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Il dossier della sinistra sulla sanità ligure: “Costosa e inefficace, da qui possiamo mandare a casa Toti”

"La narrazione di Toti è vergognosa, per questo avevamo bisogno di una contronarrazione". La replica del governatore: "Colpa delle vostre riforme, inutile parlare di sanità allo sfascio"

Generico marzo 2024

Genova. Prima regione per fondi pro capite assegnati dallo Stato per la sanità regionale, ultima regione per qualità del sistema in relazione alla spesa. Unica regione ad avere speso il 100% delle risorse per assorbire gli arretrati dopo il Covid, ultima regione per recupero dei ricoveri ospedalieri. Persi 89mila abitanti in dieci anni, ma aumentata la spesa sanitaria del 15%. Sono alcuni dei primati negativi snocciolati oggi nel corso di un evento pubblico organizzato da Linea Condivisa all’auditorium Stradanuova dallo slogan eloquente: Quello che Toti non dice ve lo diciamo noi. Un incontro che tuttavia aveva tutta l’aria una prova generale di alleanza progressista per la campagna elettorale: presenti al tavolo dei relatori i capigruppo del Pd Luca Garibaldi, del M5s Fabio Tosi e di Azione Sergio Rossetti.

“La narrazione di Toti è vergognosa, per questo avevamo bisogno di fare una contronarrazione – spiega Gianni Pastorino, consigliere regionale di Linea Condivisa e vicepresidente della commissione Salute -. Vogliamo mettere questi dati a disposizione di tutti. Non volevamo che fosse una cosa nostra: dobbiamo pensare a costruire un progetto di sanità alternativa e coerente ed è su quel progetto che, quando si voterà, dovremo chiedere di mandare via il centrodestra. Se l’80% del bilancio è dedicato alla sanità, noi riconquistiamo la Liguria se puntiamo sulla sanità. Toti nel 2020 disse che è un tema perdente, invece la sanità è il metro della cura e della presa in carico delle donne e degli uomini della nostra regione”. Il caso politico è però l’assenza di Ferruccio Sansa, con cui i rapporti del resto dell’opposizione sono tesi da tempo. Abbiamo contattato l’Alleanza Verdi-Sinistra, sono loro ad averci mandato un altro rappresentante”, spiega Pastorino.

I dati

Il risultato dei numeri presentati, in sintesi, è che la sanità ligure costa tanto e funziona poco. A spiegare la lunga sequenza di grafici e tabelle, elaborati con dati pubblici, è stato Alessandro Ronchi del direttivo dell’associazione. Si parte da un’evidenza: la Liguria è la regione con la maggiore quota di assegnazione pro capite del Fondo sanitario nazionale. Dal 2013 al 2023 sono stati persi 89mila abitanti (il 5,92%) ma la spesa sanitaria è aumentata del 14,80% passando da 3,1 a quasi 3,6 miliardi di euro, collocandosi al quarto posto a livello nazionale. “Dove vanno a finire i milioni? Oltre 100 nel 2023 sono stati utilizzati per acquistare servizi sanitari dalle altre regioni”, accusa Linea Condivisa.

Per usare una metafora, la Liguria è una Cinquecento che percorre 38 chilometri con un litro di benzina al costo di 58 euro al litro, mentre ad esempio l’Emilia Romagna ne percorre 55 al costo di 50 euro al litro. In altri termini, più caro non significa per forza più efficiente. In particolare la Liguria viene classificata come low performer per il rapporto tra spesa pro capite (2.570 euro) e qualità del sistema sanitario secondo indicatori relativi a Lea e tempi d’attesa per le prestazioni. Nessuno dei 250 migliori ospedali del mondo si trova in Liguria (ben 6 sono in Lombardia), in compenso quello di Sanremo è uno degli 8 peggiori d’Italia (dati Agenas), mentre il San Martino risulta tra i 10 peggiori del Paese per durata del ricovero a parità di gravità.

Sui Lea la nostra regione si colloca in posizioni intermedie: all’ottavo posto nel 2019, al 12esimo nel 2020, all’11esimo nel 2021 ma al 13esimo nel 2022. Tra il 2020 e il 2019, durante la tempesta Covid, la Liguria ha perso il 44,01% degli adempimenti Lea risultando la peggiore del Paese.

Capitolo personale: il problema riguarda tutte le regioni, ma la Liguria è quella che evidenzia la maggiore carenza di organico: quasi 30% di tagli tra il 2010 e il 2.019 secondo l’Ocse, -20,36% nel periodo 2019-2021. Manca il 9,1% dei medici di base (quarti in Italia). Non è solo questione di organico, ma anche di stipendi: la parte variabile è tra le più basse (22.988 euro, in Piemonte si arriva a oltre 28mila) e così i medici sono attratti da prospettive di guadagno migliori in altre regioni. Per ovviare alle mancanze si ingaggiano medici e infermieri dalle cooperative (i famosi gettonisti), ma il costo per le Asl liguri arriva al triplo di un assunto.

La Liguria è l’unica ad avere speso tutte le risorse arrivate dal Governo per recuperare gli arretrati accumulati a causa del Covid (Emilia Romagna, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia hanno stanziato anche risorse proprie), ma i risultati? I ricoveri ospedalieri sono stati recuperati solo del 14% (ultimi), le prestazioni ambulatoriali del 36% (sotto la media nazionale), gli screening oncologici del 20% (penultimi). Ed è qui che entrano in gioco i privati: la Liguria nel 2022 ha raggiunto il 32% di committenza al di fuori del sistema pubblico, risultando la quinta in Italia (in Puglia addirittura il 93%). “Sta di fatto – osserva Ronchi – che la Regione ha recuperato poche prestazioni a costi inspiegabili”.

