Genova. Dopo infiniti rinvii dovrebbe essere giunto davvero il “giorno del giudizio” per l’ex Ilva. Oggi a Palazzo Chigi si incontrano il Governo – rappresentato dai ministri Giorgetti, Fitto e Urso – e i dirigenti di Mittal. Sul tavolo c’è la mossa in grado di sbloccare l’empasse e garantire una speranza di futuro all’acciaio in Italia: far salire Invitalia (l’azionista pubblico) dal 38% al 60% partendo dalla conversione in capitale dei 680 milioni già erogati col decreto legge del 5 gennaio 2023. Una soluzione auspicata da una parte dell’esecutivo, dai sindacati e da alcuni esponenti delle opposizioni come l’ex ministro Andrea Orlando.
La strada che vede il controllo passare in mano pubblica appare oggi quella più credibile per mantenere aperti gli stabilimenti, pagare i creditori, mandare avanti le bonifiche e nel contempo tutelare l’azionista privato. Nell’aumento di capitale Mittal non parteciperebbe diluendo così la propria quota azionaria. Dopodiché si dovrà imboccare una lunga strada che passa dalla revisione della governance societaria all’amministratore delegato (oggi è Mittal a esprimerlo), dal piano industriale alle sorti dell’indotto.
Anche a Genova la tensione è massima. Da mesi i sindacati denunciano continuamente gravi carenze nella manutenzione e rischi connessi per la sicurezza. Oltre ai numeri drammatici della produzione: la fabbrica di Cornigliano attualmente lavora 79mila tonnellate di stagnato contro le 350mila potenziali se gli impianti fossero mantenuti e 287mila di zincato contro le 700mila tonnellate se gli impianti girassero a pieno regime. A spiegarlo è stato ieri il segretario generale della Fim Cisl Liguria Christian Venzano: “Basti pensare che dal 2022, quando la produzione era già al di sotto delle potenzialità del sito nel 2023 c’è stato un ulteriore calo di produzione di 112mila tonnellate di zincato e 34mila tonnellate in meno per il ciclo di latta”.
Dagli esiti del confronto tra Governo e Mittal passa anche il futuro delle aree di Cornigliano, per le quali da tempo il Comune di Genova e la Regione Liguria hanno ipotizzato usi alternativi tramite una revisione dell’accordo di programma che ha registrato l’apertura di buona parte del fronte sindacale, comprese le forze più oltranziste. Nelle dichiarazioni di Bucci e Toti l’acciaio rimane “prioritario”, ma tutto dipenderà dalle garanzie che saprà dare la nuova compagine (se sarà tale) in termini di investimenti e soprattutto occupazione.
L’azienda, intanto, ha anche un problema urgente di pagamento delle forniture: il gas a Snam, innanzitutto, con un arretrato milionario che non ha portato al blocco della fornitura solo grazie all’intervento del Tar. Ma anche le aziende dell’autotrasporto che nei giorni scorsi hanno iniziato un presidio a oltranza davanti all’impianto di Taranto.