Genova. Riapre il Teatro della Gioventù nella nuova gestione del Teatro Carlo Felice e dopo aver messo a disposizione i propri locali per la campagna vaccinale contro il Covid.
La data fissata è il 20 ottobre con un concerto che rappresenta la filosofia della programmazione che il Carlo Felice intende prevedere per la sala di via Cesarea: alle 21 sarà protagonista Marco Stroppa, compositore contemporaneo che mescola l’elettronica con gli strumenti tradizionali. L’ingresso è gratuito previo ritiro dei voucher in biglietteria.
Questo il programma: Hidinefte, o l’altra faccia di Traiettoria. 1°faccia, Recto/Verso per elettronica; Why do you run?
per elettronica in prima esecuzione assoluta e Little i per flauti ed elettronica da camera, dal ciclo The enormous room. Le musiche verranno eseguite con il contributo del flauto di Steven Haschke.
“Stroppa è uno dei più grandi compositori italiani e sarà qui a Genova per tenere un seminario nell’ambito del conservatorio, quale migliore occasione per organizzare un suo concerto?” dice il direttore artistico Pierangelo Conte. “Il Teatro della Gioventù − aggiunge Conte − è fatto da giovani per i giovani ed è il quinto cartellone dopo lirica, sinfonica, Liguria musica e musica vocale da camera, che curiamo”. Il Teatro della Gioventù avrà una stretta collaborazione con il conservatorio.
Compositore, ricercatore e didatta, Marco Stroppa appartiene alla prima generazione di compositori italiani che hanno utilizzato l’elaboratore elettronico già da studenti, considerandolo, quindi, un mezzo perfettamente idoneo e naturale per la composizione, al pari degli strumenti della nostra tradizione musicale. Come ricercatore e compositore collabora dal 1980 al 1984 con il Centro di Sonologia Computazionale (Csc) dell’Università di Padova, dove realizza la prima composizione mista (Traiettoria, per pianoforte e suoni generati dall’elaboratore elettronico), lavoro che ottenne subito un notevole successo e che continua a essere regolarmente eseguito. Nel 1982 Pierre Boulez lo invita a unirsi al gruppo di compositori e ricercatori dell’Ircam (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique), il più grande centro al mondo di musica informatica. Marco Stroppa vi dirige anche il dipartimento di Ricerca Musicale fra il 1987 e il 1990, ma abbandona questa carica per dedicarsi interamente alla composizione, la ricerca e l’insegnamento.
Come didatta, veste nella quale viene particolarmente apprezzato, ha tenuto lezioni in tutto il mondo. Nel 1987 ha fondato e diretto per 13 anni il corso di composizione e il laboratorio di musica informatica all’International Barték Festival di Szombathély (Ungheria), uno dei più importanti corsi estivi europei, dedicato alla musica di Béla Barték e del XX secolo. Nel 1999 vinse la cattedra di professore di Composizione Hochschule fir Musik und Darstellende Kunst di Stoccarda (Germania), succedendo a Helmut Lachenmann. Ha anche insegnato presso il Conservatoire National Supérieur di Parigi e di Lyon. Dal suo arrivo a Parigi partecipa inoltre regolarmente alle attivita didattiche dell’Ircam.
Sovente raggruppato attorno a cicli tematici, il suo repertorio è ispirato da molteplici sorgenti: la lettura di testi poetici e mitologici, una riflessione sociopolitica ed ecologica impegnata, nella tradizione della resistenza italiana di Luigi Dallapiccola e Luigi Nono, lo studio dell’etnomusicologia, grazie ai seminari di Gilles Léothaud a Parigi, e il contatto personale con gli interpreti per i quali scrive. Esso include composizioni per strumenti tradizionali e per i nuovi media, per il concerto e il teatro musicale, due opere radiofoniche e progetti per occasioni particolari, come la musica per pianoforte ed elettronica per Race di Pascal Rambert. Fra i progetti tematici più importanti, si ricordano un ciclo di concerti per strumento solista e orchestra o ensemble spazializzati, ispirati da poesie di W.B. Yeats (Upon a Blade of Grass, per piano e orchestra, From Needle’s Eye, per trombone, doppio e percussione), due libri di Miniature estrose per pianoforte solo, un ciclo di composizioni per strumento e “elettronica da camera” (termine di sua invenzione) ispirate da poesie di E.E. Cummings (duras, little i, Iwill not kiss your fing flag, …of Silence), e una serie di lavori di musica da camera spazializzata per vari strumenti acustici. Il suo interesse per il suono, lo spazio, la percezione e la psicologia cognitiva lo ha portato a ripensare il posizionamento degli strumenti sul palcoscenico per fini espressivi, una drammaturgia spaziale che si rivela ed emerge con lo scorrere della musica.