Genova. Tra cinque mesi nascerà una bambina che si chiamerà Monica. Avrà la pelle scurissima, come quella dei genitori, migranti, arrivati da un paese del centro Africa. Mamma e papà hanno deciso di chiamare la figlia come la donna che, insieme ad altri cittadini e agli operatori di una cooperativa, si è presa cura di loro.
“Little Monica” potrebbe essere il simbolo dell’accoglienza che funziona. Dell’accoglienza che diventa inclusione e integrazione. Siamo all’ex Ostello della Gioventù del Righi, in via Costanzi, quartiere collinare di Genova.
Qui una ventina di persone, tutte famiglie, arrivate a partire dalla fine di agosto per lo più dall’Africa subsahariana e dal Maghreb, hanno trovato un quartiere che non ha alzato le barricate ma che, forte di una salda rete sociale, ha provato a imbastire un modello di gestione dell’arrivo dei migranti partecipato e condiviso.

Ma andiamo con ordine. Non è la prima volta che l’ex ostello, da quando è stato chiuso come struttura ricettiva, si trova a ospitare persone in difficoltà. Era successo durante il periodo Covid, quando via Costanzi era diventato una struttura per senza fissa dimora. Era successo nel 2022, quando nell’ex ostello erano stati ospitati diversi minori stranieri non accompagnati. Entrambe le situazioni si erano rivelate non prive di criticità. La convivenza con il quartiere era stata quanto meno burrascosa. In particolare alcuni episodi di violenza e criminalità avevano portato alcuni cittadini a organizzare presidi e a chiedere il trasferimento degli ospiti, poi avvenuto.
Questa volta le cose sono andate diversamente. Il Coordinamento delle associazioni di Oregina-Lagaccio, che riunisce decine di realtà e attorno a cui gravitano tanti privati cittadini, è riuscito a dare vita a una collaborazione con il municipio Centro Est e con la Misericordia, l’ente del terzo settore che ha in gestione l’accoglienza all’ex ostello. Non solo, il coordinamento – anche per via del proprio peso specifico – è riuscito instaurare un dialogo anche con la prefettura, cosa non semplice come si è visto negli ultimi giorni con altri casi di accoglienza in città.
Davide Toso è una delle anime del Coordinamento delle associazioni di Oregina-Lagaccio e tra coloro che sta impiegando più energie, quotidianamente, nelle attività di supporto all’ex ostello. Lo raggiungiamo nella sede dello Spi-Cgil di Oregina dove, da qualche tempo, esiste anche una biblioteca di quartiere nata grazie al volontariato.

In questi giorni, oltre ai libri, l’ufficio è stracolmo di materiale per le famiglie di stranieri. “Il punto è che il ricambio è molto veloce, c’è chi arriva e chi parte dopo pochi giorni, magari diretto da parenti in Germania, in Francia o altrove e quindi anche le esigenze cambiano di ora in ora – spiega Toso – ad esempio ora sono arrivati genitori con neonati e quindi servono pannolini e vestitini, queste persone sono giunte in Italia senza niente se non gli abiti che indossavano, serve tutto”.
Per fare capire meglio come si stia muovendo la rete di associazione Davide Toso racconta un episodio: “L’altro giorno mi è stato chiesto un tiralatte per una giovane donna il cui bimbo non si attaccava più al seno – spiega – un problema che a noi può sembrare banale ma non lo è se non puoi accedere al servizio sanitario nazionale in maniera automatica, per fermare improvvisamente l’allattamento sono necessari farmaci che non sono da banco e nell’immediato serviva intervenire per evitare complicazioni alla salute della madre. Ho inviato un messaggio attraverso un canale whatsApp e in meno di venti minuti ho portato il tiralatte all’ostello, donato da una giovane mamma. Questo è fare squadra, è fare solidarietà, questo è avere cuore”.
