Roma. Introdurre nel codice penale i reati di “omicidio sul lavoro” e “lesioni gravi (o gravissime) sul lavoro”, con pene fino a dieci anni di reclusione e specifiche aggravanti per i datori che non abbiano predisposto il documento di valutazione del rischi o che non abbiano individuato il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp). È il contenuto principale del disegno di legge presentato dal senatore genovese del Movimento 5 Stelle Luca Pirondini, presentato oggi in conferenza stampa a Roma alla vigilia del 1° maggio, festa dei Lavoratori. Presente all’evento anche la vicepresidente di Palazzo Madama Maria Domenica Castellone.
“Parliamo di più di mille morti nel 2023, nel 2024 c’è già un aggravio del 20%: vuol dire che non stiamo andando nella direzione giusta – ha esordito Pirondini -. Il testo lavora su due piloni fondamentali. Uno è quello della deterrenza, perché l’obiettivo non è solo punire ma far sì che non ci siano più incidenti sul lavoro. L’extrema ratio però è innalzare le pene, perché non si può pensare di lucrare sulla sicurezza delle persone in nome del profitto. Non è l’unica cosa che va fatta, ma il nostro vuol essere un richiamo a tutte le forze politiche perché si facciano carico di un tema centrale. Domani è il 1° maggio, ma facciamo sì che sia il 1° maggio tutto l’anno”.
Un appello a tutti i partiti, dunque, perché finalmente sia introdotta una fattispecie ad hoc nella legislazione sulle stesse basi giuridiche che hanno portato a individuare l’omicidio stradale (e le relative lesioni gravi o gravissime) con due nuovi articoli nel codice penale. Il testo, redatto in collaborazione col sindacato Usb, si compone di 10 articoli che contengono anche indicazioni in materia di prevenzione.
Secondo la formulazione proposta per il nuovo reato di omicidio sul lavoro, “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è punito con la reclusione da tre a otto anni“. Come aggravante, il datore di lavoro che non abbia predisposto il Dvr o designato il Rspp “è punito con la reclusione da quattro a dieci anni“. Se poi “il fatto è commesso nell’esecuzione di un rapporto di lavoro irregolare sul piano contrattuale o contributivo, la pena è della reclusione da cinque a undici anni“. Per le lesioni sul lavoro sono previste pene da un minimo di sei mesi a un massimo di otto anni in presenza di aggravanti.
Quello di Pirondini non è il primo tentativo in tal senso: nel 2022 ci aveva provato Chiara Braga, deputata del Partito Democratico, e ancora prima la senatrice Valeria Valente, sempre del Pd, insieme ad altri colleghi dem. Nessuno dei testi però è mai arrivato alla discussione in aula.
“Ma il M5s – spiega la senatrice pentastellata Ada Lopreiato – vuole anche che sia dia vita alla Procura Nazionale per gli Infortuni sul lavoro”. Il testo “dovrebbe ottenere un sostegno trasversale – auspica la vicepresidente Castellone – perché tutte le forze politiche dovrebbero convenire sul fatto che questa emergenza vada fermata. È un’emergenza sulla quale non ci dovrebbero essere bandierine”.
“Non ci si deve limitare a parlare di morti sul lavoro in prossimità del 1° maggio – è intervenuto l’ex ministro Stefano Patuanelli, oggi capogruppo del M5s in Senato -. Credo debba essere una priorità di tutti noi, anche delle forze datoriali, di chi ha in mano la vita dei dipendenti. Ogni giorno 3-4 persone non tornano a casa dopo il lavoro. La nostra proposta è uno dei tasselli, ma va fatto anche altro. Il precariato è uno dei momenti che portano a maggiore fragilità. C’è un disegno di legge di Paola Vancini di Fratelli d’Italia che mi preoccupa molto perché riporta alla contrattazione che istituisce il precariato: con che forza quei lavoratori appesi alla speranza di rinnovo andranno a denunciare i pericoli in azienda? Vanno rafforzati gli ispettorati: è inaccettabile che un’azienda in media abbia un’ispezione ogni 14 anni”.
Presente anche Emma Marrazzo, la madre di Luana D’Orazio, la 22enne che il 3 maggio di tre anni fa perse la vita risucchiata da un orditoio a Montemurlo, in provincia di Prato. È lei la prima firmataria di una petizione consegnata al presidente del Senato: “Mi hanno detto che la giustizia si fa nelle aule di tribunali, ma quale giustizia? La legge deve cambiare”. Dopo il patteggiamento le condanne erano state a 2 anni per la titolare Laura Coppini, 1 anno e 6 mesi per il marito Daniele Faggi, con le accuse di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche. L’azienda se l’era cavata con una multa di poco più di 10mila euro.