Genova. Infrastrutture per superare l’isolamento, inversione di tendenza nell’andamento demografico e norme meno vincolanti per chi vuole frazionare grandi superfici. È questa, secondo la Federazione degli agenti immobiliari professionali, la ricetta per aumentare il valore delle case a Genova. Ancora più delle operazioni di rigenerazione urbana, il cui reale impatto al di là dei quartieri strettamente interessati è ancora tutto da valutare. Il tutto in un quadro di contrazione del mercato, frenato dall’aumento dei tassi di interesse che mette limiti più stringenti ai mutui, che tutto sommato penalizza il capoluogo ligure meno di altre grandi città. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Segalerba, esperto della realtà genovese e presidente nazionale della Fiaip.
Come sta andando il mercato immobiliare a Genova?
“L’andamento generale del primo semestre fa segnare a livello nazionale un meno 12,5% di transazioni. A livello cittadino siamo intorno a meno 10%. Il problema è legato ai mutui che hanno registrato un calo del 30% nel primo semestre rispetto all’anno precedente. Questo ha fatto sì che circa il 7% di potenziali clienti si riverberasse sul mercato delle locazioni. Soprattutto le fasce più fragili, ma anche i giovani, non riescono più ad acquistare casa. Se l’anno scorso ottenevo 160mila euro di mutuo con una rata di 700 euro, adesso ce ne vogliono 900”.
Questo rallentamento si riverbera sui prezzi?
“Al momento no. Il riallineamento di solito richiede un anno e mezzo, due anni. Al momento non ci sono segnali di discesa dei prezzi. C’è da dire che a livello nazionale, soprattutto in aree come Milano o Bologna, c’era stato un forte incremento dei prezzi, mentre a Genova non abbiamo avuto quella crescita esponenziale, per cui un eventuale rallentamento non porta a situazioni particolari. Da noi non ci sono stati picchi del 20% visti altrove. Peraltro non abbiamo ancora raggiunto nemmeno i valori precedenti alla crisi dei mutui subprime del 2008 dopo che il mercato dal 2013 ha segnato nove rialzi consecutivi, eccezion fatta per il 2020, anno del Covid. Anzi, l’anno scorso abbiamo toccato il record di compravendite: nel 2022 Genova ne ha registrato 9.182, la città metropolitana poco più di 12.500″.
Genova è una città in trasformazione. Tra le operazioni di rigenerazione urbana la più attesa e pubblicizzata è il Waterfront di Levante. Questi nuovi immobili all’avanguardia trascineranno i prezzi anche nel resto della città? O forse, come prevede Moretti di Cds, tutti gli altri palazzi sembreranno datati al confronto?
“Sono immobili belli, ad alta efficienza energetica. Ma per arrivare a dire che saranno da traino per l’intera città, o che tutto il resto sarà vecchio, credo ci sia un po’ di strada da fare. Il problema di Genova è che lo stock immobiliare è sovradimensionato rispetto alla popolazione. Negli anni Ottanta eravamo 850mila e ci stavamo, ora siamo meno di 600mila e avanza spazio. Grazie ai parcheggi e al parco in piazzale Kennedy è chiaro che avranno un beneficio la Foce, corso Saffi, Carignano, che comunque presentano già prezzi più alti della media, ma nutro qualche dubbio che lo stesso possa accadere a Marassi o Quezzi, anche perché il mercato probabilmente andrà in contrazione nei prossimi due anni. Teniamo conto che la nostra è una città lunga e stretta, non è fatta a cerchi concentrici”.
L’eventuale abbattimento della Sopraelevata quanto potrà influire?
“Non è tanto il semplice fatto di abbatterla a generare un aumento di prezzo. A quel punto, col tunnel subportuale, avremo un cambiamento epocale, una città completamente diversa, e quindi potrà trarne beneficio tutta la zona centrale. Credo che oggi nessuno oggi possa dire che quelle case costeranno il 10% o il 15% in più, o magari valori ancora più alti. D’altra parte, se di fronte alle finestre della ripa maris o di via Gramsci tiro giù sopraelevata, è chiaro che quei palazzi ne avranno un beneficio, ma per le case di Prè che si affacciano lì non cambierà nulla se prima non risolvo il problema che c’è sotto”.
A proposito di sopraelevate, in Valbisagno il tema caldo è lo Skymetro. Alcuni sostengono che un impalcato a 12 metri d’altezza davanti alle finestre farà precipitare il valore degli immobili, altri prevedono un grande sviluppo della vallata – e quindi una crescita dei prezzi – grazie all’arrivo metropolitana. Chi ha ragione?
