Genova. “Se c’è una cosa, l’unica cosa che possa essere considerata positiva nel confuso e paciugato progetto degli assi di forza, l’unica che meriti di sopravvivere di quel progetto, è quella della realizzazione di assi riservati per i mezzi pubblici. S’intende, stante gli innumerevoli difetti, revisionando significativamente questo aspetto, riportando la quota delle corsie gialle da meno del 50% ipotizzato al minimo previsto dal ministero del 70%, mettendo inoltre in campo notevoli aggiustamenti, ad esempio il non radere al suolo filari di alberi come in corso Sardegna e progettando corsie riservate realmente protette e con semaforizzazione preferenziale)”. Lo scrive in un comunicato l’associazione MobilitaGenova.
“Senza assi riservati che possano ridare affidabilità al transito dei mezzi pubblici e un miglioramento della velocità commerciale, qualunque altro intervento positivo sul tpl non convincerà più di tanto i genovesi che stanno abbandonando il trasporto pubblico (e affossando Amt) in favore di auto e scooter. E vorremmo che dai sindacati Amt su questo tema cruciale per l’azienda e per i lavoratori vi fosse più capacità di analisi – prosegue l’associazione -. Ancora una volta si ha la riprova che il Comune manca della capacità di fare le cose in modo serio. Ma come si possono aprire dei cantieri per delle corsie bus in periodo natalizio senza aver fatto alcuna comunicazione preventiva ma soprattutto senza aver svolto alcun tipo di condivisione con i cittadini, così come accaduto a Sampierdarena?“.
“È inevitabile che immediatamente si scatenino proteste, al di là del fatto che sia necessario fare le corsie riservate (e le corsie riservate servono a tutti, non solo agli utenti, ma a proprio a tutti, commercianti, residenti, lavoratori, studenti e turisti): senza partecipazione, condivisione e neanche l’ombra di comunicazione il risultato non può che essere una reazione negativa. Non si deve aver paura della trasparenza: se le cose sono fatte bene e animate di reale buon volontà la stra-maggioranza dei cittadini lo capirà. Ma che credibilità può avere il Comune in una politica di promozione del trasporto pubblico – si chiedono i soci di MobilitaGenova – se poi tutte le sue azioni risultano confuse se non contradditorie? Che credibilità può avere il Comune in una politica di promozione del trasporto pubblico quando lo stesso progetto degli assi di forza prevede il taglio di un milione di chilometri anno di servizio e infiniti interscambi forzati di bus che peggioreranno la vita degli utenti, e il modello di riferimento sono proprio i piani del passato tesi a risparmiare, ovvero a tagliare, non a migliorare il servizio?”
“In quanto alla mancanza di partecipazione ed al calare i progetti dall’alto, è la cifra di questa amministrazione, come riscontrato dai residenti di Sampierdarena e di molti altri quartieri cittadini. D’altronde è stato lo stesso sindaco a rivendicare un modo di operare non trasparente, ritenendo che siano trasparenza e partecipazione a creare problemi, mentre è proprio la loro assenza che li crea, come ha dimostrato anche la recente vicenda della commissione sugli assi convocata in ora e giorno del tutto infattibile per la stragrandissima maggioranza dei cittadini”.
“E proprio perché di corsie riservate efficienti il Tpl ha un disperato bisogno, non può che sconfortare il modo di agire raffazzonato e paciugato visto a Sampierdarena, che invece di favorire le corsie riservate, ne renderà più complicata la l’attuazione e porterà magari a soluzioni finte e del tutto inefficienti come le ridicole corsie ad ore un po’ parcheggi, assurdo unicum genovese, ma perfetto per far dire all’amministrazione comunale che sta facendo cose positive per il Tpl e gli utenti. A meno di non pensare male (cosa che ovviamente noi non facciamo, sia ben chiaro) e che l’intervento a Sampierdarena sia stato preparato ad hoc, in modo da scatenare deliberatamente le proteste, e permettere al Comune di poter poi fare marcia indietro e fargli dire che sta dalla parte dei cittadini e che le corsie a favore del Tpl non si possono fare, perché la gente non vuole“, conclude l’associazione.