Genova. ”È chiaro che oggi per me la poltrona di presidente è maggiormente un peso che un onore”. C’è un passaggio, nella lettera che Giovanni Toti ha fatto avere all’avvocato Stefano Savi all’indomani dalla decisione del Riesame sulla revoca (negata) degli arresti domiciliari, che inevitabilmente fa drizzare le orecchie.
Sono ormai settimane che la parola ‘dimissioni’, nell’ambito della maxi inchiesta sulla corruzione in Liguria, viene sussurrata con tono interrogativo tra le file della maggioranza, invocata a gran voce tra quelle dell’opposizione. E stavolta è proprio il presidente sospeso a mettere sul tavolo in modo esplicito l’ipotesi di fare un passo indietro, pur nel contesto di una missiva da cui trapela in modo evidente l’amarezza per la decisione dei giudici del Riesame sulla sua misura cautelare.
“Vedo come una liberazione oggi poter ridare la parola agli elettori, perché sono certo che sapranno giudicare quello che è stato fatto fino ad oggi e sceglieranno per continuare a vivere e lavorare in una Liguria libera, che guarda al futuro con ottimismo, che premia l’intraprendenza, che rivendica un ruolo in Italia”, scrive Toti a Savi nella lettera, ammettendo che alla luce di quanto accaduto sino a oggi sì, le dimissioni, e dunque il voto anticipato, sono uno scenario possibile. Anche se al momento non è sua intenzione fare questo passo.
Chiesti nuovi incontri politici: il primo sarà Matteo Salvini
Per prendere una decisione su scelte future e dimissioni Toti ha già chiesto un incontro con i due fedelissimi Marco Scajola e Giacomo Giampedrone, e soprattutto con il vicepremier Matteo Salvini, che sin dai primi giorni dell’inchiesta lo ha difeso invitandolo a resistere. L’istanza è stata depositata venerdì e una risposta dovrebbe arrivare nei primi giorni della settimana prossima. A questi incontri ne seguiranno altri – lo aveva preannunciato Savi commentando a caldo il giudizio, pesantissimo, del Riesame – con esponenti del centrodestra e sindaci liguri, e non è escluso che si avanzino anche richieste di parlare attraverso “organi di stampa”, visto che il rischio di inquinamento probatorio, per il Riesame, è ormai escluso. Permane però il rischio di reiterazione del reato, per i giudici, da qui la decisione di mantenere il confino ad Ameglia.
Il prossimo passo a livello giudiziario sarà la Cassazione, con tempi inevitabilmente lunghi (se ne parlerà almeno a settembre), ma lo scenario politico è in fermento. Perché se le opposizioni unite annunciano una manifestazione di piazza con tutti i leader del campo progressista per invocare le dimissioni (cui dovrebbe partecipare dunque anche Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli), il centrodestra non si limita più ad aspettare e osservare, ma inizia a pensare concretamente a un candidato per le elezioni regionali, che siano anticipate o meno. Toti ha infatti chiarito che a prescindere non proverà a candidarsi per il terzo mandato, ma i partiti sembrano più preoccupati di arrivare preparati a un voto anticipato in autunno.
Dimissioni Toti e incognita voto in autunno
Andare al voto in autunno sarebbe in realtà rischioso per il centrodestra, ancora senza neppure l’ipotesi (almeno pubblica) di un candidato. Significherebbe andare alle urne sull’onda (e ombra) lunga dell’inchiesta e scegliere il nuovo presidente della Liguria in concomitanza con le regionali in Emilia Romagna e Umbria, dove c’è il concreto pericolo per il governo di perdere terreno. L’ultima parola d’altronde spetta alla premier Giorgia Meloni, che sino a oggi non si è pronunciata in modo netto e chiaro sulla situazione ligure. Il nome del candidato di centrodestra però lo sceglieranno i leader nazionali, e Meloni potrebbe avere diritto di prelazione.
Toti, da Ameglia, attende gli sviluppi come tutti gli altri. E nella lettera a Savi chiama in causa gli elettori, dicendosi convinto che in caso di voto anticipato “deluderanno chi, sciacallescamente, agogna a riconquistare un ruolo”. Sostenendo di “non vedere l’ora”, sottolinea poi che “la presidenza di una Regione non è un bene personale. È un patrimonio collettivo. Di chi l’ha votata, di chi l’ha sostenuta, di coloro che si sono spesi per una avventura politica. Ho sperato, e spero ancora, che giustizia e politica possano rispettare i propri ruoli e le proprie prerogative. Che, mentre i Pm legittimamente indagano, la politica, con le sue regole, i suoi riti, le sue aule, possa fare le proprie considerazioni per il bene comune”. E chiarisce che gli incontri con i leader ed esponenti politici di maggioranza dei prossimi giorni saranno determinanti, perché “le scelte che faremo saranno prima di tutto per il bene della Liguria a cui oggi tutta l’Italia dovrebbe guardare con grande attenzione”. La giunta ligure dal canto suo resta sulle posizioni iniziali: “avanti tutta“, almeno sino al giudizio di Cassazione.
Intanto due consigliere laiche del Csm, Claudia Eccher e Isabella Bertolini, hanno chiesto l’apertura di una pratica per verificare se sussistono a carico dei magistrati componenti del collegio del Riesame che hanno respinto la richiesta di revoca dei domiciliari, “profili di illecito disciplinare“.