Parole chiare

Ex Ilva, Gozzi: “È l’ora della verità. Le aree di Cornigliano? La posizione della Fiom la dice lunga…”

Il presidente di Federacciai: "Se Mittal non investe lo Stato deve farsi carico del problema. E senza decarbonizzazione l'azienda chiude"

Gozzi

Genova. Trovare subito una soluzione per salvare la siderurgia come asset strategico in Italia o l’ex Ilva andrà inesorabilmente incontro alla chiusura. Sono parole chiare quelle di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e del gruppo Duferco, a margine del convegno inaugurale della Shipping Week a Palazzo San Giorgio con un titolo emblematico: “Rotta fra gli scogli”.

Rischiamo di andare sugli scogli innanzitutto per la situazione di grandissima tensione che si è verificata con l’aggressione di Israele da parte di Hamas che apre un un quadro geopoitico molto complicato – premette Gozzi -. Questi sono i primi gravi scogli per un paese come l’Italia che pensa che il Mediterraneo debba essere un mare di pace, di cooperazione. Ma anche Acciaierie d’Italia rischia effettivamente di essere tra gli scogli”.

Proprio oggi a Roma si riunisce il coordinamento nazionale dei sindacati metalmeccanici dell’ex Ilva – Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm – in tutto circa 200 lavoratori tra cui una folta delegazione dalla fabbrica di Cornigliano. Quella che si prepara è una settimana di mobilitazione permanente per indurre il Governo e Mittal a sbloccare una situazione di stallo sempre più pericolosa, non solo per il futuro degli stabilimenti ma anche per la sicurezza di chi opera accanto a impianti carenti di manutenzione. Come quelli di Cornigliano.

“Il socio privato deve decidere cosa vuole fare. Io ripeto che, se ArcelorMittal, che è la prima siderurgia del mondo, è disponibile a mettere soldi e management per salvare l’impianto industriale italiano più importante, non c’è soluzione migliore. E però se non lo fa bisogna cambiare registro – avverte Gozzi -. Il tempo stringe perché il degrado di una situazione in cui non c’è capitale circolante, si fanno poco gli investimenti, non può essere prolungato più di tanto. Mi sembra che sia venuto il momento della verità e delle scelte, speriamo che ci sia una soluzione che consenta all’Italia di continuare a mantenere questo che è un asset strategico per l’industria nazionale della trasformazione del metallo”.

Alternative? “Non sta a me indicare altre soluzioni, tenendo conto che lo Stato è socio dentro Acciaierie d’Italia, quindi direi che Palazzo Chigi e via Veneto devono farsi carico del problema e devono trovare una strada per consolidare l’occupazione, consolidare l’asset strategico, proseguire nel processo di decarbonizzazione. Se l’Ilva non decarbonizza chiude. Non si può sostenere un extracosto a partire dal 2027 di 200 euro alla tonnellata di acciaio che è pari all’acquisto delle quote di CO2 che saranno necessarie per produrre quell’acciaio, tenuto conto che dal 2027-2028 le quote gratuite non ci saranno più. La decarbonizzazione, come dice Bernabè, è un fatto ineludibile”.

Nel frattempo è arrivato a una svolta storica il dibattito sul futuro delle aree occupate dall’ex Ilva a Cornigliano. La Fiom Cgil, seguita dalla Fim Cisl, ha aperto per la prima volta alla possibilità di rivedere l’accordo di programma se tra un anno la situazione non si sarà sbloccata. “La priorità è salvaguardare reddito e occupazione”, hanno ribadito i sindacati, fino a poco tempo fa irremovibili sulla destinazione di quegli spazi (1,2 milioni di metri quadrati) alla siderurgia.

“Io ho il dovere di dire che le aree servono alla siderurgia, però questa posizione della Fiom mi ha colpito, nel senso che è una novità assoluta che la dice lunga anche sul grado di di fiducia che la Fiom ha sulla prosecuzione della siderurgia – commenta Gozzi -. Obiettivamente non era mai avvenuto che la Fiom dicesse vediamo che cosa succede, poi tra un anno se ne riparla. Ho sempre sostenuto che la strada giusta è quella dell’industrializzazione, l’industrializzazione terza rispetto alla siderurgia forse può essere compatibile col mantenimento della siderurgia, i tecnici devono studiare l’argomento. I siderurgici son sempre molto egoisti rispetto alle aree, la siderurgia chiede spazi e quindi è logico che la siderurgia dica: no, quelle sono aree mie e ne ho bisogno io. Tutto dipende da cosa succederà a Taranto: è evidente che, se Taranto va avanti si fa un certo tipo di discorso, se Taranto non ce la fa il discorso cambia assolutamente”.

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