Savona. Una Sala Rossa gremita. Una Sala Rossa che, grazie anche ai due maxi schermi posizionati nei corridoi del Comune, ha accolto tre diverse generazioni: nonni, genitori e figli. E’ questo quello che è riuscito a fare Patrick Zaki, invitato dalla Libreria Ubik per presentare il suo libro “Sogni e illusioni di libertà” e per appunto raccontare la sua detenzione in carcere in Egitto durata quasi due anni.
Il giovane attivista dei diritti umani è uno studente egiziano del programma di studi di genere “Gemma” dell’Università di Bologna (dove si è laureato con una tesi su giornalismo, media e impegno pubblico, ottenendo la laurea magistrale in letterature moderne con valutazione di 110 e lode), un giorno ha preso un aereo per tornare a casa e fare visita alla sua famiglia e al suo arrivo è stato accolto dalle forze dell’ordine. E’ stato imprigionato il 7 febbraio 2020 ed è stato scarcerato, ma non assolto, l’8 dicembre 2021. I campi di accusa? Istigazione alla violenza, partecipazione a proteste, terrorismo e gestione di un account sui social media finalizzato a minare la sicurezza pubblica.
Il 18 luglio è stato condannato a tre anni dal tribunale di Mansura, ma il 19 luglio è arrivata la grazia concessa dal presidente Al-Sisi.
Patrick ci puoi raccontare la tua esperienza del carcere al Cairo?
La mia esperienza è raccontata nel libro, è stata terribile e soprattutto il fatto di essermi trovato nella prigione e vivere la quotidianità con tutti gli alti e bassi che si possono pensare: da quello fisico a quello mentale per finire con l’umore. E’ stato anche terribile il fatto di non sapere dove fossi, che cosa mi sarebbe successo quindi è stata un’esperienza assolutamente negativa. Posso dire con certezza che in questo momento io mi sento molto più forte e molto più combattivo. Ho usato lo studio come forma di resistenza.
Cosa ti aspetti dal futuro? Quali sono i tuoi sogni?
Nel mio futuro c’è sicuramente il continuare a combattere per i diritti umani, voglio terminare il mio Dottorato per essere sempre più incisivo e sicuramente vedo il mio futuro un po’ in Egitto, dove vive mia moglie, e un po’ in Italia perché sono questi i miei due paesi.
Quanto è stato bello ma allo stesso tempo difficile uscire dalla prigione? Riabituarsi alla libertà non è sempre semplice ed immediato
Ho dormito due anni per terra, quando sono uscito ho subito pensato: “E ora come sarà ritornare a dormire in un letto?”. Riabituarmi alla vita normale è stato di una difficoltà estrema e mi sono sentito in dovere di trovare un aiuto psicologico perchè una situazione in carcere così forte ti lascia una ferita una cicatrice che non riesci mai totalmente a guarire quindi c’è bisogno che qualcuno ti tenga in piedi e faccia un lavoro enorme sulla psiche”.