Genova. I controlli da parte di Aspi e Spea sullo stato degli stralli della pila 9 del ponte Morandi erano attendibili? Le ispezioni visive svolte con scassi locali e con gli endoscopi sull’estremità della pila avrebbero rilevato la cavità all’altezza dell’antenna? Come avrebbero dovuto essere fatte le ispezioni e quali risultati avrebbero dato? E, infine, le cause della corrosione sono state solo endogene oppure ci sono state infiltrazioni dall’esterno?
Sono queste le domande che i giudici del processo in corso per il crollo del viadotto Polcevera hanno posto ai periti che già nel corso dell’incidente probatorio avevano depositato la relazione sulle cause del crollo. L’incarico sarà assegnato formalmente domani, dopo la conclusione della discussione delle parti, e probabilmente i periti dovranno rispondere entro 90 giorni.
“Nella relazione discussa in incidente probatorio – ha detto il presidente del collegio Paolo Lepri spiegando le ragioni dell’integrazione di perizia – i periti parlano genericamente di carenze di controllo facendo riferimento a ispezioni dirette o con endoscopi, mentre le consulenze delle difese hanno ampiamente parlato del fatto che il reperto 132 aveva un difetto occulto come conseguenza di difetti costruttivi”. Per questo “visto che si tratta di aspetti rilevanti ai fini della decisione” i giudici hanno posto il quesito integrativo.
L’integrazione di perizia sarà decisiva per la sorte dei 58 imputati perché più che sulle testimonianze, quello per il disastro del 14 agosto 2018 resta un processo basato soprattutto su perizie e consulenze tecniche di cui queste integrazioni sembrano rappresentare il capitolo finale.
Mentre sarà in corso la perizia – che sarà a quanto pare soprattutto documentale – il processo potrà andare avanti con le dichiarazioni spontanee degli imputati che intenderanno rilasciarle. E a due anni dall’inizio del dibattimento i tempi per la sentenza sono ancora lontani.