Genova. C’è grande attesa in città per il pronunciamento del Consiglio Nazionale dei Lavori Pubblici sul progetto dello Skymetro, il cui parere dovrebbe arrivare già nelle prossime ore e che, sebbene non vincolante, potrebbe determinarne il futuro. Ma se in questi mesi il dibattito pubblico sull’infrastruttura si è infuocato sulle costruzioni “a vista”, è dalle viscere della terra che potrebbero emergere i problemi più importanti per l’opera. La relazione geologica, portata avanti in questi mesi grazie ai tanti carotaggi eseguiti lungo il tracciato, ha evidenziato una situazione nel sottosuolo decisamente complessa che potrebbe avere conseguenze abbastanza impattanti sull’eventuale progetto esecutivo.
A dirla in poche parole la questione è questa: tutta la Val Bisagno altro non è che il letto dell’omonimo grande torrente che nei secoli ha depositato milioni di metri cubi di sedimenti. Sedimenti che oggi compongono i vari strati del terreno su cui poggiano strade e quartieri. Come riferito dai progettisti, lungo i 6,7 chilometri di tracciato dello Skymetro sono stati eseguiti tra giugno e settembre 26 sondaggi meccanici a carotaggio continuo e prove in foro e per trovare la roccia solida è stato necessario scavare in profondità: secondo quanto emerso dalle indagini geologiche, infatti, a valle del tracciato le prime rocce si trovano a 45 metri. Risalendo verso monte il tracciato, questa quota diminuisce. La quota minore è stata trovata presso ponte Monteverde, le cui rocce sono state trovate a “soli” 13 metri di profondità.
Un aspetto che aveva già messo in pre-allarme il Mit, che nella sua nota di novembre ha espresso perplessità sulla completezza di queste indagini: “per un corretto dimensionamento delle opere di fondazione e per completare in modo dettagliato il modello geologico ed idrogeologico di riferimento”, saranno necessarie ancora “perforazioni a carotaggio continuo” per trovare la roccia su cui fondare i piloni. E’ quanto è stato scritto nel documento ministeriale.
Secondo i progettisti questo non sarebbe un problema ostativo: gli aspetti geologici non condizioneranno “in alcun modo il posizionamento del tracciato, governato principalmente dalla necessità di minimizzare gli impatti sulla viabilità spondale, sia in fase definitiva sia in corso di realizzazione”. Insomma, la scelta di realizzare i piloni su fondazioni indirette è “sostanzialmente obbligata”.
“Una situazione ampiamente prevedibile – ci spiega l’ingegnere strutturista interpellato da Genova24, che preferisce però restare anonimo – visto che il bacino del Bisagno è uno dei più studiati e conosciuti della città. Di fatto un contesto del genere non preclude la possibilità di realizzare l’opera, ma impone di cambiare l’impostazione della palificazione di sostegno dei piloni prevista fino ad oggi. Se un palo non appoggia sulla roccia – sottolinea – può lavorare solamente su attrito laterale, di fatto galleggiando nel terreno sciolto. Quindi per raggiungere un coefficiente di sicurezza adeguato bisogna usare più pali e più profondi“. Secondo il primo progetto pubblicato i 200 piloni previsti sono dotati di un basamento di due metri ancorato a piloni profondi 6, “Probabilmente quindi non sufficienti per le caratteristiche del suolo indagato”.
Ma quindi come si può risolvere questo problema: “L’unica soluzione per evitare brutte sorprese è quella di aumentare questi pali, nel numero e nelle dimensioni, con la conseguenza evidente di una impennata dei costi, probabilmente molto pesante per tutto il bilancio dell’opera“.