Impasse

Ex Ilva, fumata nera tra Governo e Mittal che rifiuta di investire anche da socio di minoranza

Il governo era pronto a prendere la maggioranza, ma Mittal ha detto no. Sindacati convocati l'11 gennaio

assemblea e corteo ex ilva 29 maggio

Genova. E’ rottura totale tra il Governo ed Arcelor Mittal nell’incontro decisivo che si è tenuto oggi a Roma per uscire dall’impasse degli stabilimenti ex Ilva. L’obiettivo dell’incontro era la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale che avrebbe dovuto far diventare Invitalia (il socio pubblico) azionista di maggioranza ale 66% di Acciaierie d’Italia. Mittal però secondo il Governo avrebbe dovuto investire la sua quota parte da ‘socio di minoranza’ pari a 320 milioni. Ma il gruppo franco-indiano, la cui delegazione era guidata dal Ceo Aditya Mittal, ha detto no.

“La delegazione del Governo ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva – si legge in una nota di Palazzo Chigi al termine del confronto – Il Governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale“. 

Il governo ha convocato i sindacati per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio. In quell’occasione i ministri competenti (all’incontro di oggi erano presenti il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il ministro degli Affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, quello delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il ministro del Lavoro, Elvira Calderone, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano) dovranno spiegare ai sindacati la strada che il Governo vuole intraprendere. 

Una strada comunque in salita. L’ipotesi più accreditata, secondo il quotidiano economico il Sole24ore, è quella dell’amministrazione straordinaria, che può essere richiesta dal socio pubblico, usando una norma del decreto 2/2023.

Ma di sicuro, visto la scelta di Mittal e conseguente decisione del Governo di mettere il tutto nelle mani del team legale di Invitalia, c’è da mettere in conto  un lungo braccio di ferro giudiziario tra i due soci. Un’altra possibilità è il ricorso alla composizione negoziata di crisi, procedura stragiudiziale che consente di attivare misure protettive a tempo per evitare che i creditori aggrediscano il patrimonio.

Ancora una volta i sindacati e i lavoratori, a Taranto come a Genova restano alla finestra, ma non per molto: “Sappiamo solo quello che abbiamo appreso dalla nota del governo – dice il coordinatore dell’rsu dello stabilimento di Cornigliano Armando Palombo – ma una cosa è emersa chiara e cioè che Mittal, che ha mandato il capo del gruppo all’incontro con il governo ha detto chiaramente che non vuole più metterci un euro. La palla ora passa al Governo che incontreremo giovedì e che deve decidere in fretta cosa fare perché il 10 gennaio ci sarà la nuova pronuncia del Tar relativa alla fornitura del gas agli impianti di Taranto dopo la sospensiva accordata. Il tempo stringe. Noi per ora rimaniamo in vigile attesa, almeno fino a giovedì“.

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