Il dibattito

Alla Camera di Commercio economisti a confronto sul debito pubblico italiano e sulle ricette per ridurlo

Il confronto a partire dal libro di Giorgio Di Giorgio, Alessandro Pandimiglio e Guido Traficante "Nelle tasche degli Italiani"

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Genova. Un debito pubblico elevato vincola il destino delle generazioni future, ne limita le opportunità, le espone a forti sacrifici, in termini di maggiori tasse e minori servizi pubblici, e al rischio di attacchi speculativi. Perché è così importante capire come funziona il debito pubblico? E cosa possiamo fare per liberarcene? Prendendo spunto dal libro di Giorgio Di Giorgio, Alessandro Pandimiglio e Guido Traficante, dal titolo inequivocabile “Nelle tasche degli Italiani” (Newton Compton Editori) ne hanno parlato oggi, alla Camera di Commercio: Giorgio di Giorgio, docente Università Luiss Guido Carli di Roma, Carlotta Berti Ceroni, direttrice Dipartimento Scienze Economiche Università di Bologna, Paolo Giordani, professore ordinario Università di Torino e Giovanni Battista Pittaluga, Direttore scientifico della Rivista Economia Internazionale/International Economics.

 Il vivace dibattito, che si inserisce nel filone degli incontri economici promossi e organizzati dall’Istituto di Economia Internazionale della Camera di Commercio di Genova –  è stato introdotto dal presidente della Camera di Commercio Luigi Attanasio e moderato dal presidente della Fondazione Ave Verum Michele Rinaldi.

Quello del debito pubblico italiano è un problema che da decenni condiziona la vita dei cittadini e che nessuno sembra in grado di risolvere: gli autori del libro lo affrontano con un approccio realistico e con un linguaggio accessibile a tutti, cercando di spiegare ai lettori come il debito pubblico italiano sottragga ogni anno tra 80 e 100 miliardi di euro agli investimenti in cultura, sanità, giustizia, pensioni, green economy, ricerca scientifica e progresso tecnologico.

Secondo Michele Rinaldi, “l’eccessivo debito pubblico è un veleno silenzioso che appare perfino positivo, che ammalia, in quanto consente ai risparmiatori di guadagnare interessi e ai governi di varare manovre diversamente impossibili, rincorrendo il consenso. Questo veleno si insinua nelle vene dello stato e della società civile e ne condiziona pesantemente la vita”.

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