Protagonista

Toti: “Sono più povero di prima. Non mi candido, ma sono pronto a metterci il mio nome”

Conferenza stampa fiume dopo l'incontro con gli arancioni: "Non ce l'ho coi magistrati ma col legislatore: un governatore eletto può essere tenuto ai domiciliari quanto si crede?"

Genova. Non ho intascato un euro per me stesso. Posso orgogliosamente dire di essere assai più povero di 9 anni fa quando dirigevo telegiornali del gruppo Mediaset con stipendi e benefit ben più corposi di quelli pure ottimi di presidente di Regione”. In una lunghissima conferenza stampa all’NH Hotel l’ex presidente ligure Giovanni Toti racconta la sua verità sull‘inchiesta che lo vede coinvolto, sollecita il Parlamento a intervenire sulle leggi (soprattutto sulla custodia cautelare per le cariche elettive) e conferma che non si ricandiderà nemmeno come consigliere. Ma, al termine di un incontro con gli esponenti della Lista Toti, rivendica la guida dell’anima civica che ha trainato il centrodestra e non si fa da parte: “Se sarà utile non ho problemi a mettere il mio nome”.

“Solo attività politiche, non ho mai favorito nessuno”

Toti ribadisce la tesi sostenuta in questi mesi dall’avvocato Stefano Savi, presente in prima fila: “Stiamo parlando di un collegamento tra attività squisitamente politiche: il finanziamento di un comitato politico, che ha finanziato anche non solo le corse della Lista Toti ma anche la corsa di molti sindaci di questo territorio, che ha registrato con scrupolo tutto quello che ha fatto con una pedanteria e pignoleria che raramente si è vista nella tenuta dei conti, e dall’altra parte attività di azione e sprone politico. L’attenzione che le imprese hanno avuto in questi 9-10 anni è un’attenzione che deriva dalla convinzione dichiarata che l’attività di impresa su territorio è un bene di interesse pubblico. In questa regione ci sono amministrazioni friendly nei confronti di tutti coloro che portano ricchezza e sviluppo nel territorio. Non riteniamo di aver fatto discriminazioni nella nostra attività politica: chi finanziava i movimenti politici della mia amministrazione in questa regione ha avuto un trattamento identico a chi non li ha mai finanziati, chi votava centrodestra e chi non l’ha mai votato.

“Dimissioni? Avremmo combattuto una battaglia sulla pelle della Liguria”

“Abbiamo ritenuto che per la presa di posizione generale e il muro contro muro che si era creato” coi magistrati, “io mi sarei martirizzato, che talvolta ai politici fa bene, la Procura non avrebbe cambiato la sua attitudine, ma avremmo combattuto una battaglia sulla pelle della Liguria che non valeva la pena di essere combattuta”, spiega Toti ripercorrendo la scelta di dimettersi. E aggiunge che non ha influito la “solitudine” e nemmeno la questione del rigassificatore: “È qualcosa su cui la politica ligure si aggroviglia molto ma incide molto poco”. Tuttavia mette in chiaro: “La lista che voterò alle prossime elezioni sosterrà che il piano energetico votato dal governo Draghi è un ottimo piano energetico e che i rigassificatori vanno fatti, e che, se Savona è destinata ad avere questa infrastruttura, sarà Savona. Se poi il ministro dell’Ambiente cambia idea, non è che pretendo di scegliere per conto del governo”.

“Non ce l’ho coi magistrati, ma col legislatore: intervenga il Parlamento”

“Non voglio parlare di forzature o ricatti, è un linguaggio che non mi piace. Questo processo – riassume l’ex presidente – corre lungo un crinale tra politica e giustizia che mette insieme tante cose. La politica non può non interrogarsi sul finanziamento ai partiti, sui limiti di azione di un esponente politico rispetto ai suoi finanziatori, sugli equilibri tra un ente costituzionale eletto e le esigenze di indagine, sul controllo di legittimità degli atti. Credo sia tema di una politica parlamentare che oggi affronta una riforma della giustizia“.

“Il tema – prosegue Toti – è di legislatore che ha dato possibilità a un magistrato di dare un’interpretazione della legge divergente dalla mia. Per la prima volta si è scritto nero su bianco che l’attualità e concretezza della reiterazione di un reato coincidono con l’assunzione in carica di un ruolo elettivo scelto dai cittadini. Tante volte la politica si è azzuffata con la giustizia, ma non l’ha fatto su un caso così cristallino. Stavolta è scritto nero su bianco. Alla politica spetta un ragionamento più ampio: un governatore eletto dai cittadini può essere tenuto ai domiciliari ad libitum finché si crede, quale che sia la situazione al di fuori? Lo deve decidere il Parlamento. Mi auguro che il legislatore abbia la forza di farlo”.

