Genova. “All’inizio del prossimo anno” il Governo conta di riuscire “ad assegnare gli impianti” dell’ex Ilva “a chi ha davvero la volontà di rilanciare questo sito produttivo così fondamentale per la siderurgia italiana e per l’Europa”. A disegnare la linea di traguardo è il ministro delle Imprese Adolfo Urso, oggi a Genova per inaugurare insieme al sindaco Marco Bucci la Casa del Made in Italy in via Saporiti, nel quartiere di Oregina.
Per ora si è chiusa la prima fase delle manifestazioni di interesse: “Lo hanno fatto in 15, tre grandi player nazionali per l’intero asset produttivo, 12 nazionali e internazionali per alcune parti”. Per Cornigliano è tornata in auge l’ipotesi dello spezzatino, cioè un futuro industriale indipendente dalle sorti di Taranto, in solitaria o più probabilmente insieme agli altri impianti del Nord Italia, come ha proposto ad esempio Marcegaglia. In un quadro del genere avrebbe ancora più senso, dopo la chiusura dell’altoforno nel 2005, l’idea già al vaglio di tornare a produrre rotoli d’acciaio a Genova con un nuovo forno elettrico.
Ma il ministro Urso chiarisce: “Noi privilegiamo l’unica assegnazione, che risponda al piano di rilancio produttivo nella sostenibilità ambientale e ai requisiti occupazionali e sociali che sono nella procedura”. E specifica: “La procedura è molto chiara e trasparente, privilegia la vendita a un unico player o cordata perché riteniamo che sia la soluzione migliore. Ovviamente nella fase successiva queste manifestazioni di interesse dovranno essere concretizzate con un piano industriale, finanziario, produttivo, occupazionale, sociale e ambientale. Quando questo sarà fatto, entro fine novembre, sarà possibile confrontare le proposte e trovare la soluzione migliore. I lavoratori sanno che possono avere fiducia in questo governo”.
Ma lo Stato potrà restare nella compagine come socio di minoranza? “Qualche sindacato lo chiede. L’esperienza dello Stato in Acciaierie d’Italia è stata fallimentare – lamenta il ministro -. Chi aveva concepito questo accordo cinque anni prima ha commesso perlomeno qualche errore. In questi cinque anni lo stato ci ha messo i soldi e loro gestivano. Questo accordo leonino sicuramente non sarà mai ripresentato da questo governo. Sulla base delle proposte potremo poi fare eventualmente altre valutazioni, certamente non alle condizioni precedenti”.
Per quanto riguarda Genova, sullo sfondo è sempre aperta la questione delle aree, 1,1 milioni di metri quadrati solo parzialmente usati dall’azienda siderurgica, che fanno molta gola alla logistica e alla cantieristica. “Nel nostro programma c’è l’utilizzo completo di tutte le aree dismesse – conferma Marco Bucci, sindaco e candidato presidente della Regione per il centrodestra -. Non penso che arriveremo a livello di accordo di programma, penso però che ci sarà un accordo fondamentale tra tutti i player, sindacati compresi, per costruire tutto il futuro di quell’area. Adesso bisogna vedere chi compra l’azienda, dopodiché ci siederemo al tavolo e vedremo quali sono le necessità. Ricordiamoci però – puntualizza Bucci – che con la nuova diga avremo un milione di metri quadrati in più da gestire, quindi ci sono tante opportunità del porto di Genova”. Insomma, la partita dell’ex Ilva si intreccerà al più ampio risiko del porto legato ai tombamenti previsti nei prossimi anni.
“L’Ilva sta diventando un manuale di rilancio industriale, laddove finalmente lo Stato fa sino in fondo la sua parte – sottolinea Urso in conclusione -. In poco più di sei mesi è partita la procedura per l’assegnazione degli impianti, un fatto straordinario in così poco tempo. Nel contempo, e anche questo è straordinario, cominciano ad essere pagate le aziende dell’indotto per i crediti maturati prima dell’amministrazione straordinaria, in appena sei mesi. Pensate che aspettano ancora i crediti della procedente amministrazione straordinaria, quella di dieci anni fa”.