Genova. L’applauso di sortita che lo accoglie nella replica di mercoledì 15 novembre alla prima apparizione in scena testimonia quanto Ugo Dighero sia entrato ormai nel cuore del pubblico. Comico, attore poliedrico, amato per le sue interpretazioni in tv (l’ultima il padre di Blanca), Dighero dimostra di sapersi misurare con un classico del teatro come l’Avaro di Molière donando al suo Arpagone diverse sfaccettature: la durezza ostinata di un padre che antepone i soldi alla felicità dei figli, l’ironia nelle risposte sottolineata dai gesti, la rabbia per il furto subito che lo riporta a una dimensione bestiale, scimmiesca, fino all’improvvisa consapevolezza di essere rimasto solo nel finale un po’ amaro. Dighero è perfetto nell’interpretazione tragicomica di un testo che nella nuova traduzione di Letizia Russo calza a pennello a questa versione contemporanea del regista Luigi Saravo.
Non è però un one-man-show quello messo in scena al Teatro Modena di Sampierdarena sino al 26 novembre, nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova con il Teatro Stabile di Bolzano, il Centro Teatrale Bresciano e Artisti Associati Gorizia. Dighero-Arpagone è certamente il cardine di tutto, ma lo spettacolo è corale, supportato da un bel cast di attori e vive di un buon ritmo e di qualche invenzione geniale come un coro di voci bianche che declama offerte, tassi di interesse e prezzi, a cui Arpagone tenta di resistere.
La trama: Arpagone è un vedovo talmente attaccato ai soldi, che è disposto a sacrificare la felicità dei figli, pur di non dovere fornire loro una dote e anzi acquisire nuove ricchezze attraverso i loro matrimoni. Si è innamorato di Marianna, ignorando che il figlio Cleante sia a sua volta innamorato di lei. Ha promesso la figlia Elisa ad Anselmo, un anziano e ricco vedovo, senza sapere che lei ama il domestico Valerio, che ha accantonato le sue nobili origini per guadagnarsi la fiducia di Arpagone stesso. I due figli nascondono le loro reali intenzioni per timore della reazione del padre. Nel frattempo Arpagone è ossessionato dal terrore che qualcuno gli rubi la cassetta coi diecimila scudi che tiene sepolta in giardino. Teme che Saetta, servo di Cleante, lo stia studiando per sapere dove tenga il suo tesoro. Nel frattempo scopre che i soldi che doveva prestare a tasso da usura attraverso Mastro Simon dovevano andare a suo figlio. Arriva Frosina, ruffiana mezzana che cerca di combinare al meglio i due matrimoni per ottenerne un tornaconto economico, e convince Arpagone a organizzare una cena per conoscere Marianna. All’arrivo della ragazza diventa inevitabile il confronto e lo scontro tra i due uomini di casa. Mastro Giacomo, cuoco e cocchiere di Arpagone, cerca di farli riappacificare mentendo a entrambi, ma l’idillio dura poco. Il servo Freccia riesce a impadronirsi della cassetta e esorta Cleante a scappar via con lui. Arpagone convoca un commissario per indagare e Mastro Giacomo accusa Valerio. Convocato, Valerio non capisce che le accuse riguardano i soldi e confessa invece la firma della promessa di matrimonio con Elisa. Il finale è un tourbillon di sorprese che riguardano l’origine di Marianna e Valerio in relazione ad Anselmo.
Molière non è tradito, anche se Saravo si prende qualche licenza per attualizzarlo: dalla scena iniziale con l’amore fisico e giocoso tra Elisa e Valerio, passando per i selfie e le belle musiche pop-rock di Paolo Silvestri.
La lettura del regista evidenzia la contrapposizione tra il mondo ‘vecchio’ dell’accumulo e lo sperpero di chi vuole goderseli. Due mondi che hanno nei soldi un comune denominatore, come recita la canzone finale. Alla fine, forse, la differenza sta proprio se si riescono a condividere con le persone che si amano.
I costumi di Lorenzo Russo Rainaldi esaltano l’eccessiva sobrietà degli abiti di Arpagone, che sembra davvero di un’altra epoca, con la sfrenata attitudine modaiola soprattutto di Elisa, Cleante, Frosina e persino Saetta tra capi Chanel e Gucci.
La scenografia, dello stesso Rainaldi e di Luigi Saravo, è costituita da una parte fissa fatta di porte senza ante che danno sulle quinte e una apribile che conduce verso il giardino e il nascondiglio della cassetta. La parte mobile è rappresentata da vetrinette con abiti e oggetti che contribuiscono, insieme alle efficaci luci di Aldo Mantovani, a creare stanze e situazioni differenti durante lo spettacolo.
Applausi per tutti, Mariangeles Torres nel doppio ruolo del servo Freccia e della mezzana Frosina, Stefano Dilauro (Cleante), Elisabetta Mazzullo (Elisa), Fabio Barone (Valerio), Paolo Li Volsi (Mastro Giacomo), Rebecca Redaelli (Marianna), Cristian Gianmarini (Anselmo, Mastro Simon) e lo stesso Luigi Saravo (il commissario).
Domani, 17 novembre, serata Velvet con dj set e aperitivo prima dello spettacolo.
Il titolo partirà in tournée dal 28 novembre sino a marzo.