Genova. Altra giornata di attesa per il futuro dell’ex Ilva: oggi si aggiorna l’assemblea dei soci iniziata lo scorso 23 novembre a Milano, appuntamento cruciale per capire se ci saranno novità a valle della trattativa segreta tra Governo e ArcelorMittal.
Il tema è stato tra quelli trattati a margine dell’assemblea pubblica di Confindustria Genova in scena stamattina nel capannone di Phase Motion Control in quelli che un tempo erano gli spazi di Piaggio Aero.
“Aspettiamo l’esito dell’assemblea, è il momento della verità, non so quali altre prove di appello ci debbano essere. Quello che penso l’ho già detto più volte: se la più grande siderurgia del mondo mette soldi e management per salvare il più importante impianto italiano questa è la soluzione migliore, ma se non fa questo bisogna cambiare pagina – commenta Antonio Gozzi, presidente di Federacciai -. Il ministro Giorgetti ha detto molto bene che in una società in cui uno dei soci ha il 62% e l’altro il 38%, se c’è bisogno di capitali il socio maggioritario deve mettere il 62% delle risorse e quello minoritario, lo Stato, il 38%. Sembra quasi banale ricordarlo ma vediamo che cosa succede. Speriamo cose buone”.
“Questo Paese deve decidere se l’acciaio lo vuole o no. Io credo che sia fondamentale averlo e spero in una soluzione positiva perché Adi è un asset strategico per il nostro Paese – ha aggiunto il presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi -. Molte delle catene di fornitura e del valore aggiunto dipendono dalla fornitura dell’acciaio di Taranto e degli altri siti produttivi. Spero che si trovi una soluzione che vada nella giusta direzione non solo per Adi ma per tutta la manifattura italiana”.
A Genova è sempre viva sullo sfondo, tra gli industriali ma soprattutto tra gli operatori della logistica, la discussione sulle aree di Cornigliano, 1,1 milioni di metri quadrati vincolati all’acciaio dall’accordo di programma del 2005. Acciaio che il Consiglio comunale ha definito “prioritario” all’unanimità, senza tuttavia escludere ragionamenti paralleli nel caso in cui la vicenda ex Ilva non si chiudesse col rilancio sperato.
Non è escluso, tuttavia, che acciaio e logistica possano andare di pari passo. Federacciai da anni sta cercando di “mettere le mani su un pezzo di Marghera per fare un terminal consortile dedicato alla siderurgia e non ci si riesce perché i monopolisti pagano cifre che i siderurgici non si possono permettere – ricorda Gozzi a Genova -. La nostra ricerca continua a esserci, ma continua a non ottenere risultati. Ci sarebbero 3-4-5 imprese siderurgiche, tra cui Duferco, che sarebbero pronte domani mattina a investire in un terminal come Marghera in cui far arrivare rottame, ghisa, tondo da cemento armato, travi, però è uno sforzo difficile e in salita”.
E se quel terminal anziché nel Nord Est fosse nelle aree ex Ilva di Cornigliano? “È un tema delicato, di parità, cioè di costo del trasporto dall’azienda al porto e viceversa – risponde Gozzi -. L’area dell’occidente vede più lontane le acciaierie e quindi logisticamente è meno efficace, però mai dire mai. È talmente importante per noi presidiare quest’area di business che siamo aperti a qualunque riflessione. Il bello dell’elettrosiderurgia italiana è che sempre di più ci muoviamo come sistema e non come singole aziende”.