Genova. Una vicenda ancora in gran parte da chiarire quella che ha causato scompiglio la scorsa notte nel quartiere di Sampierdarena con tamponamenti e inseguimenti (e diverse auto in sosta danneggiate) per una faida tra due famiglie rom. In sei, tutti piuttosto giovani (il più vecchio ha 30 anni, il più giovane 16), sono arrivati sabato notte da Roma per aggredire la fazione opposta, una famiglia rom residente a Genova che gestisce fra l’altro un concessionario di automobili in via Pacinotti a Sampierdarena.
Per adesso, dopo una notte in Questura, i sei sono stati tutti denunciati per porto di oggetti atti ad offendere perché a bordo della loro auto sono state trovate, mazze, pietre e chiavi inglesi. La denuncia era stata fatta sabato dai carabiniera dopo l’allerta scattata venerdì a tutte le forze dell’ordine dopo le minacce via social. Per tutti, ad eccezione del 16enne, il Questore ha disposto il foglio di via da Genova per due anni e due di loro sono stati denunciati per tentata estorsione dopo la querela presentata dal titolare del concessionario, minacciato tre giorni fa via facebook.
Ma la vicenda appare parecchio più ingarbugliata e, dopo l’intervento di questa notte delle volanti della polizia insieme alla polizia locale che è arrivata in supporto per il tamponamento e i danni alle auto in sosta, saranno i poliziotti commissariato di Cornigliano diretti da Simona Truppo ad approfondire le indagini. A partire dal misterioso incendio di una delle auto del concessionario, andata a fuoco a maggio e che aveva portato all’apertura di un primo fascicolo in Procura.
Anche quel rogo sembra collegato alla faida tra famiglie ma le indagini sono in corso. Poi c’è stata una rissa lo scorso settembre a Sestri ponente nel corso di una festa per un matrimonio rom: lì per lì gli investigatori hanno pensato si trattasse solo di eccessi alcolici ma anche questo episodio ora potrebbe nuovamente essere approfondito.
Da quanto emerso l’ultimo sgarro che ha portato alla spedizione punitiva sarebbe un ‘matrimonio mancato’ ma gli investigatori sono convinti che nemmeno le vittime delle minacce abbiano – almeno fino ad ora – detto tutta la verità.