“Sicuramente la Valbisagno ha problemi di viabilità e una struttura del genere è importante per risolverli, ma l’impatto per alcuni rischia di essere invasivo, soprattutto per quelle zone che hanno un mercato già di per sé abbastanza critico. Certo, a Molassana secondo me ci guadagneranno: arrivare in centro in 10 minuti può cambiare la vita. Ma da piazzale Parenzo in giù, a Marassi, in via Moresco, man mano che si scende verso Brignole, il vantaggio diventa sempre meno rilevante perché ci si muove facilmente a piedi. A quel punto, se mi trovo una sopraelevata davanti alle finestre, prevale il rischio di una svalutazione immobiliare. A San Fruttuoso, invece, il beneficio sarà sensibile”.
Eppure a Genova l’unico quartiere realmente servito dalla metropolitana, Certosa, non sembra averne mai beneficiato…
“Quella zona, come buona parte del Ponente, era debole e continua ad esserlo. Abbiamo anzitutto un sovradimensionamento dello stock immobiliare, di scarso livello qualitativo. Ed è stata oggetto di un’ondata di immigrazione importante che ha cambiato gli equilibri all’interno della società. In questo momento in via Bercilli, via Pindemonte, via Ariosto si vendono immobili a 40-50mila euro. D’accordo che c’è la metropolitana, ma il potenziale acquirente è quasi sempre uno straniero, e nonostante prezzi così bassi è più difficile vendere perché non c’è accesso al credito. Le faccio un esempio: abbiamo un immobile in viale Buonarroti, oltre 100 metri quadri con posto auto e vista aperta sulla Valpolcevera a 95mila euro. È in un palazzo degli anni Sessanta molto energivoro che costa 3mila euro all’anno di amministrazione. Anche 200 euro al mese, dovendo aggiungere una rata di mutuo, sono tanti”.
Dunque come si può invertire la tendenza a Genova, che nonostante tutto resta fanalino di coda tra le grandi città?
“Ciò che può far cambiare il mercato immobiliare sono le infrastrutture. Il collegamento a Milano con l’alta velocità ferroviaria è la principale opera che modificherà l’aspetto della città. Bisogna risolvere i problemi legati alla viabilità autostradale. E poi servirebbero 100mila abitanti in più tra i 20 e i 40 anni, la fascia d’età che consuma e fa figli. Il problema è che abbiamo una città sempre più vecchia e un patrimonio immobiliare non più adeguato alle richieste del mercato. Pensiamo a Castelletto, una zona edificata a fine Ottocento, con immobili di 350-400 metri quadrati in classe A1, quindi senza benefici fiscali, dove si pagano 6-7mila euro all’anno di Imu, abitati da una, al massimo due persone. In corso Firenze, una zona di pregio, non si arriva a 2mila euro al metro quadrato. Il punto è riuscire a mantenerla, una casa del genere. Lo stesso discorso vale in parte per Carignano. Serve un progetto più grande di riqualificazione urbanistica”.
Cioè?
“Bisogna consentire il frazionamento. Oggi per farlo è necessario asservire un posto auto, ma gli spazi non ci sono. Dare la possibilità di frazionare più facilmente significa rendere appetibili quegli immobili per le nuove generazioni. Anche il cluster universitario avrebbe una sua importanza: vent’anni fa c’erano molti più ragazzi che gravitavano sul centro storico, oggi le dinamiche sono cambiate. E questo però deve integrarsi in un piano strutturale di mobilità. In via Caffaro, a metà strada tra il centro e Castelletto, con un senso unico in salita ed enormi problemi di parcheggio, si vende veramente a mille euro al metro quadrato”.
È realistico pensare ad abbattere caseggiati nelle zone collinari, dove si è costruito in maniera disordinata nel Dopoguerra?
“Sicuramente tutte le zone collinari hanno problemi enormi, anche di staticità degli immobili. In queste zone il valore diminuisce di continuo e non aumenta neanche nelle fasi di crescita del mercato, a meno che non si registri una crescita importante dal punto di vista demografico che modifichi gli equilibri. Ma un piano di diradamento richiederebbe un intervento ciclopico. Meglio mantenere i piedi per terra”.
Quindi in sostanza puntare ad avvicinarsi sempre di più a Milano?
“Dopo il crollo del ponte Morandi la città ha suscitato più attenzione. Da due o tre anni ci sono investitori e aziende milanesi che stanno acquistando immobili a Genova credendo all’arrivo dell’alta velocità. Neanche a Cormano comprano a prezzi così bassi, perciò il rapporto di redditività è molto importante. Il milanese cerca tendenzialmente case grandi in quartieri come Castelletto o comunque con vista aperta fino al mare. E c’è una forte richiesta sul centro storico. Ma questo è un po’ l’ultimo treno, se lo perdiamo rischiamo davvero di diventare una città di provincia. Non concordo con chi dice che dobbiamo diventare satelliti di Milano. Però, mentre loro non hanno bisogno di Genova, noi senza di loro non abbiamo futuro”.