Genova. Sono circa 30mila a Genova le persone in stato di povertà assoluta, di cui 4mila registrate nelle piattaforme dei 34 centri d’ascolto della Caritas Diocesana, per un totale di oltre 5mila prese in carico, in aumento rispetto al passato. Sono alcuni dei numeri contenuti nel Rapporto povertà 2023 elaborato dall’osservatorio delle povertà della Caritas Diocesana di Genova, dai quali emerge, soprattutto, un forte aumento della povertà minorile.
I nuovi arrivi nel 2023 sono stati il 40% delle presenze, più di 1.600 persone hanno incontrato i centri di ascolto per la prima volta. “A rivolgersi ai centri di ascolto sono sempre più donne e migranti – spiega Margherita Goretti dell’osservatorio – e queste persone si portano dietro il bisogno di aiuto di tutta una famiglia. Per un adulto in stato di povertà spesso corrispondono due o tre minori, e se la povertà in totale si conferma al 10% per i minori il dato si attesta al 14%, uno su cinque di loro è in stato di povertà assoluta”.
L’altro dato rilevante riguarda una “democratizzazione” della povertà, che colpisce anche le fasce sociali che, fino a quale anno fa, non erano considerate a rischio. “Quello che si nota è che, al di là delle povertà che conoscevamo, c’è uno scivolamento del ceto medio verso situazioni di povertà – sottolinea Giuseppe Armas, direttore Caritas Genova – perché il potere di acquisto dei salari sta diminuendo, il costo delle utenze, soprattutto relative alla casa, è in aumento, e sono sempre più le persone che si presentano ai nostri centri di ascolto che hanno lavori in regola ma con stipendi che non sono più sufficienti a coprire i costi della famiglia”.
Un quadro che è stato anche al centro di un sondaggio online per comprendere la consapevolezza delle persone in merito a questo fenomeno. “Quello che emerge è che c’è una consapevolezza medio bassa – spiega Giulia Pongiglione dell’osservatorio – nel senso che ci sono alcuni aspetti della povertà che sorprendono anche come quantità. Tra le misure proposte dai cittadini per risolvere il problema ci sono il lavoro e, nel caso di marginalità, i sussidi, ma anche la casa o l’accesso ai servizi pubblici”.