In altri termini: “Non ce l’ho col magistrato che l’ha scritto, ma con legislatore che gli ha consentito di scriverlo. Ritieni che la politica debba avere la sua predominanza? Fai una legge che dica che per gli organi elettivi la custodia cautelare dura 15 giorni perché prevale la volontà popolare di avere il sindaco o il presidente. Se la vuoi fare la fai, se non vuoi non la fai”.

“Dopo quest’inchiesta nessun politico prenderà più un euro”

Secondo Toti l’inchiesta impone di definire il perimetro dei reati che gli vengono contestati, a partire dalla corruzione, e di affrontare il tema del finanziamento ai partiti. “Io sono contrario al finanziamento pubblico, sono favorevole al finanziamento privato della politica. Questa roba va normata e compresa – prosegue l’ex governatore -. Se il solo fatto di aver versato un soldo a un movimento politico fa sì che qualsiasi confronto con quel movimento diventi asservimento della funzione o corruzione, è chiaro che preclude. Domani credo che nessun politico prenderebbe un euro da un privato, a fronte dell’inchiesta fatta. Se il finanziatore di un partito a livello nazionale dovesse mai chiamare un sindaco per dire ‘aprirò uno stabilimento sul tuo territorio, buttagli un occhio di ritardo perché è un’opportunità’, tutti sarebbero tacciabili di corruzione. Ma non diciamo che la politica in Italia si finanzia coi contributi dei privati”.

“Non mi candido, ma diremo la nostra. Il mio nome? Non ho problemi a mettercelo”

“Toti non ci sarà né come candidato consigliere, men che meno come candidato presidente, sennò non mi sarei mai dimesso – ribadisce l’ex presidente -. Certamente darò il mio sostegno, alla Liguria tengo più che a me stesso, ma è evidente che i protagonisti della corsa fisicamente saranno altri”.

Ma il mondo della Lista Toti in qualche modo continuerà ad esistere: “Quello che ho detto a tutti gli amici delle nostre liste civiche, agli stakeholder di questo territorio che non hanno una maglia dei partiti nazionali che governano il Paese, è che non si deve perdere né il programma, né lo spirito, abbrivio, né la delicata ma efficacissima alchimia che ha portato a vincere qualsiasi cosa in questa regione”. La gamba civica “ci dovrà essere, ci sarà, dovrà dire la sua sul candidato presidente, con una civica, due civiche, nel modo che riterremo più opportuno nei prossimi 15-20 giorni, quando sarà più chiara la geometria a seconda dell’estrazione del candidato presidente. Quest’anima civica dovrà essere garanzia verso gli elettori che questa espressione politica non cambierà il suo modo e la sua attitudine di governare questa regione”.

Ma ci sarà il nome di Toti su quella lista? “Lo decideremo in futuro. L’anima civica in questa regione è stata fatta dalla Lista Toti, poi abbiamo Vince Genova, Vince Spezia, Vince Sarzana, liste della famiglia Scajola vicine per progetto ma non identitarie rispetto alla nostra. Tutto questo mondo dovrà confluire in un’offerta organizzata, che sia una o due liste, valuteremo l’utilità. Tengo al mio nome, ma se è utile mettere insieme in un’esperienza più ampia, la Lista Toti confluirà in un’esperienza più ampia. Se si ritiene utile spendere il mio nome in memoria di questi nove anni di governo, non ho problemi a metterci il nome, ma fisicamente io non ci sarò”. 

Caso Ermini: “Fossi il Pd sarei stato orgoglioso”

Toti non risparmia qualche attacco all’opposizione, in particolare sul caso Ermini, indotto a dimettersi dalla direzione nazionale del Pd dopo aver assunto la presidenza della holding di Spinelli: “Su una cosa sono d’accordo con Orlando: questa è davvero una scelta di campo. Non c’è nulla di più diverso del campo largo, ammesso che esista, cioè Pd in salsa grillina con Sansa come maître à penser, che scaccia Ermini. Fossi un partito in tutta franchezza mi sarei inorgoglito del fatto che un esponente politico va a occuparsi di un’impresa che crea indotto, mentre i cuoi operai impiegati dipendenti e fornitori avrebbero potuto vivere un momento di difficoltà. Si chiama cultura del lavoro. Il campo largo di oggi ha una cultura del sospetto verso chi lavora, compresi i suoi come Ermini che è venuto a lavorare ed è stato scacciato”.

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