Genova. “Nessuno giudica nessuno, però a tutti diciamo forte e chiaro che la barca sta affondando e, se affonda, affondiamo tutti: quelli che fanno lo sciopero e quelli che fanno i crumiri“. Parole nette quelle di Armando Palombo, storico delegato della Fiom Cgil nella Rsu dell’ex Ilva, dopo la manifestazione di ieri al grido di “Basta cassa integrazione” coi mezzi da lavoro portati in corteo.
Oggi l’assemblea davanti all’ingresso della fabbrica di Cornigliano non ha deliberato ulteriori proteste, ma si conferma lo stato di agitazione in attesa di nuove iniziative di lotta coordinate a livello nazionale sulla scia di Genova e della mobilitazione unitaria – come non accadeva da anni – partita la scorsa settimana da Taranto. E mercoledì (domani) ci sarà l’incontro in Regione col presidente Toti e il sindaco Bucci.

“Ieri è stato un segnale alla città e al governo, è l’inizio di un percorso – ha esordito Nicola Appice, coordinatore della Rsu per la Fim Cisl -. Oggi si incontreranno i segretari generali e i coordinatori di Fim, Fiom e Uilm per decidere mobilitazioni più intense a livello romano. Dobbiamo tenere il livello alto. L’adesione di ieri è stata ottima, considerato che solo il 20% dei lavoratori era presente nello stabilimento. Possiamo ritenerci soddisfatti, il segnale è andato oltre la Liguria”.
“È stato un segnale chiaro, anche se l’ad Morselli ha ribadito che l’azienda sta andando sempre meglio e questa è un’offesa ai lavoratori- attacca Fabio Ceraudo, delegato della Usb -. È necessario che tutti i delegati in Rsu chiedano forme di lotte concreta, dobbiamo bloccargli il sistema come si faceva una volta. E l’autogestione è l’unico modo di bloccare un sistema. L’unico modo è una lotta unitaria per mettere il governo con le spalle al muro, senza colori e bandierine”.

“La lotta di ieri è stata fatta da chi ha preso le tenaglie e ha tagliato la recinzione e da chi ha guidato i mezzi: un nome e un cognome – prosegue Palombo -. Sette persone hanno dormito qua stanotte. Lo abbiamo fatto per vincere? No, non abbiamo vinto nulla, ma abbiamo ottenuto uno spazio mediatico per mettere in luce la sfacciataggine dell’ad che dipinge un mondo che non esiste. Però dobbiamo durare nel tempo. Oggi si aspettano che andiamo a occupare la fabbrica, ma non lo facciamo sapendo che potremo fare altro a sorpresa. Se andiamo verso la fine quella di ieri sarà solo una passeggiatina”.

Per Acciaierie d’Italia continua la situazione di stallo: lo Stato, tramite Invitalia, non pare intenzionato a rilevare la maggioranza del pacchetto azionario in attesa di “verificare il concreto impegno del socio privato (Mittal) al rilancio dell’impianto”. Al contrario, il colosso dell’acciaio ha deconsolidato le attività italiane e continua a far ricorso alla cassa integrazione. Il presidente Franco Bernabè, espressione di Invitalia, ha rimesso il mandato nelle mani della premier Giorgia Meloni.
Nel frattempo a Genova è sempre più forte l’allarme legato alla sicurezza e alla manutenzione degli impianti, con una produzione ridotta al lumicino nonostante le potenzialità dello stabilimento nella banda stagnata e nella zincatura. Le aree ex Ilva, oltre un milione di metri quadrati, fanno gola a una cordata di aziende della logistica che ha già presentato una manifestazione di interesse con previsione di offrire 400 posti di lavoro. I sindacati difendono strenuamente la siderurgia e lo ripeteranno anche mercoledì al tavolo con Toti e Bucci.
leggi anche

Ex Ilva, l’ad Morselli: “Non è un momento brutto per l’azienda, in quattro anni più bella e potente”