Attenzione, il ruolo delle associazioni, del Coordinamento, dei volontari, è una cosa. Quello degli operatori professionali un’altra. Il centro per famiglie migranti, gestito dalla pubblica assistenza Misericordia, è assegnato dalla prefettura in base a determinati criteri e riversando, come noto, una cifra fissa nelle casse degli enti del terzo settore sulla base del numero dei migranti assistiti. Nell’ex ostello del Righi le famiglie hanno trovato letti, biancheria, servizi, pranzi e cene. Ma per altre esigenze, dal materiale per l’igiene personale ad appunto quello per la cura dei neonati, passando per il supporto di figure spirituali di diverse religioni, il coordinamento ha provato ed è nella maggior parte dei casi riuscito a trovare soluzioni.
“Per ora ci stiamo muovendo – continua Toso – sulla base delle richieste che riceviamo, nell’urgenza, ma stiamo lavorando alla definizione di un programma di attività per favorire l’inclusione, tre progetti per eliminare il senso di vuoto di fronte alle quali queste persone possono trovarsi”. Si punta a creare una scuola di italiano per stranieri , ad esempio, un laboratori creativo dedicato ai più piccoli, disegno e pittura, e poi un progetto sportivo. “Con la società Nuova Oregina che si è detta disponibile ad accogliere agli allenamenti i ragazzi ospiti”.
L’esperienza del Coordinamento delle associazioni di Oregina-Lagaccio non è tutta rose e fiori. Uno dei temi più caldi è proprio il futuro a lungo termine dell’ostello, edificio che peraltro versa in condizioni al limite dell’agibilità. “Abbiamo chiesto al prefetto un nuovo incontro perché certo, nell’emergenza la priorità è accogliere, ma in futuro, cosa vogliamo fare di questa struttura? C’è un progetto che prevede la creazione di una casa-famiglia per madri e bambini, di abitazioni dedicate a persone disabili nell’ambito del cosiddetto “dopo di noi” e poi un bar da dare in gestione e alcuni posti letto dedicati al turismo outdoor, però a oggi non sappiamo fino quando l’ex ostello sarà disponibile”.
“L’altra domanda che abbiamo posto chiaramente alla prefettura – continua Toso – riguarda la scolarizzazione dei bambini e ragazzi che potrebbero restare qui. Ci è stato risposto che se ne deve occupare il gestore, quindi la Misericordia, ma al momento non ci pare si sia messo in moto alcun dialogo con le scuole, a partire dall’asilo che si trova al primo piano dell’ex ostello”.
A proposito di ragazzi. In queste stesse ore è di attualità la questione del centro per minori stranieri non accompagnati che potrebbe sorgere – se arriveranno le autorizzazioni del Comune – in via Negrotto Cambiaso, a Rivarolo. Il campo dei container. Il “modello Oregina” di accoglienza potrebbe funzionare?. “C’è un problema di fondo che ci aveva impedito, qui, di entrare in gioco nel 2022 – spiega ancora Davide Toso del Coordinamento delle associazioni di Oregina-Lagaccio – per molti dei minori stranieri mancano i tutori nominati e quindi è impossibile per persone esterne ai gestori dei centri avvicinarsi a loro, questo rende impraticabile la strada della collaborazione, almeno per adesso”.
L’esperienza dell’accoglienza in via Costanzi prende forma giorno dopo giorno. Una delle prossime sfide è aiutare la famiglia di una bambina con gravi problemi di deambulazione a ricevere le cure adeguate all’ospedale Gaslini. “Non siamo dei santi ma stiamo cercando di tenere tutto insieme – riflette Toso – cerchiamo di mettere in pratica quello spirito d’accoglienza in cui il nostro quartiere, sorto per accogliere chi arrivava per esempio dal Sud Italia, dovrebbe riconoscersi. Il nostro è un gesto politico? Sì, lo è. E’ un gesto politico la creazione di una rete di solidarietà che arricchisce chi la pratica prima ancora di chi la riceve, non è un luogo comune”.
Intanto domani, domenica 24 settembre, ricorre la 109esima giornata del Migrante e del rifugiato. “Liberi di scegliere se migrare”, il tema di questa edizione dell’appuntamento organizzato da Migrantes, organismo della Cei. La giornata, a Genova, non vedrà per ragioni organizzative la celebrazione di una messa dedicata.
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