Gli sviluppi

Inchiesta corruzione, il nodo dei 5.000 euro trovati a casa della segretaria di Toti. Accertamenti anche sui rimborsi allo staff

I contanti furono trovati in una scatola a casa di Marcella Mirafiori il 7 maggio scorso. La procura ha inoltre incaricato la guardia di finanza di indagare sulle somme erogate dalla Regione all'ex portavoce di Toti a titolo di rimborso

toti

Genova. Il 7 maggio scorso, giorno in cui l’ex presidente della Regione Giovanni Toti venne arrestato insieme con l’imprenditore Aldo Spinelli e l’ex capo dell’Autorità Portuale Paolo Emilio Signorini, a casa della segretaria di Toti e tesoriera del Comitato Toti Presidente, Marcella Mirafiori, i militari della guardia di finanza trovarono quasi 5.000 euro in contanti in una scatola. Banconote di piccolo taglio, da 20 e da 50 euro, di cui Mirafiori giustificò la presenza sostenendo di averli prelevati nel corso del tempo e messi da parte nel periodo della pandemia di Covid “in caso servissero ai suoi genitori”.

I dettagli emergono dal verbale di perquisizione di quel giorno, uno tra i tantissimi atti depositati in vista del processo immediato a carico di Toti, Spinelli e Signorini, la cui prima udienza è fissata per il prossimo 5 novembre. Su quei soldi la procura si era dimostrata da subito intenzionata a vederci il più chiaro possibile, ed è stata compiuta una serie di accertamenti finalizzati a capire se effettivamente il denaro sia stato prelevato dai conti personali di Mirafiori. Lo stesso è stato fatto per i rimborsi allo staff di Toti erogati dall’ente, in particolare in riferimento all’ex portavoce Jessica Nicolini.

Un mese dopo gli arresti, infatti, i pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde avevano incaricato gli investigatori delle Fiamme Gialle di acquisire tutti i “mandati di pagamento emessi dalla Regione Liguria relativi ai rimborsi spese e i correlati documenti giustificativi presentati da Nicolini a far data dall’1 gennaio 2020 fino alla data di notifica del presente atto” nonché “le disposizioni che regolano i rimborsi spese da parte della Regione fruiti dalla Nicolini in virtù del suo inquadramento nello staff del presidente”.

L’acquisizione delle operazioni bancarie, spiegano gli inquirenti nell’ordine di esibizione, serve “per la compiuta ricostruzione dei fatti per cui si indaga” – ovvero la presunta corruzione – e “per individuare le modalità attraverso le quali venivano quantificati e operati i rimborsi spese nei confronti degli appartenenti allo staff”. Il materiale acquisito potrebbe in futuro essere trasmesso alla corte dei conti per valutare un eventuale danno erariale.

Si è aperta, intanto, una settimana decisiva sul fronte dell’inchiesta. Da lunedì infatti gli avvocati dei tre imputati possono ascoltare in procura tutte le intercettazioni, anche quelle non depositate, seguendo le linee guida stabilite con la procura. L’avvocato di Toti, Stefano Savi, aveva anticipato che l’ascolto di tutte le intercettazioni è fondamentale per individuare dettagli che potrebbero rivelarsi importanti per la difesa.

Nei prossimi giorni inoltre gli avvocati di Signorini potrebbero comunicare la decisione in merito all’ipotesi patteggiamento. Se l’ex presidente dell’Autorità Portuale deciderà di non seguire il rito ordinario e sceglierà di patteggiare potrebbero essersi ricadute significative anche su Toti e Spinelli: se Signorini uscisse dal processo potrebbe essere sentito come teste assistito, e non potrebbe più avvalersi della facoltà di non rispondere. Procura e avvocati potrebbero però concordare una pena sotto i quattro anni che, con la custodia preventiva già scontata (Signorini è l’unico ancora ai domiciliari) potrebbe consentirgli di non tornare in cella e di chiedere l’affidamento ai servizi sociali.

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