Intervista

Maxi inchiesta, l’ex procuratore capo Di Lecce: “La valutazione dei cittadini prescinde dall’esistenza di un reato”

Capo dei pm genovesi ai tempi delle inchieste Maglio3 e Lavagna, in cui emerse il rapporto tra criminalità organizzata e politica. Oggi collabora con Libera e vigila sul protocollo di legalità per il cantiere della nuova diga

Generico maggio 2024

Genova. “Si può essere poco seri e ladri, ma anche poco seri e onesti, la differenza è che i primi vengono condannati e i secondi no, ma come i cittadini non si devono sostituire all’autorità giudiziaria perché non ne avrebbero i mezzi e le capacità, viceversa, l’autorità giudiziaria non si può sostituire al giudizio dei cittadini che, in ultima analisi, viene espresso con il voto. La valutazione dovrebbe prescindere dall’esistenza di un reato”.

A parlare è Michele Di Lecce, magistrato in pensione e oggi collaboratore di Libera Genova. E’ stato procuratore capo di Genova dal gennaio 2012 al dicembre 2015. Ha coordinato, al tempo, alcune inchieste fondamentali per inquadrare la presenza della criminalità organizzata in Liguria, quella denominata Maglio 3 e quella sui “Conti di Lavagna”, per cui il Comune venne sciolto per mafia.

In entrambe le inchieste emerse chiaramente il rapporto stretto tra criminalità organizzata, politica e istituzioni. Un’ombra che costituisce anche il filone d’inchiesta più grave nell’ambito della maxi-indagine che in questi giorni scuote la Liguria con l’accusa, per alcuni indagati, di voto di scambio.

MAXI INCHIESTA IN LIGURIA: LE NOTIZIE E GLI APPROFONDIMENTI

 

Michele Di Lecce, dal 2022, è stato nominato da Marco Bucci, in qualità di commissario, a capo dei controlli sui protocolli della legalità per la realizzazione della nuova diga foranea del porto, grande opera finita dentro l’inchiesta, oltre che per il ribaltamento a mare di Fincantieri. L’incarico è a titolo gratuito.

– Di Lecce, il suo incarico relativo alla nuova diga di Genova è ancora in atto?
“Sì, ma devo specificare che il mio compito non è relativo alle assegnazioni ma all’attuazione dei protocolli di legalità, che per queste grandi opere sono stati firmati di volta in volta. Quando venne introdotto per la ricostruzione dopo il crollo di Ponte Morandi, era quasi una novità in Italia, oggi è previsto per legge che per una serie di opere ci siano questi protocolli stipulati secondo un modello approvato dal comitato interministeriale”.

– Di Lecce, quali riflessioni ha fatto su quanto emerso finora dalla maxi-inchiesta?
“Io credo che oggi più che mai ci sia bisogno dell’impegno, dei cittadini e di tutti, per contrastare fenomeni che possono essere rilevanti penalmente, come lo sono nella maggior parte dei casi le azioni della criminalità organizzata, ma rilevanti anche su altri piani, quello politico, sociale, civile, che sono valutazioni completamente diverse che possono prescindere l’una dall’altra o no.

– Pensa che i cittadini liguri siano reattivi di fronte alla presenza della criminalità organizzata?
“Vedo i cittadini liguri oggi un po’ più attivi, in passato abbastanza poco. Per decenni nei confronti della presenza delle infiltrazioni delle organizzazioni criminali di stampo mafioso c’è stato un silenzio se non complice almeno non sempre disinteressato della maggior parte non solo dei cittadini ma anche di una parte delle istituzioni pubbliche, anche i giudici”.

– La tolleranza di determinati comportamenti, siano essi collegabili alla criminalità organizzata o meno, però, a volte può nascere dalla consuetudine, dal fatto che il confine tra atto illecito e atto consentito sia spesso poco riconoscibile…
“Io penso che ogni valutazione dovrebbe prescindere dall’esistenza di un reato, si può essere poco seri e ladri, ma anche poco seri e onesti, i primi vengono condannati e i secondi no ma poco seri restano, ma è la distinzioni dei piani, i cittadini non si devono sostituire all’autorità giudiziaria perché non ne avrebbero i mezzi e le capacità né viceversa, l’autorità giudiziaria non si può sostituire al giudizio che in ultima analisi viene espresso con il voto. E non solo con il voto”.

– Quali altri strumenti può avere la cittadinanza?
“Oggi si parla ancora poco di beni comuni, perché si è in un clima di individualismo spinto, riscoprire forme di socialità può essere un elemento che rimette in moto un assetto di vera democrazia”.

– Perché insiste così tanto sul ruolo attivo dei cittadini e sul peso dell’indignazione?
“Le racconto un episodio, in uno degli ultimi processi che avevo seguito in Liguria, quello su Lavagna, quando c’erano stati dei provvedimenti cautelari ed era emerso che c’erano le indagini, io sono stato fermato da parecchie persone di quelle aree che dicevano ‘noi lo sapevamo’. Ma per avviare le indagini c’è bisogno che qualcuno denunci. L’inchiesta Maglio 3 si chiama così perché ci sono stati un Maglio 2 e un Maglio 1 ma per quell’1 serve uno stimolo, uno spunto, da cui nasca un accertamento”.

– Questo vale anche per i grandi cantieri dove gira molto denaro e possono esserci interessi collegati…
“Ci sono azioni preventive ma quello che conta è la reazione dei cittadini, oggi non possono aspettarsi che la soluzione di questi problemi arrivi solo dall’intervento dell’autorità giudiziaria, c’è bisogno di indignarsi di fronte a certi fenomeni”.

– Tornando alla maxi-inchiesta per corruzione. C’è un punto sollevato in maniera anche trasversalmente politica, e in parte nel tentativo di delegittimare il ruolo della magistratura, che critica il fatto che le indagini siano andate avanti per quattro anni…
“Io ovviamente di questa indagine non so nulla ma la dinamica è sempre la stessa. Tutti questi processi complessi hanno bisogno di tempi di indagine per consolidare le prove, non si possono chiudere le indagini sul convincimento. Molti anni fa avevo fatto arrestare un prete pedofilo in flagranza di reato ma perché avevamo una serie di elemento che ci avevano permesso di controllarlo. Ma se non lo avessimo colto sul fatto le indagini sarebbero andate avanti”.

– Quindi sbaglia chi parla di accanimento?
“I tempi sono anche quelli delle intercettazioni, che poi non sono immediati, le intercettazioni vanno sentite, collocate storicamente, collegate. E poi si è detto anche del tempo trascorso dall’ordinanza alla richiesta delle misure. Io sfido chiunque a leggere quelle carte in pochi giorni con attenzione. Se il gip non le leggesse con attenzione non farebbe il suo dovere”.

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