Genova. Come ampiamente previsto, e con un tempismo quasi cronometrico, l’avvocato di Giovanni Toti, Stefano Savi, ha presentato questa mattina istanza di revoca degli arresti domiciliari. A poco più di un mese dall’arresto, e all’indomani dalla chiusura dei seggi per le elezioni europee, è dunque arrivata la mossa dei legali del presidente della Regione attualmente sospeso: decaduta almeno una delle ragioni cautelari (la reiterazione del reato), aumentano la possibilità che l’istanza venga accolta.
La richiesta, spiega Savi, è stata presentata lunedì mattina agli uffici della gip Paola Faggioni, firmata anche dallo stesso Toti: “Senza entrare nel merito della vicenda e delle ragioni della misura cautelare, riteniamo che, in ogni caso, oggi vi siano le condizioni per la revoca della misura, o, in subordine, per una sua attenuazione”. La misura alternativa potrebbe essere l’obbligo di firma, ma in quel caso il presidente tornerebbe pienamente in carica nelle sue funzioni.
La presentazione dell’istanza proprio all’indomani delle elezioni europee non è un caso: “Quanto al rischio di reiterazione del reato, la celebrazione della tornata elettorale supera una delle motivazioni addotte per la misura cautelare. Peraltro, la lista Toti non ha partecipato né alle elezioni europee né alle concomitanti amministrative”, spiega Savi.
“Le prossime consultazioni elettorali in Liguria si terranno infatti tra circa un anno e mezzo e riguarderanno proprio il rinnovo del Consiglio regionale – continua l’avvocato -. Ove si prendesse a riferimento tale futuro impegno politico, appare evidente che la sospensione dalla funzione di presidente legata alla misura cautelare andrebbe a connotarsi come una vera e propria decadenza, non prevista dalla legge proprio per tutelare la volontà popolare espressa con libere elezioni. Per quanto attiene al rischio di reiterazione del reato, tenuto conto del lunghissimo periodo delle indagini, quattro anni, i fatti contestati non potrebbero che risultare episodici rispetto al numero di campagne elettorali affrontate e all’attività di raccolta fondi per finalità politiche. Ciò solo dimostra – sostiene Savi – l’inesistenza dell’asserito sistema“.
Il legale quindi ripercorre la tesi difensiva: “La sistematica e meticolosa registrazione di ogni movimento di denaro da parte dei movimenti facenti capo a Giovanni Toti, senza alcun artificio volto a celarne tempistica e provenienza, dimostra, ove necessario, la volontà di seguire pedissequamente il percorso normativo stabilito dalla legge per le elargizioni liberali. Nell’interrogatorio reso davanti ai pubblici ministeri, il presidente Toti, lungi dal negare la realtà fattuale evidenziata dalle indagini, anzi, confermandola, ha esposto la sua ricostruzione dei fatti, sostenendo la sua buona fede“.
“Pertanto, appare oggi evidente che, certa la volontà passata e presente di non compiere illeciti, la stessa presenza dell’indagine, con le
contestazioni mosse dai Pm, sia tale da inibire ogni reiterazione di azioni simili a quelle contestate, in attesa del giudizio. Le indagini svolte in questi quattro anni, le recenti audizioni di indagati e persone informate sui fatti e le ulteriori attività effettuate, portano a
ritenere l’insussistenza della necessità di ogni ulteriore protrazione della misura finalizzata a tutelare la prova“.
Alla luce di tutto ciò, secondo Savi, “si ritengono non più sussistenti le esigenze cautelari indicate dal Gip“. Perché, riassume l’avvocato, “se il ritorno in carica del presidente di Regione, come previsto dalla legge, venisse considerato ex se come elemento determinante per la previsione di nuovi reati e per l’inquinamento probatorio, ciò si tradurrebbe in una sospensione dall’incarico, trasformandolo di fatto in decadenza già nella fase delle indagini, cosa non prevista dalla legge. Occorre tener conto del giusto equilibrio costituzionale tra tutela del processo, tutela della volontà popolare e necessità amministrative della regione”.
Negli scorsi giorni la gip Paola Faggioni aveva respinto la richiesta di revoca o attenuazione delle misure cautelari per l’imprenditore Aldo Spinelli e il presidente dell’Autorità di sistema portuale Paolo Emilio Signorini, il primo ritenuto in grado di inquinare le prove e tenuto agli arresti domiciliari, il secondo perché “non ha riconosciuto il disvalore delle sue azioni” e quindi rimane in carcere.
Nel pomeriggio intanto in tribunale sono attesi altri testimoni per le audizioni nell’ambito della maxi inchiesta sulla corruzione. Oggi sarebbe il turno dell’ex Francesco Cozzi sulla consulenza da 15mila euro fatturata ad Aldo Spinelli per un parere legale rilasciato circa un anno dopo essere andato in pensione da magistrato, prima dunque che venisse aperta l’inchiesta che vede tra i principali indagati proprio Spinelli (in questo articolo la ricostruzione della vicenda con le intercettazioni e le precisazioni dello stesso Cozzi).
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