Recensione

Debutto tra gli applausi per il Fantozzi di Fantoni e Livermore al Teatro Ivo Chiesa fotogallery

Rivivono le celebri scene ideate da Paolo Villaggio diventate ormai patrimonio comune, messe in scena con originalità

fantozzi

Genova. Se si prova a chiudere gli occhi sembra di essere tornati indietro nel tempo. La voce di Gianni Fantoni è incredibilmente simile a quella che fu di Paolo Villaggio. Guardandolo non si può non apprezzare pure le movenze. Villaggio ci aveva visto lungo a designare Fantoni come suo erede e come accade nella commedia dell’arte con, per esempio, la maschera di Arlecchino che è passata da Ferruccio Soleri a Enrico Bonavera, ecco che Fantozzi continuerà a vivere da oggi non più solo attraverso i film indimenticabili che ormai si sono tramandate alle generazioni successive.

C’era tanta curiosità ieri sera tra il pubblico che ha esaurito il Teatro Ivo Chiesa per il debutto di ‘Fantozzi. Una tragedia’, nuova produzione di Teatro Nazionale di Genova, Enfi Teatro, Nuovo Teatro Parioli, Geco Animation (repliche sino all’11 febbraio). Gli applausi finali testimoniano che l’operazione, coraggiosa, ha suscitato l’apprezzamento del pubblico.

Davide Livermore, regista e autore della drammaturgia insieme a Fantoni, Andrea Porcheddu e Carlo Sciaccaluga, è riuscito a rendere omaggio a Villaggio sottolineando che prima di tutto il successo della sua maschera arrivò grazie ai libri di Fantozzi. Il primo uscì nel 1971 e fu pubblicato da Rizzoli Editore quattro anni prima dell’esordio al cinema. Un bestseller ripetuto con la seconda uscita nel 1974, tradotto in diversi Paesi, Urss compresa e con il terzo nel 1979. Livermore si ispira proprio a quei testi e con alcune trovate geniali riesce a trasportarli su un palco la cui scenografia è minimalista, formata da un piano inclinato bianco con sul fondo un pannello mobile scuro. Sono gli stessi attori a interpretare alcuni elementi diventati di culto − dalle palle di biliardo nella famosa partita con il conte Catellani alla stessa Bianchina, la sua celeberrima auto − e a creare, attraverso l’amplificazione dei microfoni, i rumori funzionali alla scena con voce e oggetti.

I personaggi ci sono tutti: la moglie Pina, la figlia Mariangela, il ragionier Filini, la signorina Silvani, il geometra Calboni, la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, il megadirettore e così via. Livermore aggiunge il dizionario fantozziano, con le note a piè di pagina declamate da una favolosa Simonetta Guarino che spiega al pubblico alcuni elementi dell’epoca che i più giovani potrebbero non conoscere e che poi torna in scena interpretando vari personaggi: dal cane da guardia Ivan il terribile XXXII che si esprime in genovese, alla spogliarellista della celebre scena di Fantozzi davanti alla tv.

Il gioco teatrale è spesso questo: aiutato da alcune parole d’ordine che interrompono e ridanno il via alla scena (insieme al cambio luci di Aldo Mantovani), i personaggi si rivolgono direttamente al pubblico in modo anche surreale, rompendo la quarta parete sin dall’inizio.

La struttura dello spettacolo è divisa in quattro atti, ciascuno dedicato a un tema: Fantozzi e il lavoro, Fantozzi e lo sport, Fantozzi e le donne, Fantozzi e la coscienza di classe (forse in quest’ultimo fatica di più a emergere l’aspetto più politico che è ben chiaro nei film) con tanto di coro ed epilogo e al termine di ogni episodio Livermore ha voluto inserire alcuni spezzoni di tragedie (da Eschilo a Shakespeare) per sottolineare l’analogia con le peripezie fantozziane che hanno la disfatta come unica soluzione possibile. L’effetto, paragonando i due linguaggi, è straniante.

Proprio il linguaggio coniato in Fantozzi è entrato ormai nel lessico comune: megapresidente galattico, anche poeta, la nuvola di Fantozzi, così come alcuni modi di dire (La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca) e sopratutto scene che ormai fanno parte della nostra storia comune e che vengono interpretate davvero molto bene da tutto il cast (oltre a Fantoni e Guarino Paolo Cresta, Cristiano Dessì, Lorenzo Fontana, Rossana Gay, Marcello Gravina, Ludovica Iannetti, Valentina Virando): dalla partita di tennis tra Filini e Fantozzi alla tragica passeggiata con la signorina Silvani, dall’innamoramento della Pina per il nipote del panettiere al capodanno del maestro Canelli. Si ride pur sapendo già cosa succederà.

Nel finale anche una riflessione sul ieri e sull’oggi che preferiamo non spoilerare.

Alla prima, ad accogliere il pubblico (in platea pure il futuro Paolo Villaggio televisivo, Enzo Paci), anche una vera bianchina nel foyer del rinnovato Teatro Ivo Chiesa i cui lavori sono stati conclusi solo in parte: la facciata sarà ristrutturata entro il 2024.

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