Genova. Il governo Meloni prepara una stretta sulla mobilità ciclabile in città. Le novità sono contenute nella bozza di modifica al codice della strada che in questi mesi è al vaglio della commissione Trasporti della Camera prima del passaggio in aula. Una serie di norme che, se approvate, potrebbero mettere in discussione l’applicabilità delle bike lane che il Comune di Genova (così come molte altre città in Italia) ha già tracciato in diverse zone e che ha intenzione di replicare per 53 chilometri complessivi di nuovi tracciati, in gran parte già affidati ad Aster per la realizzazione.
Nel nuovo testo in discussione la corsia ciclabile viene definita come “parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, idonea a favorire la circolazione dei velocipedi sulle strade, anche in modo promiscuo con la circolazione degli altri veicoli nello stesso senso di marcia, nei soli casi in cui non sia possibile l’inserimento di una pista ciclabile“. Oltre a quest’ultima precisazione, del tutto inedita, rispetto alla formulazione attuale non viene specificata la segnaletica orizzontale da adottare e non si chiarisce quando la corsia può essere invasa dagli altri veicoli (oggi solo “se le dimensioni della carreggiata non ne consentono l’uso esclusivo ai velocipedi”, per le fermate dei bus o per accedere ai parcheggi).
Un altro articolo prevede infatti che “le condizioni per la realizzazione della corsia ciclabile” nonché “la relativa segnaletica” siano stabilite con decreto del ministro delle Infrastrutture da adottare “entro 60 giorni” dalla data di entrata in vigore del nuovo codice della strada. Non è chiaro, insomma, cosa succederà nel frattempo e nemmeno se le bike lane disegnate secondo i criteri oggi in vigore diventeranno fuori legge.
Non solo: se le modifiche passassero così come proposte dal governo, verrebbe eliminata la cosiddetta casa avanzata, cioè lo spazio riservato alle bici in corrispondenza degli stop semaforici, sostituita da una zona di attestamento ciclabile realizzabile però solo su strade “con una corsia per senso di marcia e con velocità consentita inferiore o uguale a 50 km/h” in cui è presente una corsia ciclabile o una pista ciclabile. Una definizione in contrasto con l’assetto odierno di alcune strade genovesi (ad esempio corso Galliera o piazza Sturla, per citare gli interventi più recenti). Verrebbe introdotta poi la zona ciclabile, cioè una “zona urbana in cui vigono particolari regole di circolazione con priorità per i velocipedi, delimitata lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine”.
“C’è una volontà fortissima di tornare indietro rispetto alle sperimentazioni che alcune città fanno da anni, ad esempio Milano o Bologna – lancia l’allarme Valentina Ghio, deputata ligure del Partito Democratico -. Queste norme andrebbero a restringere la ciclabilità urbana, eliminando la segnaletica orizzontale nelle corsie ciclabili e soprattutto scippando ai Comuni la facoltà di pianificare quelle nuove, demandando tutto a un regolamento ministeriale. Nel complesso è un giro di vite sulla mobilità sostenibile che ci allontana ulteriormente dagli standard europei. Abbiamo fatto diverse audizioni e presentato tantissimi emendamenti ancora in esame, ma il grosso è stato respinto. Avremo città con più auto e meno sicurezza”.
Romolo Solari, presidente di Fiab Genova, invita alla cautela: “Vedremo quale sarà il risultato alla fine dell’iter, per il momento tutto può cambiare. Secondo noi ciò che è stato fatto rimane, poi dipenderà dal nuovo regolamento. La limitazione delle corsie ciclabili ai soli casi in cui non si possa tracciare una pista ciclabile potrebbe anche risultare positiva: se c’è spazio a sufficienza, perché non realizzare un percorso più largo? Le modifiche sulla casa avanzata, invece, non hanno alcun senso: il suo scopo è proprio favorire i ciclisti in presenza di più corsie, ad esempio per svoltare a sinistra, perciò è assurdo vietarla sulle strade a più di una corsia”.
Le ultime corsie ciclabili a Genova sono state tracciate in via Cavallotti e via Caprera, parte di una rete di itinerari studiati per collegare la pista strutturata di corso Italia, i poli universitari e le stazioni ferroviarie. Oltre al colore rosso, raccomandato dalle linee guida del ministero dei Trasporti, sono regolarmente delimitate da strisce bianche continue o discontinue. In altri casi, su alcune strade secondarie, viene semplicemente introdotto il limite dei 30 km/h. Sulla falsariga di questi interventi – già sperimentati negli anni scorsi in quartieri come Sampierdarena, Marassi e Certosa – il Comune ha già pronto un pacchetto da 36 chilometri per San Fruttuoso, San Martino e buona parte del Ponente cittadino che richiederà lavori per oltre 400mila euro. Tutto finanziato dal Pnrr. Sempre che il governo non cambi le carte in tavola.
Nel frattempo il ministro Matteo Salvini ha firmato la direttiva con cui stronca in sostanza la città 30 varata nelle scorse settimane dal sindaco di Bologna Matteo Lepore. Il limite di velocità deve restare a 50 km/h ed eventuali “limiti derogatori devono essere parametrati in relazione a strade o tratti di strada tassativamente individuati, laddove sussistano particolari condizioni”. Dunque niente abbassamento generalizzato e “arbitrario”, perché la regolazione della velocità richiede un “approccio capillare”, considerato che – secondo la tesi del ministero – l’imposizione di limiti “eccessivamente ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione e, di conseguenza, risultare pregiudizievole sotto il profilo ambientale”, creando code e ingorghi.
Una direttiva – già fortemente contestata da associazioni ambientaliste e attivisti della mobilità sostenibile – che va di pari passo con la linea annunciata dall’amministrazione di Palazzo Tursi: no ai 30 km/h in tutta la città perché sarebbe “profondamente sbagliato”, secondo l’assessore Matteo Campora, sì invece alle zone 30 puntuali soprattutto in corrispondenza delle scuole. Il piano allo studio degli uffici prevede anche temporanei divieti di circolazione per agevolare l’entrata e l’uscita dagli istituti, ma anche aree per la sosta temporanea, restringimenti, dossi, isole pedonali, dissuasori e arredi urbani con funzione di protezione.