Imperdibile

Beatrice di Tenda, al Carlo Felice torna l’opera di Bellini che mancava da 60 anni

Nel cast voci di eccellenza del belcanto. Il direttore artistico Conte: "I cantanti la faranno da padroni, sono loro i protagonisti"

beatrice di tenda, pierangelo conte

Genova. Un’occasione per poter ascoltare e ammirare un’opera meno frequentata, dove, parola del direttore artistico Pierangelo Conte, “in cui i cantanti la fanno da padroni, sono loro i protagonisti“. Debutto il 15 marzo alle 20 per Beatrice di Tenda di Vincenzo Bellini al Teatro Carlo Felice di Genova. Repliche sino al 22 marzo. “Bellini è stato un maestro della scuola italiana del bel canto − aggiunge Conte − ha raccontato le passioni dell’animo umano con melodie lunghe, ricche in cui il canto è al centro della drammaturgia”.

“Un’opera che manca addirittura da 60 anni a Genova. Realizziamo una nuova coproduzione insieme con gli amici del Teatro La Fenice di Venezia per uno spettacolo che ha tutti i requisiti per affermarsi a livello internazionale − sottolinea il sovrintendente Claudio Orazi − la direzione è affidata a Riccardo Minasi che ha avuto un successo eccezionale con il recente Idomeneo di Mozart e ci sarà la regia di Italo Nunziata e una compagnia di canto da non perdere, che rappresenta le voci di eccellenza del belcantismo internazionale”.

Protagonista una delle artiste più amate qui a Genova: Angela Meade, nei panni di Beatrice e Mattia Olivieri in quelli di Filippo Maria Visconti. Agnese del Maino è interpretata da Carmela Remigio, mentre Orombello da Francesco Demuro.

“Una scelta coraggiosa, quella del nostro teatro − dichiara la coordinatrice delle Politiche culturali della Regione Liguria Jessica Nicolini − di proporre una programmazione non usuale”. Teatro che, come ha annunciato Orazi in conferenza stampa, sta anche pensando a organizzare dei pullman pagati da sponsor per consentire al pubblico di raggiungere largo Pertini in modo agevole anche per chi arriva appunto da più lontano.

Il titolo, come ha evidenziato l’assessore comunale Lorenza Rosso, si inserire nell’anno di Genova capitale del Medioevo, essendo ambientato nella Milano del 1418. Il regista Italo Nunziata puntualizza: “Abbiamo spostato scene e costumi a fine Ottocento, epoca in cui le dinamiche della corte erano ancora possibili, ultimo baluardo di quel tipo di mondo. Nei costumi le contaminazioni sono forti. Sembrano quasi armature, ricordano il 1400 e 1500”.

La trama: Beatrice di Tenda è l’unico dramma storico del catalogo belliniano. L’azione ha luogo nel 1418 al castello di Binasco. Il ventenne Filippo Maria Visconti, duca di Milano, è insofferente al vincolo coniugale che lo lega alla matura Beatrice de’ Lascari, contessa di Tenda e già vedova del celebre condottiero Facino Cane. Beatrice ha portato in dote molte terre, permettendo al consorte di rafforzare il ducato, ma l’atteggiamento ostile di Filippo nei confronti dei sudditi acquisiti ha aperto un baratro tra i due coniugi. Come se non bastasse, Agnese del Maino, amante di Filippo ma innamorata di Orombello, signore di Ventimiglia, scopre che il cuore di quest’ultimo batte segretamente per Beatrice. Decide perciò di vendicarsi rivelando a Filippo il presunto adulterio. Intanto Orombello ha radunato contro il duca gli uomini devoti a Facino Cane e dichiara a Beatrice il proprio piano e i propri sentimenti. Quando Agnese e Filippo colgono Orombello inginocchiato ai piedi della contessa, vedono in ciò la prova certa del tradimento e del complotto. Ma nel processo che segue Orombello ritratta le false accuse a lui estorte sotto tortura, proclamando l’innocenza di Beatrice. Perciò Filippo esita a firmare la sentenza, in preda ai sensi di colpa. A farlo decidere è però la notizia che la fazione avversa è pronta ad intervenire armata a favore di Beatrice, che accetta invece con senso religioso l’atroce ingiustizia, perdonando il marito e Agnese, così come Orombello perdona i nemici politici. Quindi la contessa si incammina verso il patibolo, mentre il suo popolo le esprime il commosso cordoglio.

L’ambientazione risente della drammaticità delle vicende: “Mi viene in mente una frase di Calvino − dice Nunziata − tutto è già cominciato prima. Il dramma c’è già stato. Qui è tutto inquietante. La vicenda si svolge all’interno del Castello di Binasco, un luogo sempre chiuso e nella prima scena con l’arrivo di Filippo ci viene subito comunicato il dramma in corso: lui è sposato con Beatrice, ma è innamorato di Agnese e l’unica soluzione è sciogliere in qualche modo il matrimonio”.

Il destino è ineluttabile e procede stanza dopo stanza, luogo dopo luogo. Non c’è mai la chiusura del sipario e i personaggi vivono tutto con grande tensione. È di fronte al ritratto del marito che Beatrice viene a sapere che Orombello è innamorato di lei. Il secondo atto, parola del regista, procede implacabile e nella scena finale Beatrice accetta la sua morte con grande forza d’animo. “I personaggi non sono monolitici, tranne proprio Beatrice − chiarisce Nunziata − Filippo si pone dei dubbi. Si chiede se tutto questo valga veramente la pena, ma l’arrivo dei sostenitori di Beatrice lo porteranno a pensare che vorrà comunque essere lei la padrona. Anche Agnese passa dall’ira per non essere amata a una sorta di empatia per Beatrice”.

Lo spazio della scenografia è immaginato come un agone con delle stampe fatte su lastre. “Con lo scenografo l’idea era di non creare ambienti chiusi, ma avere un fondale che sembra quasi svanire. La prima e l’ultima scena sono state pensate coinvolgendo il fotografo finlandese Ola Kolehmainen che estrae quasi un negativo del monumento, ne tira fuori la freddezza. Attorno a loro squarci e segni di decadimento che sembrano ormai insanabili”.

Sul podio Riccardo Minasi, fresco del successo con Idomeneo che in questa stagione dirigerà anche la Bohème. Di recente Minasi ha debuttato con i Berliner Filarmoniker che lo hanno coinvolto per altri due progetti.

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