Genova. Metà delle scuole a Genova non ha un piano di evacuazione o il documento di valutazione dei rischi, nel resto d’Italia invece ne sono dotati almeno l’80% degli edifici scolastici. La situazione resta grave anche sulla presenza di certificazioni. Sono alcuni dei dati scioccanti contenuti nel dossier edilizia scolastica pubblicato proprio in queste settimane dall’Associazione Genova che osa. Un documento che risulta tremendamente attuale alla luce del crollo del pavimento dell’asilo di Chiavari avvenuto ieri per fortuna senza feriti.
“L’asilo di Chiavari − spiega Lorenzo Azzolini di Genova che osa, essendo scuola paritaria, non è neanche mappato dai dati pubblici messi a disposizione dal ministero e da cui abbiamo attinto. In tante scuole mancano certificati antincendio e di agibilità. Quando ho scoperto queste carenze anche io sono rimasto scandalizzato, pensavo che fosse un errore”.
Analizzando dati e mettendo a confronto Liguria e Genova emerge un’altra questione: Genova è molto indietro su due aspetti collegati alla sicurezza.
Il 49,03% degli edifici non ha un piano di evacuazione (dati 2021/2022), mentre in Liguria la percentuale scende al 29,23%; il 48,14% non ha un documento di valutazione dei rischi (Liguria 29,98%), il 53,8% non ha il rinnovo della conformità antincendio (Liguria 55,24%), il 39,49% non ha la Scia antincendio (Liguria 49,69%), il 49,03% non ha un certificato di prevenzione incendi (Liguria 51,75%), il 69,15% non ha l’omologazione della centrale termica (Liguria 63,66%) e il 62,3% addirittura non ha il certificato di agibilità (Liguria 65,85%).
Solo per un confronto sulle prime due categorie, nel Nord Ovest il piano di evacuazione manca solo nel 9,75% degli edifici e il documento di valutazione dei rischi nell’11,79%.
“L’anno scorso − ricorda Azzolini − la consigliera regionale Selena Candia ha chiesto alla Regione dati aggiornati sull’edilizia scolastica e la risposta è stata che il sistema di raccolta dati che usa la Liguria non corrisponde alla situazione reale, ma non sono state date ulteriori indicazioni precise, limitandosi a sostenere che questo problema di inserimento dati si sarebbe risolto con la nuova anagrafe degli edifici Ares 2.0, attiva dall’autunno 2020. A oggi, con i dati del ministero aggiornati all’anno scolastico 2021-22, la situazione resta gravissima”.
I dati raccolti da Genova che osa collimano con quelli del rapporto annuale redatto da CittadinanzAttiva sulla sicurezza degli edifici scolastici che, parlando della situazione nazionale spiega: “Molteplici le cause di questi gravi ritardi, come non manchiamo di sottolineare da anni. Primo tra tutti la vetustà degli edifici, la cui età media si aggira sui 53 anni; la quasi totale assenza di finanziamenti da parte dello Stato per 20 anni dopo il passaggio del patrimonio edilizio ai Comuni, alle Province e, poi anche alle Città Metropolitane, ripresa in modo consistente solo a partire dal 2015; la scarsità di interventi, da parte degli enti locali proprietari, di manutenzione straordinaria e ordinaria, dovuta in molti casi alla mancanza di fondi o ai limiti imposti dal patto di stabilità (quando c’erano) ma, più in generale alla sotto percezione del grave stato in cui versano gli edifici scolastici e alla scarsa considerazione riservata da gran parte dei rappresentanti dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali all’edilizia scolastica in particolare e all’istruzione e al sistema scolastico più in generale, nidi compresi.”
I vari documenti e certificati di sicurezza, compresi i piani di evacuazione, sono maggiormente presenti negli istituti di secondo grado, quindi le scuole superiori. Mancano invece più si scende di livello, asili compresi.
Il piano di evacuazione a Genova manca nell’8,67% degli istituti di secondo grado contro il 65% degli istituti comprensivi, il 60,83% delle scuole di primo grado, il 57,82% delle primarie e il 63,08% degli asili. Percentuali simili per il documento di valutazione dei rischi.
“I licei e gli istituti superiori sono di competenza della Città Metropolitana − ricorda Azzolini − il resto delle scuole del Comune. Il problema, si spera solo di raccolta dati, è dunque probabilmente a livello comunale”.
Il dossier in realtà era nato come modo per capire quali spazi a disposizione hanno le scuole: “Volevamo concentrarci su quella parte − rivela Azzolini − perché modificare spazi della scuola è la base per arrivare a modificare la didattica e modernizzare questo istituto fondamentale. Anche alla luce di tutti i discorsi collegati al Covid che invece sono rimasti al palo. Un ex preside ci diceva che l’ambiente e lo spazio sono il terzo educatore. Siamo drammaticamente indietro”.
Il 30% delle scuole superiori non ha una palestra, percentuale che sale al 37,72% nelle primarie. L’auditorium manca nel 91,33% delle superiori e nel 78,53% delle primarie. Va meglio sugli spazi collettivi, dove c’è carenza solo nel 24% delle superiori e nel 17,99% delle primarie.
I dati 2022-2023 fotografano un contesto in cui il 79,14% degli istituti genovesi è inserito in un ambiente con elementi di disturbo: dal grande traffico (6,8%) a criticità specifiche dell’area scolastica (23,08%) o la presenza di industrie a rischio o inquinanti. Un dato che è in linea con il resto d’Italia.
Anche per l’accessibilità a Genova ci sono ancora scuole prive di porte di larghezza minima (47,78%) di servizi igienici per disabili (34,32%), di ascensore per trasporto disabili (58,28%), di scale a norma (58,73%) e di accorgimenti per il superamento delle barriere architettoniche (19,97%).
“Ricordo una scuola del Lagaccio che aveva consigliato una famiglia a iscrivere il figlio disabile altrove − evidenzia Azzolini − e in ogni caso anche le scuole che adottano accorgimenti per superare le barriere architettoniche, spesso si concentrano solo sul piano terra. In una società che vorrebbe essere più inclusiva è una sconfitta”.
Con il Pnrr il Comune di Genova ha previsto 23 interventi in 22 scuole per 44 milioni di euro, con l’obiettivo di fine lavori 2025 oltre ad altri cinque milioni circa già impegnati dal Comune per ulteriori lavori di adeguamento.
“Purtroppo per decenni non si è scelto di investire in modo significativo e nella città del Ponte Morandi sappiamo bene che intervenire prima è meglio che dopo il danno. Occorre una presa di coscienza collettiva”, afferma Azzolini.