Niente processo

L’ex re dei buoni pasto Fogliani patteggia 4 anni e mezzo per il maxi crac Qui! Group: non tornerà in carcere

Le figlie hanno già patteggiato, la moglie formalizzerà la decisione nella prossima udienza e anche gli amministratori delle società sembrano ora voler fare lo stesso. Così il maxi processo con 30 imputati probabilmente non si farà più

gregorio fogliani

Genova. A cinque anni dall’arresto per il crac della Qui! Group, l’ex re dei buoni pasto Gregorio Fogliani si è accordato con la pm Patrizia Petruzziello per patteggiare 4 anni e mezzo di reclusione. In questo modo, visto che ha già scontato sei mesi di custodia cautelare in carcere, potrà evitare la reclusione e chiede i domiciliari o l’affidamento in prova.

Questo ovviamente se la giudice per l’udienza preliminare Caterina Lungaro darà il via libera al patteggiamento. La decisione sarà presa nella prossima udienza, fissata per il 1 ottobre.

A Fogliani saranno anche confiscate due ville a Forte dei Marmi del valore di due milioni e mezzo ciascuna (la terza è intestata alla moglie Luciana Calabria, ma probabilmente sarà confiscata con i patteggiamento di quest’ultima su cui c’è un primo accordo a 1 anno e 11 mesi di reclusione), alcuni terreni e decine di migliaia di euro, comprese alcune quote societarie.

Anche le figlie Serena e Chiara hanno patteggiato: per entrambe la condanna è sotto la soglia della condizionale.

La decisione di Fogliani e quella della moglie sono destinate a creare un effetto domino. Anche alcuni degli amministratori delle società che aveva rifiutato le proposte di patteggiamento, ora sembrano aver cambiato idea. Alcuni intanto hanno scelto l’abbreviato.

In questo modo il maxi processo tanto temuto per i quasi certi tempi biblici per arrivare a sentenza ma anche per l’impiego di risorse preziose al tribunale di Genova in perenne carenza di organico, non si farà più. Per dei 30 imputati tutti alla fine sembrano decisi a optare per un rito alternativo.

Le indagini erano partite dal fallimento dell’azienda ‘madre’ nel 2018 che aveva portato con sé come una reazione a catena quello di tutte le società satellite, una quindicina di aziende in tutto. I reati contestati erano bancarotta fraudolenta, riciclaggio, truffa aggravata e autoriciclaggio.

 

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