, non senza qualche incidente.
C’è infatti chi, nella foga di arrivare in punti remoti potenzialmente pieni di funghi, finisce per scivolare e infortunarsi, e chi invece raccoglie un bottino non commestibile, finendo per sentirsi male. Nei giorni scorsi nei pronto soccorso cittadini sono arrivate le prime persone che hanno manifestato sintomi legati a un’intossicazione da funghi. In un caso, registrato al Galliera, si è trattato di un uomo che ha raccolto e mangiato funghi commestibili, ma cui è risultato intollerante. In un altro invece si è trattato di una vera e propria intossicazione, una coppia con disturbi gastrointestinali e nausea trattati dai medici del San Martino.
Proprio per prevenire episodi di questo genere, la Asl 3 ha aperto un apposito sportello in via Frugoni 27, dove è possibile portare i funghi raccolti per farli analizzare. Il servizio è attivo il lunedì e il giovedì dalle 11 alle 12.30, in alternativa si può contattare il numero 3280474988 dal lunedì al venerdì: “La raccomandazione primaria però è una – spiega il dottor Fabio Silvano, micologo della Asl3 – limitarsi a raccogliere solo i funghi che si conoscono e si sa essere commestibili. Quelli che non si conoscono o su cui non si è sicuri sarebbe meglio lasciarli nel bosco, prima di tutto per evitare problemi di salute, in secondo luogo perché quello che fa male a noi magari fa bene al bosco”.
La seconda raccomandazione è di portare i funghi da controllare integri: “A noi interessa vedere tutte le caratteristiche, a volte le persone portano solo la parte superiore, i gambi o funghi già puliti, così per noi diventa difficile arrivare alla giusta determinazione della specie. Intorno al mondo dei funghi c’è grande confusione – prosegue Silvano – ma al di là della confusione generale il problema è che non sempre si manifestano in natura come li vediamo rappresentanti sui libri, ed è per questo che è importante il nostro controllo. Noi abbiamo fatto un corso specifico che ci ha insegnato a valutare tutte le caratteristiche che possono avere i funghi, non solo quelle estetiche, che possono trarre in inganno. Bisogna avere una conoscenza approfondita”.
I cambiamenti climatici inoltre possono generare ulteriore confusione, perché non esistono ormai quasi più funghi esclusivamente ‘stagionali’. La stagione estiva prolungata comporta che molte specie che in settembre e ottobre non si trovavano ora proliferino sino ad autunno inoltrato: “Di questi tempi nei boschi si trovano specie che sono più frequentemente estive, legate ad ambienti torridi e caldi. Non è un caso che i funghi che si stanno trovando per la maggiore sono le amanita cesarea, un fungo che ama il clima secco”.
Al clima impazzito si aggiunge il fatto che spesso chi va in cerca di funghi non è preparato adeguatamente, e si limita a raccogliere quelli che trova e a metterli nel cestino: “Il numero di persone che va per funghi più o meno è lo stesso, ma è un po’ cambiato il motivo per cui ci vanno – riflette Silvano – adesso andare per funghi è un’occasione per andare a fare una passeggiata nel bosco, e se si trova qualcosa si raccoglie. Negli anni abbiamo anche notato il cambiamento della tipologia di consumo, una volta si era più abituati ad andare a cercarli e ci si preparava meglio. Oggi invece si trovano i funghi al supermercato, in alcuni casi già puliti, e molti usano quelli come metro di paragone”.
Per Silvano resta importante ricordare che “far controllare i funghi evita conseguenze che rischiano di avere ripercussioni sui già accalcati pronto soccorso, l’intossicazione si può evitare. Se proprio non si riesce a esimersi dal raccogliere funghi di cui non si è certi, è bene raccoglierne solo uno o due e portarceli, il rischio è di doverne gettare altrimenti grandi quantità. Anche il contenitore è importate: il cestino o una scatola areata, perché i sacchetti di plastica accelerano il processo di decomposizione del fungo e, anche se commestibile, finisce per intossicare ugualmente perché andato a male”.