Genova. “Non possiamo restare in silenzio di fronte al genocidio che Israele sta compiendo in mondovisione contro la popolazione palestinese della striscia di Gaza un massacro che ha ucciso più di 24 mila persone (di cui 10 mila bambini) e ne ha ferito 61 mila. Un milione e mezzo di civili è stato costretto ad abbandonare le proprie case ed è ora senza acqua, cibo, elettricità, carburante, medicinali. Queste persone non trovano rifugio sicuro nemmeno nelle scuole, nelle moschee, nelle chiese o negli ospedali: i bombardamenti sionisti non risparmiano alcun edificio, neanche quelli protetti dal diritto internazionale. Al contempo bersagliano giornalisti, medici e, in generale, operatori occupati nell’informazione, nella salute e nei servizi. Il progetto sionista di pulizia etnica sta osservando un’accelerazione anche in in Cisgiordania: dal 7 ottobre circa 400 persone sono state uccise e 6000 arrestate, le città sono state isolate e interi quartieri vengono rastrellati e distrutti di giorno in giorno”.
Così inizia il lungo manifesto che lancia per il prossimo 11 febbraio il corteo regionale per la Palesetina, organizzato a Genova con concentramento a partire dalle ore 14 in via Fanti d’Italia, tra Principe e la Stazione Marittima.
“Da Gaza alla Cisgiordania la resistenza del popolo palestinese si oppone allo stesso oppressore.
Il genocidio perpetrato contro il popolo palestinese viene spacciato dalle democrazie occidentali come necessario diritto all’autodifesa di Israele. Per noi, questi atti sono da chiamare con il nome che hanno: crimini di guerra e pulizia etnica. Colpiscono e obbligano il popolo palestinese a una Nakba continua, una catastrofe che non ha mai ricevuto giustizia! Ci opponiamo alla narrazione mediatica che decontestualizza e destoricizza gli eventi del 7 Ottobre. Questa data va inscritta nel quadro di una lotta di liberazione che il popolo palestinese porta avanti da 75 anni. Una lotta contro il colonialismo, il sionismo, l’occupazione, l’apartheid e la pulizia etnica. Una lotta che pone come istanza fondamentale la liberazione della Palestina, dal fiume al mare”.
La manifestazione, che richiamerà attivisti da tutta la regione, segue le già numerose iniziative che in questi mesi si sono succedute a Genova in sostegno del popolo Palestinese, schiacciato in queste settimane dalla morsa della guerra e dell’emergenza sanitaria indotta dalle pessime condizioni di vita, nella Striscia di Gaza, in primis, ma sempre più anche in Cisgiordania, dove da giorni si assiste a preoccupanti fiammate di odio e discriminazione arbitraria da parte dell’esercito israeliano e dai coloni.
“Sostenere la resistenza del popolo palestinese significa riconoscere il diritto all’autodeterminazione e non essere complici della pulizia etnica messa in atto, della devastazione dei villaggi palestinesi, degli insediamenti coloniali, della negazione del diritto al ritorno, degli arresti indiscriminati e del centinaio di risoluzioni ONU da sempre disattese da Israele. Sostenere la resistenza del popolo palestinese significa riconoscere quella legge della Storia secondo cui i popoli, lottando, scrivono e riscrivono il loro destino. Ci opponiamo alla tendenza all’allargamento del conflitto in Medio Oriente, di cui è un esempio il bombardamento in Yemen, reo di aver sostenuto la lotta palestinese e aver messo i bastoni tra le ruote alle logiche di profitto e ai piani di guerra occidentali. Ci uniamo ai milioni di persone che in questi mesi si sono mobilitate in tutto il mondo per ribadire il loro sostegno alla lotta di liberazione palestinese”.
Ma quali sono in concreto le richieste del corteo di Genova? “Scendiamo in piazza tra le strade di Genova per chiedere un immediato e permanente cessate il fuoco; chiedere la fine del genocidio, l’ingresso di aiuti umanitari e opporci al piano di deportazione sionista della popolazione di Gaza; sostenere la lotta per la libertà e la giustizia del popolo palestinese; opporci al regime di apartheid, con la consapevolezza che il primo giorno di pace sarà l’ultimo giorno di occupazione sionista; hiedere la liberazione dei prigionieri e il diritto al ritorno di tutti i profughi palestinesi; opporci alla guerra, ai traffici di armi, al colonialismo e all’imperialismo; denunciare la storica complicità del governo italiano con l’occupante in Palestina; chiedere l’interruzione delle collaborazioni tra accademie italiane e israeliane; rilanciare la campagna di boicottaggio, a partir da quella Iren-Mekorot”.