Genova. “Io non voglio un altro, io voglio lui”. Fulvio Sposaro è un rugbista ancora prima di essere un imprenditore. Può sembrare retorico ma nel rugby sono fondamentali valori come la determinazione, il gioco di squadra e anche il rispetto delle regole. A volte le regole, però, sembrano fatte apposta per complicare le cose anziché semplificarle e Fulvio Sposaro se n’è reso conto in questi ultimi anni. Perché? Perché a causa delle leggi italiane sull’immigrazione un suo dipendente e amico, Victor, 37 anni, nigeriano, è bloccato nel paese africano e non riesce a tornare a Genova. Dove ha un contratto a tempo indeterminato e una casa.
Fulvio Sposaro è il titolare di EdilJump, impresa specializzata dal 1995 nell’edilizia con tecniche alpinistiche. “Insomma ristrutturiamo campanili, chiese, grattacieli, un lavoro – racconta – per cui si fatica a trovare personale capace. Cinque anni fa pubblico un annuncio di lavoro al quale non si presenta nessuno, come peraltro accade anche oggi, allora, tramite conoscenze, mi viene suggerito di rivolgermi a Don Giacomo Martino e alla fondazione Migrantes per vedere se per caso al centro di Coronata ci fosse qualche giovane interessato a essere formato e assunto”.
E’ sulla collina di Coronata che l’imprenditore fa la conoscenza di Victor. “Mi è stato presentato come un ragazzo che si dava da fare e in breve realizzo che è una persona in gamba, una bella testa, estremamente preciso, sempre in anticipo. Lo assumo a tempo indeterminato, lo supporto con una formazione specifica e ben presto questo ragazzo diventa un amico, per me e per gli altri colleghi in azienda”.

Victor è arrivato dalla Nigeria nel 2015. Il suo viaggio, l’incubo che in tanti raccontano: i chilometri attraverso il deserto, i soprusi in Libia, la traversata su un barcone, spendendo tutti i propri risparmi per dare una vita migliore a se stesso alla famiglia che ha lasciato in Nigeria. Poi l’accoglienza grazie alla fondazione Migrantes, in seno alla Curia, e quel lavoro stabile in Italia che se è un sogno per un italiano, figurarsi per chi arriva così da lontano.
Un “migrante economico”, sarebbe definito Victor da qualcuno. Eppure appena arriva in Italia, per restarci in maniera regolare, Victor fa richiesta di asilo politico. Richiesta che gli viene respinta una prima volta e che solo successivamente prende la strada, tortuosa, dell’iter burocratico necessario.
Ma con un contratto a tempo indeterminato, una casa di residenza e una rete di supporto stabile il ragazzo, ormai uomo, sente l’esigenza di fare quello che avrebbe dovuto fare già prima di partire: sposare la sua fidanzata. E così torna in Nigeria.

“E’ stata una grande festa, lei una ragazza bellissima, lui elegantissimo – racconta Sposaro, mostrando le immagini delle nozze – Victor era convinto di poter tornare in Italia senza problema avendo un lavoro qui, e noi anche pensavamo fosse tutto ok, ma non è stato così, nel momento in cui si è rivolto all’ambasciata per ottenere il visto, gli è stato rifiutato”.
Le motivazioni che hanno fatto scattare il diniego sono legate al decreto flussi ma ci sono una serie di cortocircuiti normativi che hanno reso impossibile, a oggi, risolvere la situazione. “Le abbiamo provate tutte, ci siamo rivolti a consulenti del lavoro e all’ambasciata, con mia moglie e mio figlio abbiamo tentato qualsiasi strada per smuovere le acque – racconta Fulvio Sposaro – abbiamo provato a ottenere il “foglio blu”, un permesso di lavoro per maestranze altamente specializzate ma chi gestisce i flussi non considera la nostra attività altamente specializzata”.
Da tenere conto poi un altro problema insormontabile: il permesso temporaneo legato alla richiesta dello status di rifugiato non poteva essere trasformato in un permesso di lavoro mentre l’operaio era ancora in Italia perché l’iter era in corso. “Ci siamo chiesti se abbiamo sbagliato in qualcosa, ma la risposta è no, è che questa situazione è assurda”.
Nel frattempo Victor e sua moglie hanno avuto un figlio. “Lo considero come un nipote”, dice Sposaro. “Sono arrabbiato, stiamo aspettando che ci dicano come si riapriranno i flussi ma non abbiamo molta speranza, quello che mi sembra inaccettabile è che Victor è bloccato ad Abuja mentre qui ci sono ragazzi che hanno ottenuto non si capisce in che modo un permesso di soggiorno regolare visto che sono disoccupati, e magari sono finiti a svolgere attività illecite, io non ho paura di dire che credo ci sia qualche mafia dietro”.
Mentre parla di Victor, l’imprenditore racconta quello che è più di un dettaglio. Victor, nei suoi primi tempi a Genova, era diventato amico di Prince Jerry, 25enne nigeriano che si era tolto la vita perché gli era stato negato il permesso di soggiorno. Prince era laureato in chimica e in Italia aveva iniziato a lavorare. Anche quella una storia che avrebbe potuto avere un lieto fine, e non la ha avuta. Da rugbista, Fulvio Sposaro, non si arrende: vuole che Victor abbia il lieto fine che si merita, e rivuole il suo operaio migliore. “Non voglio un altro, io voglio lui”.
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