Sui tempi di attesa per le prestazioni Linea Condivisa osserva anzitutto che la Liguria non ha fornito i dati ad Agenas per il monitoraggio sulle liste delle prestazioni di specialistica ambulatoriale. Per ovviare si ricorre spesso all’intramoenia, che però dovrebbe essere uno strumento “eccezionale e temporaneo” secondo il Piano nazionale del governo delle liste d’attesa, mentre ormai sono diventate la principale porta d’accesso a visite ed esami senza attendere tempi infiniti. La Liguria è seconda per numero di medici che esercitano l’attiva libero-professionale intramuraria. Com’è noto la Regione ha tentato di estendere ulteriormente la normativa, ma il Governo ha impugnato la legge. Altra mossa della giunta Toti è stata l’acquisto di 120mila prestazioni di diagnostica dai privati per 7,4 milioni, ma le rilevazioni suggeriscono che, mentre il costo di una risonanza magnetica per il cittadino risulta di 45 euro presso i privati, la Regione paga la stessa prestazione 133,28 euro, quasi tre volte tanto.

Tutto questo si traduce in mobilità sanitaria passiva (cioè fughe verso le altre regioni), con una mobilità attiva molto scarsa (nonostante al Gaslini quasi metà dei pazienti arrivi da fuori) e un saldo che per la Liguria ammonta a 51,50 milioni di euro. Da questa regione il 13,7% della popolazione decide di “emigrare” per usufruire di servizi ospedalieri (al quinto posto in Italia). Nel 2022 sono stati 5.792 su 9.081 i pazienti liguri che si sono curati a Milano, Massa o Alessandria, in pratica due su tre, una fuga che costa 115 milioni all’anno e che, secondo stime di Alisa, sarebbe destinata ad aumentare.

La replica della Regione

“I lavoratori della sanità sono aumentati di quasi mille unità dal 2016 al 2023, con un aumento complessivo del 4%. Incremento che riguarda in particolar modo infermieri, Oss e tecnici (+11%). È uno dei dati inoppugnabili (Fonte ministero della Salute) che contraddice la narrazione di Linea Condivisa sulla diminuzione del personale nella sanità ligure negli ultimi anni – si legge in una nota inviata dalla Regione -. Per la precisione, come si evince nelle stesse tabelle riportate da Linea Condivisa, il periodo di riferimento che mostra il calo del personale nella sanità ligure (-30%) è quello del 2010-2019, periodo in buona parte di governo regionale di centrosinistra. Negli ultimi sette anni, in cui ha governato il centrodestra, il personale nella sanità ligure è invece cresciuto del 4%”.

“Nell’elaborato proposto da Linea Condivisa emergono altre affermazioni contradditorie e dati poco coerenti, come quando si parla di diminuzione della qualità offerta ai cittadini. A titolo di esempio, le prestazioni di specialistica ambulatoriale sono aumentate in tutti i campi, tra cui: cardiologia (+8% rispetto al 2019 e +17,1% rispetto al 2021), chirurgia (+32,4% e +36,6%), diagnostica per immagini (+2,6% e +24,4%), oncologia (+14,1% e +11,2), ortopedia (+2% e +4,9%), urologia (+12,2% e +24,5%). Inoltre, non corrisponde ad alcun dato reale quanto riportato relativamente al mancato recupero degli interventi chirurgici durante il periodo Covid. I 6mila interventi (a fronte di una lista d’attesa di 42mila soggetti) sono la parte finanziata con la legge 231 del dicembre 2021; gli altri interventi sono stati effettuati e recuperati nell’ambito delle attività di produzione ospedaliera finanziati dai budget delle aziende”.

“Se oggi c’è una sanità ingessata dalla burocrazia e resa estremamente costosa e poco efficace per il cittadino è grazie alle riforme che la sinistra ha fatto nel passato – afferma il presidente Giovanni Toti -. Noi con grande impegno e fatica stiamo cercando di rimetterla in piedi. Forse qualcuno dovrebbe ricordare che solo due anni fa questo paese era chiuso per il Covid. Che oggi si urli, parlando di una sanità allo sfascio, dopo che questa stessa sanità ha salvato il paese dalla pandemia e si sta rimettendo in marcia, con fatica ma anche con grande entusiasmo e determinazione degli operatori, lo trovo particolarmente strumentale, ingeneroso, inutile. Soprattutto perché queste parole arrivano da cattivi maestri”.

“C’è un grande sforzo da parte di questa amministrazione regionale per rendere la Sanità sempre più vicina al cittadino – aggiunge l’assessore alla Sanità Angelo Gratarola – a partire dal tema della riduzione delle liste d’attesa. Per esami e prestazioni, per esempio, tra finanziamento attuale e quello che la Giunta mette a disposizione per il 2024 c’è un aumento del 40%: si passa dai circa 80 milioni a quasi 120 milioni di impegno economico. A tutto questo si aggiunge il lavoro mirato al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva e all’armonizzazione della domanda con l’offerta. E i risultati si percepiscono già. Chi con superficialità parla dunque di sanità in termini disfattisti non fa solo il male del nostro sistema, ma lo mina gettando discredito”.

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