Genova. Nel momento in cui è precipitato per trenta metri sotto gli occhi impotenti della fidanzata, il 31enne Eros Coppola che stava percorrendo il panoramicissimo ed esposto sentiero delle Batterie nel parco di Portofino, non aveva la presa delle mani sulla catena come ha confermato la ragazza nella testimonianza agli investigatori. Quindi, l’eventuale cattiva manutenzione delle stesse non ha inciso sulla tragedia. Per questo la pm Elena Schiavetta ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per l’incidente avvenuto il 12 marzo dell’anno scorso in cui ha perso la vita il giovane elettricista di Busalla che vedeva indagati il direttore e il presidente dell’ente Parco di Portofino, Federico Marenco e Matteo Viacava.
La Procura ha svolto indagini accurate per valutare eventuali responsabilità dell’Ente Parco sia rispetto alla cartellonistica e alle informazioni fornite agli utenti circa le difficoltà di quel sentiero sia alla manutenzione dello stesso. Sono stati acquisiti tutti gli atti del Parco, sono stati fatti volare i droni per avere immagini in dettaglio, poi è stata affidata una consulenza tecnica all’esperto Delfino Viglione, guida alpina a Courmayeur che ha sottolineato come quel tratto di sentiero – attraversato ogni anno da migliaia di turisti che spesso lo affrontano del tutto impreparati nonostante gli avvisi – abbia comunque bisogno di migliorie.
Nella consulenza tecnica Viglione sottolinea diverse criticità sul tratto che il pm riassume così: “dimensione non adeguata della catena posta lungo il tratto esposto, e sua cattiva manutenzione (ossidata), innestata su ancoraggi talora vetusti e piegati oppure inadeguati (sulla base di piante/arbusti); rocce erose, disgregate e fratturate in alcuni punti (tipiche del conglomerato ricadente nell’area del Parco di Portofino); presenza di ghiaino, terreno sdrucciolevole, ciottoli (anche di dimensioni considerevoli) precipitati dall’alto sia a causa di agenti atmosferici che dal passaggio di animali quali capre inselvatichite e cinghiali, tali da suggerire l’obbligo dell’utilizzo del casco protettivo durante l’escursione; catena di lunghezza non adeguata tra un ancoraggio e l’altro, che sollecita gli ancoraggi e comporta una ampia oscillazione della catena nel punto più critico del percorso in esame”.
Grazie alla documentazione acquisita la Procura ha scoperto che lo stesso l’Ente Parco ha affrontato in più occasioni la questione sicurezza del sentiero nelle sedute consiliari, ma “non è mai giunto ad adottare decisioni “organiche” all’esito, ad esempio, di uno studio progettuale da parte di esperti tecnicamente idonei, quali in primis guide alpine, limitandosi ad adottare soluzioni parziali e contingenti”. Una proposta era arrivata due giorni prima della tragedia: l’idea era di trasformare il sentiero delle batterie in una vera via ferrata, sostituendo le catene con cavi d’acciaio e prescrivendo l’uso di caschetto e imbrago con moschettoni, ma non è mai andata in porto.
E’ pur vero che – scrive il pm – seppur nelle informazioni che erano allora inserite nella cartellonista e nel sito internet del Parco non veniva citata la classificazione Cai EE (sentiero riservato ad escursionisti esperti), che invece è riportata nella Carta dei sentieri del Parco stesso, le informazioni contenute sono state ritenute dal pm sufficientemente chiare nell’indicare che si tratti di un sentiero “impegnativo” e “il più difficile di tutto il parco”.
La Procura però rileva che “nella cartellonistica apposta in prossimità del tratto più impegnativo del Passo del Bacio, seppure richiami ancora una volta l’attenzione sulla difficoltà del percorso, indica precauzioni che parrebbero non del tutto esaustive” perché si evidenzia “la necessità di avere calzature adeguate, di portare con sé acqua e di indossare un cappellino per il sole, lasciando così intendere ad un escursionista che si accinga a procedere che la pericolosità del sentiero sia legata alla difficoltà di approvvigionamento idrico, di colpi di calore e di rischio di caduta per calzature non idonee e non già alla difficoltà strettamente tecnica dello stesso”.
Tuttavia, conclude il pm escludendo la responsabilità omissiva dell’Ente Parco, “analizzando attentamente tutto il materiale informativo messo a disposizione dall’Ente Parco agli escursionisti, non si può ragionevolmente ritenere che, nella causazione dell’evento-morte di Eros Coppola, vi sia stata responsabilità omissiva (o commissiva) dell’Ente Parco posto che l’escursionista che decide di intraprendere un determinato percorso ha l’onere di informarsi sulle difficoltà del tracciato” proprio a partire dalla carta dei sentieri.
Per la Procura tuttavia “sarebbe comunque auspicabile in un’ottica di prevenzione di altri incidenti ed infortuni riportare la sigla EE nella cartellonistica, così come la revisione/integrazione degli avvisi ivi riportati in modo da far risaltare anche all’occhio inesperto che si tratta di un sentiero impervio con tratti esposti, sconsigliato a chi non abbia ottima esperienza, passo fermo e assenza di vertigini ma ciò soltanto in considerazione della peculiarità del luogo che può attrarre una platea di turisti anche stranieri, escursionisti improvvisati che verosimilmente non pensano di trovare in un parco come quello di Portofino livelli di difficoltà elevati come quelli del Passo del Bacio”.
Un suggerimento generale quindi, che nulla ha a che fare con la tragica morte di Eros Coppola che viene definito fra l’altro un giovane “in buona forma fisica e ben attrezzato con scarpe da trekking e abbigliamento adeguato”. Circa i rilievi del consulente del pm sullo stato del sentiero, (anche questi ad avviso di chi scrive dovrebbero essere presi in considerazione, ndr), nulla hanno tuttavia a che vedere con la caduta del 31enne.
“Seppur non è dato sapere se ciò sia accaduto poiché il giovane non riteneva di aver bisogno di aggrapparsi alle catene per percorrere quel tratto o se si era solo momentaneamente staccato dalla presa, è in ogni caso evidente che, in quei tragici momenti, non aveva la presa sulla catena – scrive la pm – tale dato fattuale permette di escludere, dal novero delle cause possibili dell’incidente mortale, che questo specifico evento sia avvenuto a causa di un difetto di manutenzione, ad esempio, appunto, delle catene, che potrebbe rilevare, ad esempio, se Coppola si fosse tenuto in quel momento ma le catene non avessero retto, come sarebbe potuto accadere per la fuoriuscita di un ancoraggio, magari di quelli ossidati”.
I famigliari del ragazzo hanno ricevuto la richiesta di archiviazione e non hanno presentato opposizione. Ora la parola definitiva passa al gip.
(foto credits: Cristina Cantagalli, su Facebook)