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Corruzione, Signorini potrebbe scegliere per il patteggiamento: pena ridotta e stop al dibattimento

Uscirebbe dal processo con uno sconto di pena, e potrebbe diventare testimone per gli altri imputati

signorini

Genova. Prosegue rapidamente l’iter processuale nel merito dell’inchiesta sulla corruzione portata avanti dalla procura di Genova che lo scorso maggio ha portato all’arresto, tra gli altri, del presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, l’imprenditore Aldo Spinelli e dell’ex Presidente di Autorità di Sistema Portuale Paolo Emilio Signorini.

E proprio per Signorini la prossima settimana sarà cruciale: come riposta l’Ansa, l’ex manager pubblico, infatti, deciderà se optare per un patteggiamento o il rito ordinario nel processo immediato che inizierà il prossimo 5 novembre. Nel primo caso il processo salterebbe il dibattimento arrivando subito a sentenza, con relativo sconto di pena, mentre nel secondo caso si andrebbe in aula, tra testimoni e udienze. I difensori di Signorini, gli avvocati Enrico e Mario Scopesi, hanno comunque tempo fino al 15 settembre ma nei prossimi giorni potrebbero partire i primi incontri con i pm titolari dell’indagine, i sostituti Federico Manotti e Luca Monteverde.

Se l’ex presidente dell’Authority decidesse per il patteggiamento, inoltre, uscirebbe dal processo a carico di Toti e Spinelli e potrebbe essere sentito come teste assistito: dovrà essere ascoltato con la presenza del suo avvocato in aula ma, soprattutto, non potrà avvalersi della facoltà di non rispondere. Procura e difensore potrebbero concordare una pena sotto i quattro anni che, con la custodia preventiva già scontata visto che è l’unico ancora ai domiciliari, potrebbe consentirgli di non tornare in cella e di chiedere l’affidamento ai servizi sociali. Signorini aveva chiesto ai pm un interrogatorio investigativo durante il quale aveva semplicemente detto di “avere fatto delle leggerezze”.

Da lunedì i legali di tutti gli imputati potranno iniziare l’ascolto delle intercettazioni non depositate. La procura ha stilato una sorta di protocollo: i difensori non potranno portare dispositivi che possano registrare e gli accessi saranno “collegabili” ai legali tramite una password.

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